European Commission President Ursula von der Leyen holds Former European Central Bank (ECB) chief Mario Draghi’s report on EU competitiveness and recommendations, as they attend a press conference, in Brussels, Belgium September 9, 2024. REUTERS/Yves Herman
da Il Corriere della Sera
il Report 2024 sulla competitività
Draghi:
«Cambiamento radicale
perché l’Ue continui a esistere,
serve il doppio del piano Marshall»
di Francesca Basso, corrispondente da Bruxelles
L’ex premier ha presentato il piano che gli commissionò von der Leyen un anno fa per una nuova strategia industriale. Tre le aree di intervento: innovazione, decarbonizzazione e sicurezza
È una sfida esistenziale» e serve un «cambiamento radicale». L’ex premier italiano Mario Draghi lo va dicendo da tempo ma lo ha ripetuto anche lunedì mattina a Bruxelles in occasione della presentazione del suo Rapporto sulla competitività europea, accanto alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che un anno fa gli commissionò il lavoro.
«Cambiare radicalmente»
L’obiettivo del piano è quello di delineare una nuova strategia industriale per l’Europa per superare gli ostacoli che la frenano. Ma soprattutto se l’Europa sarà costretta a barattare i suoi valori fondamentali gli uni con gli altri – la prosperità, l’equità, la libertà, la pace e la democrazia – «avrà perso la sua ragione d’essere. L’unico modo per affrontare questa sfida è crescere e diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale. E l’unico modo per diventare più produttivi è che l’Europa cambi radicalmente».
Le debolezze dell’Unione e l’analisi di Draghi
C’era grande attesa perché la mancanza di competitività è la principale debolezza dell’Unione, con ricadute economiche e sociali rilevanti. Draghi è molto chiaro: «Se l’Europa non riesce a diventare più produttiva, saremo costretti a scegliere. Non potremo diventare contemporaneamente leader nelle nuove tecnologie, faro della responsabilità climatica e attore indipendente sulla scena mondiale. Non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale. Dovremo ridimensionare alcune, se non tutte, le nostre ambizioni».
Le aree di azione
L’ex presidente della Bce individua tre aree di azione: l’innovazione, la decarbonizzazione e la sicurezza (intesa come indipendenza industriale dai paesi terzi ma anche come difesa). E tre strozzature legate all’incapacità Ue di perseguire i propri obiettivi, sprecando le risorse comuni in numerosi strumenti doversi a livello nazionale e comunitario, l’Ue non coordina le proprie politiche industriali.
Gli investimenti
Per digitalizzare e decarbonizzare l’economia e aumentare la capacità di difesa, la quota di investimenti in Europa dovrà aumentare di circa 5 punti percentuali del Pil, fino a raggiungere i livelli visti negli anni ‘60 e ‘70. Si tratta di una cifra senza precedenti: per fare un confronto, spiega Draghi, gli investimenti aggiuntivi forniti dal Piano Marshall tra il 1948-51 ammontavano a circa l’1-2% del Pil. Ma non basterà il risparmio privato, anche se è urgente il completamento dell’Unione del Mercato dei capitali. «Le esigenze di finanziamento richieste all’Ue per raggiungere i suoi obiettivi sono enormi — spiega il rapporto -, ma gli investimenti produttivi sono deboli nonostante gli ampi risparmi privati. Per raggiungere gli obiettivi stabiliti in questo rapporto è necessario un investimento aggiuntivo annuo minimo di 750-800 miliardi di euro, in base alle ultime stime della Commissione, corrispondente al 4,4-4,7% del Pil dell’UE nel 2023».
«Senza agire comprometteremo il nostro benessere»
Secondo Draghi «l’aumento della produttività è fondamentale. Ha anche implicazioni per l’emissione di beni comuni sicuri. Per massimizzare la produttività, saranno necessari alcuni finanziamenti congiunti per gli investimenti in beni pubblici europei fondamentali, come l’innovazione di punta». Ma ci sono anche altri beni pubblici identificati nel rapporto, come gli appalti per la difesa o le reti transfrontaliere, che non saranno forniti senza un’azione comune. In ogni settore non partiamo da zero, ha detto Draghi: l’UE dispone ancora di punti di forza generali – come sistemi educativi e sanitari forti e Stati sociali solidi – e di punti di forza specifici su cui costruire. Tuttavia, «collettivamente non riusciamo a convertire questi punti di forza in industrie produttive e competitive sulla scena mondiale». Quindi l’Europa deve riorientare profondamente i propri sforzi collettivi per colmare il divario di innovazione con gli Stati Uniti e la Cina, soprattutto nelle tecnologie avanzate. «L’Europa è bloccata in una struttura industriale statica, con poche nuove imprese che si affermano per sconvolgere le industrie esistenti o sviluppare nuovi motori di crescita». Per Draghi, conclude, dobbiamo «abbandonare l’illusione che solo la procrastinazione possa preservare il consenso. In realtà, la procrastinazione ha prodotto solo una crescita più lenta, e di certo non ha ottenuto più consenso. Siamo arrivati al punto in cui, senza agire, dovremo compromettere il nostro benessere, il nostro ambiente o la nostra libertà».
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