La manifestazione di oggi (9 novembre) a Napoli, richiama i concetti di Roberto Saviano: educazione e cultura contro la violenza. «Siamo armati di sogni», dice un cartello (Ansa)
da Il Corriere della Sera
Napoli,
i ragazzi dei clan vogliono essere «fighi»,
vogliono sedurre: dobbiamo disarmarli
di Roberto Saviano
Giovanissimi ossessionati dall’aspetto fisico e dai gioielli diventano criminali: tre vittime in 17 giorni. La Camorra lascia fare, tutto le torna utile. Servono scuole sempre aperte e insegnanti che diventino maestri di strada
Emanuele ammazzato il 24 ottobre, Santo ammazzato il 2 novembre, Arcangelo ammazzato il 9 novembre. Emanuele aveva 15 anni, Santo 19, Arcangelo 18. È questa l’età in cui si muore ammazzati. Non vi stupisce il silenzio del governo? Del governo comunale, regionale, nazionale? Non mi stupisce, la risposta del resto quale dovrebbe essere, la solita: «Più polizia, più posti di blocco».
Da quanto si fa così senza risolvere molto, anzi quasi nulla? Da sempre. Eppure quello che sta accadendo non è qualcosa di inaspettato, o nuovo, semplicemente è inosservato. Perché si muore così giovani? Perché così tante vittime? Non è una singola faida, non sono tutti collegati nello stesso conflitto. Facciamo ordine: cosa conta oggi? Cosa conta per un ragazzino (in realtà per tutti) più di ogni cosa? Il denaro. Cosa porta il denaro? Bellezza, stile, essere figo, essere carismatico. Cosa porta carisma e denaro? Comandare, poter sedurre, piacere. E come fai ad arrivarci in una realtà dove non esistono contratti, dove il lavoro nero è per sempre, dove ogni risparmio e ogni progetto spesso sono impossibili? Entri in una paranza, o inizi ad atteggiarti a gran duro per promuoverti e provare a trovare uno spazio. Scegli di avere una pistola, uccidere ed essere ucciso il destino.
Ovvio che non tutti fanno questa scelta, ovvio che c’è chi in miseria e difficoltà non diventa un paranzino, un killer, un camorrista, ma la forza di una catena si misura sul suo anello più debole. Vi immaginate esseri violenti, da favela, strafatti di cocaina e crack. Nulla di tutto questo. Sono ragazzini che passano la vita ad ascoltare brani che parlano d’amore e tradimento, ossessionati dall’aspetto fisico e dall’essere brillanti, in continuo corteggiamento con le ragazzine e i loro amici, nel sogno di essere considerati i più simpatici, diventare i più ricchi, essere temuti dai più fessi. Questo sono, e queste fragili ambizioni li portano dritti nella scalata criminale.
Vittime, spesso colpevoli, ma sempre vittime. Le vittime colpevoli sono coloro che scelgono di uccidere, di spacciare, di fare del male ma si ritrovano trascinati dalla violenza che loro stessi credono di scegliere. E ormai stiamo assistendo all’emergere di faide su faide, tutte combattute da ragazzini, anche se spesso nessuno di loro viene da famiglie camorriste. Arcangelo Correa era incensurato, i suoi genitori commerciati con un negozio di vestiti, suo cugino Luigi Caiafa nel 2020 era stato ucciso a 17 anni dai falchi della polizia. Aveva tentato una rapina con una pistola finta e nell’inseguimento venne ammazzato: secondo le dichiarazioni della polizia aveva puntato la pistola finta contro di loro, secondo gli avvocati dei familiari la polizia gli aveva scaricato addosso proiettili per costringerlo a fermarsi. Una situazione di guerra costante dove il rischio della morte non esiste, c’è la certezza di morte. Questo è il valore aggiunto che hanno nella prassi criminale i ragazzini, nessuna paura di morire, la leggerezza con cui considerano il carcere come una necessità per diventare uomini.
Anche quando non sono camorristi ambiscono ad esserlo: c’è una foto pubblicata sul Corriere della Sera di qualche giorno fa che ritrae il 20enne assassino Francesco Pio Valda (che uccise nel marzo 2023 l’innocente 18enne Francesco Pio Maimone) insieme al presunto assassino diciassettenne di Santo Romano (ucciso a San Sebastiano al Vesuvio) che condividono una magnum di Champagne con uno dei figli dei capi del clan Aprea di Barra. I riferimenti sono sempre loro, i vincenti, i ricchi, coloro che dispensano generosità e condanne: presto vivere, presto morire.
Ma le vecchie famiglie? Le famiglie camorriste fanno fare, usano e gestiscono, le paranze sono utili sia governate da loro sia quando lasciano fare per poi aggiustare gli equilibri, affiliarli o farli arrestare, sparare loro per uno sgarro o farli crescere. Non dimenticando che molti dei loro figli, intendo delle famiglie storiche, sono proprio loro parte delle paranze. Arcangelo è morto al centro storico, il luogo dove nacque dieci anni fa la prima paranza, «la paranza dei bambini» il primo gruppo camorristico strutturato composto da ragazzini.
Oggi l’imperativo dev’essere disarmare Napoli, togliere armi in circolazione ma investire, investire, investire. Formazione, scuole aperte tutto il giorno, assumere e trasformare professori disponibili in maestri di strada, e ancora corsi, corsi e corsi professionali. Questo per iniziare a sottrarre una prima leva di ragazzini pronti a sparare. Il modello Caivano proposto dal governo non solo è stato inefficace ma ha peggiorato la situazione portando in carcere una massa di minorenni e di fatto «professionalizzandoli» al crimine. Queste morti continueranno, e le faide con il progressivo crescere della miseria saranno sempre più feroci: cocaina, erba, eroina e anfetamina i turisti, non vogliono altro e le paranze non vedono l’ora di potergliele vendere. Questa realtà non è Napoli, questa realtà è il mondo.
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da www.repubblica.it
10 NOVEMBRE 2024
Roberto Saviano:
“A Napoli una escalation alimentata dalla camorra
nel silenzio della politica”
di Sara Scarafia
Lo scrittore di “Gomorra” e de “La paranza dei bambini”, dopo l’omicidio di Arcagelo Correra, il terzo giovanissimo ucciso in poco più di due settimane: “Questi ragazzi non sono mostri. Fratelli d’Italia mi attacca ma è il partito dell’omertà”
Roberto Saviano, un altro giovanissimo freddato a Napoli: è la paranza dei bambini?
«No, anche se il territorio nel quale è successo è lo stesso centro storico che dieci anni fa era controllato dal gruppo di Emanuele Sibillo. Dalle prime informazioni in quest’ultimo episodio potrebbe essersi trattato di un gioco, ma non cambia nulla perché dimostra che Napoli è la città più armata d’Italia e che ci sono ragazzini che si muovono in paranza. Nel gruppo di fuoco che ha ammazzato Emanuele Tufano c’era un dodicenne. Ma non sono mostri. Sono vittime anche quando sono colpevoli».
Arcangelo Correra, Santo Romano, Emanuele Tufano, prima ancora Giogiò: che succede a Napoli?
«Succede quello che accade da sempre. Non è cambiato niente, purtroppo. Semplicemente lo stiamo vedendo con maggiore attenzione, ma comunque non sufficiente, per la frequenza degli agguati. Se questi omicidi fossero accaduti a due o tre mesi di distanza, non saremmo qui a parlarne».
La politica resta in silenzio?
«Il silenzio vergognoso del governo nazionale e del presidente della Regione Vincenzo De Luca, la timidezza del sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, dimostrano che non sanno come affrontare l’emergenza. È il fallimento completo del modello adottato a Caivano, è il fallimento del governo».
Fratelli d’Italia l’ha pesantemente attaccata definendola uno sciacallo che con “Gomorra” ha prodotto mostri.
«Fratelli d’Italia è il partito dell’omertà: raccontare la realtà significa diffamare il Paese? Esattamente il contrario e noi raccontiamo e continueremo a raccontare perché farlo svela e anticipa le dinamiche criminali. Per questo mi sono pentito di aver bloccato la serie su La paranza dei bambini».
Era il 2016, il suo terzo romanzo, ne fecero un film: fu lei a non volere la serie televisiva?
«Dopo aver vinto l’Orso d’argento mi arrivarono molte proposte per fare una serie ma non ne potevo più di queste polemiche omertose di chi aveva detto che ispiravo i bambini a sparare. Ma ho sbagliato perché raccontando la realtà la stai rendendo visibile».
Chi sono questi ragazzi?
«Non sono mostri. Sono come tutti i loro coetanei, vogliono le stesse cose, solo che per ottenerle utilizzano i mezzi che raccolgono in strada. Cosa conta nella vita? Il denaro. E poi oltre al denaro cosa conta? L’aspetto. E poi essere carismatici. E come essere carismatici? Mettendo paura, dimostrando di essere i più forti. E tutto questo come si ottiene? Con una pistola e frequentando i gruppi criminali».
Quanto c’entra la camorra?
«Tantissimo. Non dico che pianifichi direttamente tutti gli agguati ma sicuramente non punisce l’omicidio per un pestone o per una litigata. C’è questa foto del figlio del boss con l’assassino di Santo Romano e con il ventenne finito sotto processo per l’omicidio di un pizzaiolo, che è indicativa. I clan sono consapevoli che Napoli è sommersa di armi, le hanno messe loro in circuito e adesso se ne stanno disfacendo».
Perché?
«Durante il Covid, convinti che ci sarebbero state piccole faide, hanno fatto un rifornimento ingentissimo, hanno riempito i depositi. Adesso se ne liberano ma certo non le vendono a chiunque: ho la sensazione che questi ragazzini accedano al mercato delle armi perché lavorano per i clan come affiliati o perché comunque gravitano intorno a loro».
Dice che il modello utilizzato a Caivano ha fallito: cosa si dovrebbe fare?
«Serve il lavoro, serve professionalizzare, assumere i docenti, tenere le scuole e i teatri aperti: al rione Sanità ha chiuso il nuovo teatro, una follia assoluta».
La repressione quindi non serve?
«Più polizia, più posti di blocco. Cosa cambia? Per un po’ si impediscono certi movimenti. Ma questo è semplicemente gestire un sintomo di una malattia profonda che attraversa completamente le nuove generazioni che non hanno alcuna speranza di lavoro, alcuna speranza di vedere la fatica e l’impegno premiati da salari, da diritti, da dignità, da progetti. Il governo Meloni ha fallito completamente su tutto, peccando di grandissima incompetenza e pura propaganda».
La strage quindi continuerà?
«Questo è solo l’inizio».
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