da www.huffingtonpost.it
08 Settembre 2022
È morta Elisabetta II,
la Regina dei due secoli
di Adalgisa Marrocco
Una sovrana incredibilmente longeva, che ha visto cambiare radicalmente il Regno Unito e il mondo, senza mai diventare antiquata. Ha resistito quando la monarchia ha traballato, ha tenuto saldo il controllo davanti ai continui tormenti della famiglia reale, incarnando con forza e stile la britishness
Erano quasi le tre del mattino del 21 aprile 1926, quando una bambina arrivò ad allietare la vita del principe Alberto, duca di York (il futuro Giorgio VI), e di sua moglie Elizabeth Angela Marguerite Bowes-Lyon. All’epoca, pochi avrebbero potuto prevederlo, ma quella neonata sarebbe diventata uno dei personaggi più noti ed importanti degli ultimi due secoli, sovrano del Regno Unito per 70 anni e 213 giorni: la Regina Elisabetta.
Da principessa sorridente a giovane sovrana. Dopo il grigiore, le privazioni e l’austerità della guerra, la salita al trono della nuova giovane regina fece sperare in un futuro migliore e più luminoso. Il giorno dell’incoronazione, il 2 giugno 1953, milioni di sudditi si riversarono per le strade di Londra, applaudendo e sventolando le loro bandiere nonostante la pioggia battente. Così, mentre Truman era presidente degli Stati Uniti, Stalin guidava l’Unione Sovietica e a Palazzo Chigi c’era De Gasperi, iniziava il regno infinito di Elisabetta II.
In settant’anni, The Queen è diventata incarnazione del senso di responsabilità, della continuità e della britishness. Immarcescibile, è rimasta sempre al suo posto, fedele al proprio ruolo, malgrado gli acciacchi, le crisi globali e gli scandali dei Windsor, che hanno provocato l’inevitabile caduta del prestigio della monarchia. Guardare ai nove decenni di vita di Elisabetta significa anche osservare un panorama politico, sociale e culturale che è cambiato radicalmente: dalla Seconda guerra mondiale ai movimenti d’indipendenza di tante nazioni africane, dalla guerra fredda alla caduta del comunismo, dalla rivoluzione sessuale al movimento studentesco, dal rock a internet. E poi, per dirla con Shakespeare, le “tre streghe”: la crisi economica, il terrorismo, il coronavirus. L’unica a non mutare nel tumulto, senza mai diventare antiquata, è stata The Queen. Con lei se ne va l’ultima testimone del “secolo breve” e, al contempo, una delle più grandi protagoniste degli anni 2000.
La sovrana ha ribadito la sua forza nei decenni, anche di fronte ai dolori più profondi e personali, come la scomparsa del marito, avvenuta il 9 aprile 2021. Sua altezza reale il principe Filippo, duca di Edimburgo, conte di Merioneth, barone Greenwich, cavaliere reale del Nobilissimo Ordine della Giarrettiera, per oltre settantatré anni non è stato altro che “Philip”. “La mia forza e il mio sostegno”, lo ha spesso definito Elizabeth, che nei mesi che hanno seguito la dipartita del consorte non ha nascosto malinconia e tristezza, rimanendo però in sella per affrontare altri scossoni. Come il Covid (contratto e superato), gli scandali del principe Andrea, i malpancismi del nipote Harry e di sua moglie Meghan Markle.
Ma gli anni della crisi familiare e della pandemia raccontano soltanto l’ultimo travagliato capitolo della golden age di Elisabetta II, che ha conosciuto un numero incalcolato di papi, ministri e capi di Stato dei vari angoli del mondo e premier inglesi. Solo due giorni fa, Her Majesty riceveva Liz Truss per nominarla nuova premier del Regno Unito dopo le dimissioni di Boris Johnson. Di quell’incontro, un’unica foto. Per la prima volta, in settant’anni, il passaggio di consegne non è avvenuto a Londra ma a Balmoral, la residenza scozzese dove la sovrana ha sempre amato riposare. Un segnale a cui il mondo si è sforzato di non credere, fino all’ultimo.
D’altronde niente sembrava impossibile per The Queen, che nel 2015 era riuscita a battere il record di permanenza sul trono britannico, appartenente alla regina Vittoria dal 1901. “Elisabetta II incarna la tradizione, ha dimostrato una straordinaria capacità di rinnovarsi e stare al passo con i tempi, restando se stessa”, ha detto di lei lo scrittore e royal watchers Douglas Hurd. Ma altri, come lo storico David Starkey, ritengono che non abbia “mai detto o fatto nulla degno di essere ricordato” e che il suo segno distintivo sia stato il silenzio. Quello stesso silenzio che il mondo le imputò di aver mantenuto troppo a lungo dopo la scomparsa di Lady Diana, avvenuta il 31 agosto 1997.
Forse senza comprendere cosa significasse la morte della triste e ribelle principessa per i sudditi e per il mondo, Elisabetta e la famiglia reale rimasero a Balmoral. Soltanto il giorno dopo, quando le critiche dell’opinione pubblica e dei tabloid erano già montate, la Regina decise di esporre le bandiere a mezz’asta sul palazzo reale e di fare rientro a Londra. Il 5 settembre, infine, rese omaggio alla ex nuora con un messaggio televisivo in cui la definì “un essere umano straordinario”. Si tratta di un capitolo molto triste nella storia del regno, che però condensa gli ideali di un Paese da sempre combattuto fra passato e futuro, fra l’attaccamento alle tradizioni e il desiderio di cambiamento. Una voglia di metamorfosi con cui The Queen si è trovata a fare i conti anche nel passato recente: politicamente con la Brexit, personalmente con la Megxit.
Eppure nulla l’ha mai convinta ad abdicare, degna figlia di quel Giorgio VI che, alle soglie della Seconda guerra mondiale, sconfisse la balbuzie e disse ai sudditi: “Per amore di quel che ci è caro, non rifiuteremo questa sfida”. La sua sfida Elisabetta l’ha affrontata, fino all’ultimo.
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dal Corriere della Sera
Ha onorato la sua promessa
di Beppe Severgnini
Elisabetta è stata in qualche modo la sovrana di tutti noi ed è sempre stata fedele a se stessa, al punto di sembrare, talvolta, anacronistica
Elisabetta II non è stata soltanto la monarca del Regno Unito: è stata la regina di tutti noi, la sovrana per antonomasia. È in arrivo, inevitabilmente, un diluvio di dispiacere, nostalgia e retorica: quella piccola, grande donna ha accompagnato la vita di quattro generazioni, e ognuno elabora il lutto a modo suo. Occorre essere cauti, tuttavia. Un regno lungo settant’anni è talmente portentoso da sconsigliare riassunti frettolosi. La storia non si legge con gli occhi lucidi. Ma anche con gli occhi lucidi, e il cuore pesante, è possibile cercare di capire cosa ci lascia in eredità.
Per prima cosa, una lezione di coerenza. Elisabetta II è sempre rimasta fedele a se stessa, al punto da sembrare, talvolta, anacronistica. Ma l’affetto che si percepisce in queste ore dimostra che non è necessario essere sempre di moda per guadagnarsi stima e simpatia. Governanti e politici — non solo in Gran Bretagna — dovrebbero tenerlo bene a mente.
La seconda lezione riguarda la fatica legata al mestiere e al senso dell’istituzione. Elisabetta ha sempre mostrato un incredibile senso del dovere. Era convinta che i privilegi della monarchia dovessero essere ripagati con il lavoro quotidiano. Certo, anche il taglio di un nastro. Incontrare la sovrana, per i sudditi, era un evento memorabile. Ha cercato di farlo capire agli altri membri della famiglia reale: non sempre con successo, bisogna dire.
La terza lezione è politica. La regina era un capo di Stato e aveva anche questo ruolo, come sappiamo. Da molto tempo, Elisabetta conosceva il mondo più e meglio dei dignitari che riceveva. E aveva le idee chiare anche sul Regno Unito. Ma ha sempre tenuto per sé le proprie opinioni. Una neutralità che, da Brexit in poi, deve esserle costata qualche sforzo.
La quarta lezione è di stile e di eleganza. «Nessuno è per sempre», ha detto la sovrana, sempre efficace nelle sintesi. La sua uscita di scena è stata impeccabile. Aveva promesso di servire per tutta la vita: e così ha fatto, sebbene molti, periodicamente, cianciassero di dimissioni. Due giorni fa è perfino riuscita — con strazio, come dimostrano le immagini — a ricevere Liz Truss per conferirle l’incarico. Una grande, silenziosa prova di stoicismo. La virtù che i britannici apprezzano di più.
La quinta lezione è di riservatezza. Pensate ai film, alle serie televisive e ai libri che l’hanno vista protagonista. Ma chi può dire davvero di conoscerla al di là del marito e dei figli? Elisabetta ha incoraggiato la nazione in tanti passaggi difficili — la fine dell’impero, il terrorismo, la pandemia — ma non ha mai espresso le proprie opinioni in maniera chiara. Non era furbizia: era rispetto del ruoli. I sudditi lo capivano e le erano grati. Brenda, la chiamavano: una di famiglia.
La morte non è solo il destino di tutti noi: è anche un rituale. La cerimonia degli addii è, tra tutte, la più importante: perché è definitiva, non c’è una prova di recupero. I britannici, nelle cerimonie, sono sempre stati bravi, e qualcuno potrebbe pensare che il garbo di queste ore non sia sorprendente. Invece sorprende. Perché è insolito. Anzi: desueto. E coinvolge tutti noi.
Il lutto e lo sconcerto per la morte di Elisabetta II ha riportato indietro la lancette dell’orologio collettivo. Le ha riportate all’età delle deferenza, terminata con la morte drammatica di Diana — 25 anni fa, proprio in questi giorni. Da allora, l’assalto morboso alla celebrità — qualsiasi celebrità, in ogni campo — è una partita senza regole.
Le celebrità stesse, diciamolo, hanno spesso incoraggiato certi comportamenti. Pensate alla volgarità di certe esibizioni sui social, o alla sguaiatezza di molta propaganda politica, dovunque. In questo, il Regno Unito non si è rivelato diverso dal resto dell’Occidente. Le ferite all’autostima britannica inferte da Boris Johnson ci metteranno molto a guarire.
Nel momento più doloroso, però, l’opinione pubblica — non solo britannica — sembra tornata quella di un tempo. Stiamo restituendo a Elisabetta il rispetto che la sovrana ha sempre mostrato per tutti. Lasciarsi con stile: anche questa è una bella lezione.
Sono d’accordo, al di la di tutto della regina Elisabetta qualcosa di buono si può dire. Penso comunque che per noi italiani sia difficile, forse impossibile, capire le ragioni dei popoli che scelgono di essere rappresentati da un re, e in un re riconoscono un valore di fondo. Forse anche perché noi Italiani storicamente non abbiamo avuto esempi positivi dalla casa reale di casa nostra.
Nulla da eccepire da un punto di vista formale e politico, del resto la cosa più importante non era certo governare, a quello pensavano i politici di professione. Sotto il profilo umano, invece, ho qualcosa da eccepire: partendo dall’aver obbligato una ragazza di 19 anni a sposare il principe ereditario, continuando col suo inquietante silenzio quando quella stessa donna è morta ancora giovane in circostanze poco chiare. L’impressione è che la morte della principessa Diana, per la monarca e la sua famiglia, abbia avuto l’effetto di essersi tolto un peso dallo stomaco…
Credo che di perfetti in questo mondo non ci sia mai stato nessuno, tranne Gesù Cristo. E poi ho sempre avuto enormi riserve sulla monarchia, che secondo me dovrebbe essere eliminata dalla faccia della terra.
Tuttavia della regina Elisabetta qualcosa di buono si può dire.