Omelie 2017 di don Giorgio: BATTESIMO DEL SIGNORE

8 gennaio 2017: BATTESIMO DEL SIGNORE
Is 55, 4-7; Ef 2,13-22; Lc 3,15-16.21-22
Oltre la lettura letterale del testo
Di proposito, non vorrei neppure sfiorare il tema del battesimo penitenziale di Giovanni il Precursore, a cui anche Gesù si sarebbe volontariamente sottoposto, nonostante le iniziali perplessità e riluttanze dello stesso Battista. E nemmeno vorrei parlare del battesimo rituale/sacramentale della Chiesa cattolica.
Le acque richiamano la sorgente della vita
Anche qui, perché non cercare invece un senso più profondo del gesto anche provocatorio di Gesù di sottoporsi al battesimo penitenziale del cugino Giovanni? Diciamo subito che Gesù non era andato al fiume Giordano per chiedere perdono dei suoi peccati: era il Figlio di Dio, concepito senza peccato da una vergine senza peccato, dunque che peccato poteva avere? Ma se il fiume Giordano, con le sue acque e i suoi luoghi solitari, poteva essere il posto ideale per riflettere sui propri peccati, chiedere perdono e fare penitenza, aveva anche un altro richiamo, proprio per le sue acque.
Le acque, infatti, non rappresentano solo l’aspetto purificatorio (l’acqua, proprio perché serve anche per lavarsi, è diventata presso ogni religione un rito di purificazione dell’anima), ma le acque richiamano anzitutto le sorgenti della vita, dopo che, come dice il primo versetto della Genesi, lo spirito o soffio di Dio come un uccello dalle grandi ali si era posato sulle acque primitive, agitandole in vista dell’azione creatrice e vivificante di Dio. Più che un uccello, l’immagine potrebbe richiamare la chioccia che sta covando l’armonia cosmica.
Certo, sono immagini, attinte dall’autore sacro ai miti anche rozzi dei popoli antichi. Ma c’è un chiaro messaggio da cogliere al di là del mito: le acque sono all’origine della vita del creato. Non vogliamo invadere le competenze della scienza, ma nessuno può negare che l’acqua sia l’elemento chimico e biologico più importante della nostra vita e del mondo intero. Non dimentichiamo che il nostro corpo è fatto del 60 per cento di acqua. Ancora oggi lottiamo, magari con idee parecchio confuse, per salvare l’acqua dal mercato, essendo un bene comune universale, a cui tutti gli abitanti del mondo hanno diritto, almeno per quel minimo che serve per poter vivere.
Del resto, la descrizione del bene e del male sembra particolarmente legata alle acque: alla loro fertilità oppure alla loro distruzione. Pensate al giardino terrestre: nella Genesi viene descritto come irrigato dai fiumi, di cui due li conosciamo: il Tigri e l’Eufrate. E pensate, dal lato negativo, agli abissi marini dove nel mondo antico e anche in quello ebraico abitavano forze misteriose e terribili creature. Pensate anche a ciò che ha procurato il diluvio universale (per le zone allora abitate), con la distruzione degli esseri umani e degli animali, salvando solo Noè, la sua famiglia e gli animali che si trovavano sull’arca. Pensate al duplice aspetto, negativo e positivo, della miracolosa attraversata del Mar Rosso: con la distruzione dell’esercito egiziano e con la salvezza del popolo ebreo.
Gesù e l’acqua
Gesù non poteva non conoscere il valore dell’acqua, nei suoi aspetti di purificazione, ma soprattutto nei suoi aspetti rigenerativi.
Ed è per questo che, quando è sceso al fiume Giordano, ha voluto compiere un gesto che è sfuggito ai più, soffermandosi sull’aspetto rituale/penitenziale, tra l’altro solo apparente, visto che, come abbiamo già detto, Cristo era senza peccato. Il gesto riguardava qualcosa di veramente radicale: Gesù ha voluto dirci una cosa essenziale, ovvero di tornare alle sorgenti della vita.
Qui dovrei aprire una lunga parentesi, ma mi limito ad alcuni accenni. Il quarto evangelista tratta, più degli altri tre, il tema dell’acqua, e lo fa con l’occhio teologico o meglio mistico, avendo anche alle spalle una comunità cristiana che si distingueva per la sua maturità profetica, a differenza della chiesa di Pietro, più gerarchica e già strutturale.
Ecco allora l’episodio delle nozze di Cana: l’acqua rituale è mutata in un vino speciale. Ecco l’incontro di Gesù con la donna samaritana: l’acqua che disseta per la vita eterna è simbolo della grazia divina. Ecco il dialogo notturno di Gesù con Nicodemo: si parla di una nuova nascita, “da acqua e Spirito”, una rinascita come un ritorno al grembo materno, nel cui liquido amniotico ogni essere umano vive la sua formazione iniziale. Ed ecco l’episodio del cieco nato, che viene inviato per lavarsi alla piscina di Siloe (era stata costruita dal re Ezechia come luogo di raccolta dell’acqua che egli aveva incanalato dalla sorgente di Ghihon, per assicurare il rifornimento idrico alla città in caso di assedio). C’è di più. Durante la festa delle Capanne (o dei Tabernacoli), il popolo con i sacerdoti si recava in processione alla piscina per attingere con una brocca d’oro l’acqua che veniva poi versata sull’altare. Durante la processione da Siloe a Ghihon il popolo cantava un versetto di Isaia (12,3): «Attingerete acqua con gioia alle fonti della salvezza». È in questo contesto che Gesù prese lo spunto per pronunciare il suo discorso sull’«acqua viva». Commenta l’evangelista Giovanni (7,37-39): «Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: ”Se qualcuno ha sete, venga a me; e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva. Quegli egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato».
L’acqua e lo Spirito santo
Dunque, l’acqua viva è lo Spirito santo. Ora ci è più facile capire anche il senso del cosiddetto battesimo di Gesù, che in realtà è stato l’aver restituito all’acqua il suo stretto collegamento con lo Spirito divino. Se Giovanni Battista battezzava solo con l’acqua, il Messia avrebbe battezzato nello Spirito santo. Come scrivono gli evangelisti, proprio al Giordano, su Gesù scenderà lo Spirito santo sotto forma di colomba, un’immagine che richiama l’acqua primitiva, quando lo spirito di Dio “aleggiava sulle acque”.
Non posso chiudere queste riflessioni senza dire l’importanza dell’acqua presso le spiritualità orientali: pensate al legame particolare degli induisti con le sorgenti del Gange. C’è un libretto bellissimo, “Alle sorgenti del Gange – Pellegrinaggio spirituale”, scritto da Henri Le Saux. L’autore scrive che l’uomo è chiamato a salire verso le vette, là dove pensa ci sia la dimora di Dio. «Irresistibilmente egli sale, quasi per ritornare alla sua “fonte”, lassù, da dove provengono tutte le acque: quelle che si diffondono su tutta la terra per fecondarla e quelle a cui misticamente possono ristorarsi le anime».

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