Strani suicidi e sciacallaggi senza pudore
L’EDITORIALE
di don Giorgio
Strani suicidi e sciacallaggi senza pudore
Potrei titolare questo articolo anche così: “Quando politici e mass media creano il suicidio e poi lo strumentalizzano!”.
Parto dall’ultimo caso: un pensionato di 68 anni di Civitavecchia, Luigino D’Angelo, si è impiccato quando ha capito che non avrebbe più rivisto i suoi risparmi.
Tutta strana questa tragedia familiare: il suicido è avvenuto i il 28 novembre scorso, e per undici giorni è passato sotto silenzio. Solo quando il sito Etruria News ne ha parlato, subito il caso è esploso, ed è diventato nazionale, tanto da arrivare perfino nelle stanze più interne e misteriose del Vaticano, e da lì subito è partita una prima bordata. Il segretario della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, avrebbe detto: “Speriamo che questo faccia riflettere un po’ tutti quanti noi a non misurare la vita e il progresso della civiltà soltanto col Pil o le percentuali dei soldi”. Bravo! Però, guarda prima in casa tua, dove non si parla di Pil, ma di affari. E la Chiesa, in fatto di affari, insegna al mondo intero!
La moglie avrebbe trovato, ma solo dopo giorni dalla tragica morte del marito, una lettera sul pc, in cui egli giustificava il suo gesto di disperazione: non lo avrebbe fatto per i soldi persi, ma per l’umiliazione subita. Ma quali operazioni aveva fatto da ritenersi imbrogliato?
Avrebbe dato la colpa anche al Decreto Salvabanche del Governo del 23 novembre scorso (guarda caso, 5 giorni prima del suicidio!), che, azzerando le obbligazioni subordinate (non chiedetemi di che si tratta!), ha consentito la sopravvivenza di quattro istituti di credito in crisi: Banca delle Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti e Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio.
Non parliamo poi della cifra che il pensionato suicida avrebbe perso: si è parlato di 170mila €, poi di 140mila, poi di 110 mila, fino a scendere a 100mila. E allora, qual è la cifra esatta?
Questo suicidio non mi convince, ma posso sbagliarmi. Ciò che detesto, ancora una volta, è la frettolosità, appena la notizia è stata data (undici giorni dopo!), con cui i massi media italiani ne hanno fatto un caso nazionale. Chissà quanti altri suicidi per colpa dei giochi sporchi delle banche, e nessuno ne ha mai parlato!
Diamine, non possiamo essere più cauti prima di sparare le notizie, e creare, anche in questo caso, un eroe nazionale?
E che dire dei bastardi sciacalli, come Matteo Salvini, sempre pronti a strumentalizzare le tragedie umane?
Salvini dovrebbe essere l’ultimo a parlare, visto che il suo partito, la Lega Nord, ha fatto (con il suo tacito consenso), sponsorizzando una banca, Credieuronord, fallita nel giro di quattro anni con perdite di milioni di euro per gli stessi investitori e risparmiatori che oggi, guarda caso, l’attuale leader leghista vuole valorosamente proteggere.
Ma Salvini non è l’unico sciacallo. Ci sono politici, che campano sulle disgrazie altrui, poco importa se appartengono a partiti che, direttamente o indirettamente, creano le premesse delle tragedie familiari.
Di fronte alla morte tragica, ciascuno dovrebbe fare un serio esame di coscienza: volere o no, tutti siamo responsabili, anche se, dicendo questo, si rischia di fare la solita retorica.
Viviamo in una società di alienati che, come in un circolo vizioso, a loro volta alienano chi è più alienato di loro.
Ce la prendiamo con le istituzioni pubbliche, con gli enti privati, con le banche, con gli strozzini, con i furbi e i disonesti, ma perché non chiederci fin dove arriva la nostra autentica onestà? A me sembra che talora, più o meno, si ragioni in questo modo: “In un mondo di furbi, bisogna fare i furbi; in un mondo di disonesti è da pirla fare sempre il perfetto onesto”.
E si dimentica che c’è sempre qualcuno, forse una massa di gente, che non ce la fa ad essere furbo e disonesto al punto giusto, e che, prima o poi, o soccombe togliendosi la vita oppure sopravvive ritagliandosi quel piccolo spazio dove poter sopravvivere. In fondo, questi sono i veri furbi, e rappresentano la regola, mentre le eccezioni, ovvero coloro che non ce la fanno togliendosi la vita, o sono del tutto dimenticati nel ritmo frenetico di una società per lo più indifferente, oppure, in certi casi, diventano eroi, ma solo per pochi giorni, per quel tanto che basti a sollevare un po’ di polverone, anche per giustificare che, in fondo in fondo, è meglio appartenere alla categoria dei furbi, e così continuare a campare.
Lo riconosco: anche i polveroni possono servire a scoperchiare il marciume, ma mi chiedo fin dove e fino a quando durerà la volontà politica di veder chiaro nel pentolone. Il vero problema non è evitare che succedano altre tragedie familiari, ma che la gente possa fidarsi delle istituzioni, tra cui le banche, senza dover proteggersi con quella furbizia di cui parlavo sopra.
Sogno una società, dove i figli della luce siano più scaltri dei figli delle tenebre, nel senso più evangelico, ovvero che l’onestà sia più convincente e credibile, più propositiva, proprio perché le sue radici affondano nel Bene comune. Fino a quando contrapporremo alla furbizia dei disonesti la furbizia dei rassegnati, allora la battaglia è già persa in partenza. E ricordiamocelo: non si gioca con chi bara. Perderemo sempre.
12 dicembre 2015
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