Il vino è cancerogeno, ma non è il caso di fare terrorismo

Intravino, Sole 24 Ore, Fondazione Veronesi, Airc, Assoenologi, Lancet Oncology

Il vino è cancerogeno,

ma non è il caso di fare terrorismo

di ALESSANDRO TROCINO
Tra le principali cause di morte nel mondo, direi la più importante, c’è la vita. Nascere costituisce un rischio mortale. Al di sotto di questo gigantesco e insormontabile rischio, ci sono una serie di fattori che contribuiscono a ridurre le nostre aspettative di vita e ad abbreviare il nostro percorso esistenziale: infarti, tumori, malattie dell’apparato respiratorio, Alzheimer, incidenti domestici, incidenti stradali, omicidi, suicidi, povertà, cataclismi naturali. A contribuire alla dipartita di tanti di noi, c’è anche e soprattutto ciò che mangiamo e beviamo e la qualità dell’aria che respiriamo. L’anidride carbonica, il sale, gli zuccheri, la carne rossa, gli insaccati, i grassi. E il vino.
Già, il vino. Che, ormai lo sappiamo, anche se facciamo finta di non saperlo, è cancerogeno. Mettere un ordine tra le cose, dire la verità scientifica ma anche individuare contesti e proporzioni, dovrebbe essere uno dei compiti principali della scienza e di quella sua branca particolare che si chiama divulgazione. Per questo, la sortita di Antonella Viola, illustre biologa e ricercatrice, nonché volto noto e pacato della tv, non aiuta. Ha detto nei giorni scorsi la dottoressa, testualmente, che «chi beve ha il cervello piccolo». Ci sarebbe una spiegazione scientifica: secondo alcuni studi, dice la severissima prof, «uno o due bicchieri di vino al giorno possono alterare la struttura cerebrale». Di qui, il motto, che richiama assonanze triviali e che è risuonato provocatorio e vagamente offensivo verso milioni di essere umani moderatamente avvezzi al consumo di alcol.
Il dibattito che ne è seguito ha visto all’opera i soliti schieramenti. Virologi compresi (non proprio i più competenti sul tema), come ha raccontato Luciano Ferraro. Proviamo a riassumerli. Il motteggiatore social: «Mia nonna beve due bicchieri di Barbera da una vita e ieri ha compiuto i suoi 149 anni». Auguri. Il permaloso: «Ci sta dicendo che ce l’abbiamo piccolo?». L’esibizionistaprovocatore, che si fa fotografare con un bicchiere di vino in mano (vedi alla voce Matteo Bassetti). L’ottimista criptico: «Lo sapete che c’è il resveratrolo nel vino?». Il catastrofista riluttante: «Da sempre si beve, se davvero l’alcol fosse cancerogeno ci sarebbe stata una strage». Il sovranista produttore: «Nessuno tocchi il prosecco».
Uscendo dal circo social, tocca rimettere in ordine le idee, come avevamo già fatto qui, visto che la cortina fumogena alzata in questi giorni rischia di confondere nuovamente le acque.
1. Il vino è cancerogeno. Non è un’opinione che si può controbattere sulla base di sensazioni personali, è un’acquisizione scientifica. È lo stato degli atti della principale letteratura scientifica. Dal 1988 l’Airc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha classificato l’alcol (in particolare etanolo e acetaldeide) nel famigerato gruppo 1 delle sostanze cancerogene. Secondo l’Oms non esiste una dose giornaliera sicura. La politica dunque se ne dovrebbe fare una ragione (Luca Zaia compreso, che invece parla di «fandonie»).
2. Fa male, anche in basse quantità, sì. Lancet Oncology conferma che anche al consumo moderato sono associati alcuni casi di tumori (pochi). Qui la spiegazione tecnica, che potete saltare, se volete andare al succo, ma che è importante: «I ricercatori hanno riscontrato che il consumo di alcol è associato a un notevole carico di tumori a livello globale (741.300 – intervallo di incertezza al 95% – casi di tumore attribuibili al consumo di alcol) con ampie variazioni geografiche. Sebbene il consumo pesante (>60 g al giorno) abbia contribuito maggiormente (346.400 casi), anche il consumo da leggero a moderato ha avuto un ruolo (103.100 casi per il consumo moderato – <20 g al giorno – e 41.300 casi per chi beve fino a 10 g al giorno). Includendo il consumo pregresso di alcolici, le stime sono aumentate».
3. La dose e il veleno. Il veleno di solito lo fa la dose, diceva Paracelso. Ma non sempre. Lo fa nel caso del basilico, che contiene una sostanza che si chiama metileugenolo che è cancerogena. Solo che dovremmo mangiare quantità industriali di pesto ogni giorno prima che l’amato basilico di Pra’ possa avere un effetto nefasto. Il sale, invece, conviene ridurlo, altrimenti si rischiano gravi conseguenze (infarto del miocardio e ictus, tra le altre) (a proposito, perché se ne parla infinitamente meno che del vino?). Invece, come dice Lancet Oncology, anche bere poco è pericoloso. Gli studi, citiamo qui la Fondazione Veronesi, dicono che superati i 10 grammi (in media, un bicchiere piccolo di vino), si incrementa il rischio di mortalità e disabilità di oltre 200 malattie e di 14 tipi di cancro. Ma di quanto lo incrementano? Quanto è davvero pericoloso un bicchiere di vino al giorno? Poco. Molto poco: come abbiamo visto, secondo Lancet sono circa 40 mila i casi a livello globale. La dottoressa Viola, insomma, dice una cosa impeccabile: l’unica dose sicura è zero. Ma dice anche una cosa un po’ assurda, che richiama la nostra affermazione iniziale: l’unico modo per non rischiare di non morire, sarebbe non nascere. L’unico modo sicuro per non assumere benzene, ossidi di azoto e idrocarburi policiclici aromatici sarebbe non respirare.
4. Rischio calcolato. E allora forse è il caso di introdurre il concetto di rischio ragionato. Non è un concetto granché scientifico, ma lo applichiamo ogni giorno. Quando saliamo su un’automobile o su un aereo o attraversiamo la strada. Non abbiamo in tasca una tabella con le statistiche dei morti e feriti in incidenti, ma abbiamo un nostro «storico» luttuoso di notizie e di amicizie. Eppure scegliamo di farlo: ci sediamo, avviamo l’auto e preghiamo il nostro dio personale di sopravvivere anche oggi. Incoscienti? Forse, ma preferiamo pensare che applichiamo il concetto del rischio calcolato. Conosciamo il pericolo, ed è giusto che ci venga ricordato, ma decidiamo di correrlo (nella speranza che le regole e il buon senso lo riducano il più possibile).
5. L’etichetta terrorista. In Europa c’è chi vorrebbe infestare le bellissime etichette dei nostri Barolo e dei «loro» Chablis, con immagini devastanti di gente moribonda, organi tumorali impazziti, teschi e robaccia del genere?
Tommaso Ciuffoletti, su Intravino, ha riassunto bene lo stato dell’arte.
Il 3 febbraio 2021 la Commissione europea ha presentato il Piano per la lotta contro il cancro, che prevede «l’obbligo di indicazione degli ingredienti e della dichiarazione nutrizionale sulle etichette delle bevande alcoliche prima della fine del 2022 e delle avvertenze sanitarie sulle etichette entro la fine del 2023».
Nel febbraio 2022, il Parlamento europeo ha dato parere negativo all’etichetta sanitaria per il vino, tra l’entusiasmo italiano, che trasformava una decisione politica in un parere scientifico assolutorio sui danni da alcol.
Pochi giorni fa, la Commissione Ue ha consentito all’Irlanda di etichettare con un alert sui rischi per la salute tutti gli alcolici, vino compreso. Il via libera è stato dato nonostante il parere negativo precedente del Parlamento europeo, e nonostante l’opposizione di Italia, Francia, Spagna (i principali produttori di vino europei) e di altri sei Paesi. Non proprio una bella prova di coerenza e di coesione, per l’Europa.
Ma, istituzioni europee a parte, sarebbe giusto mettere un alert sui rischi? Dipende. Noi diciamo no all’iconografia dell’orrore, modello tabacco. Perché questa non sarebbe informazione ma terrorismo. È giusto sapere che l’alcol è cancerogeno (e dunque un piccolo memento ci può stare, tipo effetti collaterali dei farmaci negli spot) ma visto che vogliamo mantenere la massima libertà nell’assunzione (si chiama democrazia, quello che non danneggia gli altri si può fare), non vogliamo subire torture visive gratuite e nauseanti.
E il danno ai produttori italiani? Eh, quello c’è, inutile girarci intorno. Sottolineare che il vino fa male potrebbe ridurre i consumi (ma non eravamo a favore della qualità, più costosa, rispetto alla quantità?). Però è anche inutile, e molto sbagliato, mettere in dubbio la verità scientifica, come fa Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, con la motivazione che si rischiano «danni inestimabili alla nostra tradizione culturale e gastronomica» e che «il consumo moderato e intelligente di vino fa bene alla salute». Se allude al mitico resveratrolo ci sono brutte notizie in merito, dai soliti scienziati guastafeste (qui).
I danni che, legittimamente e comprensibilmente, stanno a cuore ad Assoenologi sono soprattutto quelli commerciali e non sono è una cosa poco, visto che il comparto vale oltre 14 miliardi. Cotarella, in un editoriale intitolato «Denigratori, crisi e cassandre: il vino non vi teme», cita addirittura Martin Luther King, parla di «folli attacchi»e allude anche a «subdole lobby che strumentalmente vorrebbero imporre le loro bevande». Poi non si fa mancare un attacco ai vini naturali che «sono quasi sempre vini sbagliati, nel senso che non esistono» e quindi non bisogna permettere che «quattro improvvisati stregoni inficino il lavoro di migliaia di produttori ed enologi». Inutile dire che gli enologi sono da sempre gli avversari principali di chi vuole fare il vino senza eccessive sofisticazioni e interventismi in cantina e che quindi, anche qui, c’è un conflitto d’interessi. Ed è inutile dire che il vino naturale, che esista o meno, contiene alcol e quindi fa male pure lui.
Avevamo riportato qualche tempo fa l’opinione di Bernard Basset, medico e presidente di Addictions France, ma vale la pena rileggerla: «La lobby dell’alcol, e in particolare la lobby del vino, sta pagando per una strategia imperfetta, modellata su quella dell’industria del tabacco, ormai totalmente screditata per le sue bugie e pratiche disoneste. Per molto tempo, i produttori di tabacco hanno mobilitato notevoli risorse per nascondere gli effetti nocivi del tabacco: hanno pubblicato studi falsi, corrotto scienziati e governi. Ma la scienza si è finalmente imposta e i produttori di tabacco hanno perso ogni legittimità di esprimersi sulla salute. Si continuano a ripetere bugie. E cioè che un consumo moderato di vino è associato a risultati positivi per la salute. Non è così. Combattere la scienza è sempre una battaglia persa. Imparino a conviverci».
Di lobby qui, come in tutti i mercati che muovono molti soldi, ce ne sono molte. C’è quella del vino, che ci vede in prima fila. Quella dei superalcolici, come fa intendere il ministro Francesco Lollobrigida, che punta il dito contro l’Irlanda. La lobby delle bevande analcoliche. E poi ci sarebbe o ci dovrebbe essere la lobby della verità scientifica, della ragionevolezza e del buon senso, che dovrebbe guidare la politica. Quella che dovrebbe garantire a tutti di scegliere liberamente, senza terrorismi ma anche senza bugie, tra l’acidità sferzante di un buon bicchiere di succo di pomodoro (il preferito da Viola) e il tannino vigoroso di un buon Barolo nostrano (il preferito da noi).
***
dal Corriere della sera
L’INTERVISTA

Antonella Viola:

«Il vino fa male:

chi beve ha il cervello più piccolo.

Aperitivo? Con il succo di pomodoro»

La docente dell’Università di Padova appoggia la scelta dell’Irlanda che ha deciso di equiparare l’alcol alle sigarette inserendo nelle etichette avvertimenti sui danni alla salute
di Michela Nicolussi Moro
Professoressa Antonella Viola, lei è biologa, ricercatrice e docente all’Università di Padova. Sta facendo discutere il suo appoggio alla scelta dell’Irlanda, approvata dalla Commissione europea, di equiparare alcol e sigarette e di inserire nell’etichetta degli alcolici gli avvertimenti sui danni alla salute.
L’ha definita «una decisione giustissima», perché?
«Perché bisogna far sapere che l’alcol è incluso nella lista delle sostanze cancerogene di tipo 1, come amianto e benzene. È chiaro il legame tra il consumo di alcol, e non solo l’abuso, e i tumori al seno, del colon-retto, al fegato, all’esofago, a bocca e gola. Le donne che bevono uno o due bicchieri di vino al giorno hanno un rischio aumentato del 27% di sviluppare il cancro alla mammella».
E quindi il famoso detto «un bicchiere al giorno fa sangue, fa bene al cuore»?
«È un falso, nessun medico serio lo direbbe. Non c’è una dose sicura. Come per le sigarette la dose sicura è zero. Noi siamo abituati a pensare che a far male sia l’abuso di alcol, ma l’effetto cancerogeno si sviluppa anche con un uso moderato. Può indurre alterazioni metaboliche che si riflettono a livello cardiochirurgico e causare seri danni all’intestino».
Anche al cervello?
«Sì, studi recenti hanno analizzato le componenti della struttura cerebrale, dimostrando che uno o due bicchieri di vino al giorno possono alterarle. Insomma, chi beve ha il cervello più piccolo».
Lei sa che la posizione dell’Irlanda ha scatenato la rivolta di produttori e sostenitori dei benefici del vino?
«Capisco bene i grandissimi interessi che muove il settore, ma non possiamo nascondere la verità. Bisogna rendere consapevoli i cittadini dei rischi collegati all’alcol, come è stato fatto per il fumo, lasciando poi a loro la scelta di bere o meno. La gente deve conoscere gli effetti del consumo di alcol sulla salute, per poi decidere responsabilmente».
Professoressa lei è astemia?
«Bevo raramente, solo in occasioni particolari. Per esempio se ceno in un ristorante stellato, se festeggio un compleanno o una ricorrenza importante. Per me si tratta di eccezioni, non è la regola».
Niente aperitivo con gli amici?
«Sì, ma con il succo di pomodoro. Non dobbiamo fare l’errore di trovarci in compagnia per bere qualcosa, come si dice. Io per esempio ho da poco rivisto il mio amico e collega Nicola Elvassore, appena nominato direttore scientifico del Vimm, l’Istituto di Medicina biomolecolare di Padova dove tempo fa ho iniziato la mia vita di ricercatrice, e abbiamo festeggiato con una passeggiata».
Eh, non è mica semplice convincere gli affezionati dello spritz ad andare a passeggiare.
«Il problema è proprio questo, considerare l’alcol un motivo di aggregazione. È uno sbaglio».
Vale l’analcolico?
«No, troppi zuccheri, inutili. Fanno ingrassare, alzano la glicemia e non danno nutrimento».
Insomma, allora etichette su tutte le bottiglie?
«Sì, ne vale la pena. Con le sigarette ha funzionato, quell’avviso ha ridotto il consumo di tabacco. Ripeto, il consumatore ha il diritto di sapere che l’alcol fa male, poi così come c’è chi fuma ugualmente, continuerà a esistere anche la fetta di popolazione che si concede il vino o altri alcolici. Ognuno è libero di fare e vivere come vuole, ma almeno forniamo gli strumenti per conoscere prima le conseguenze delle proprie scelte».
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dal Corriere della Sera

La battaglia dei virologi per il vino.

«Viola sbaglia, non restringe il cervello»

DI LUCIANO FERRARO
Bassetti, Pregliasco e Gismondo in disaccordo con la docente padovana
Dal Covid al vino, dalle polemiche su vaccini e lockdown a quelle su etichette e effetti nocivi dell’alcol. I virologi, gli infettivologi e gli immunologi che durante i mesi più caldi della pandemia sono diventati star della comunicazione, hanno trovato un nuovo terreno di scontro. Ha iniziato Antonella Viola, virologa che lavora in Veneto, la regione che è la prima produttrice italiana di vino, patria del Prosecco e dell’Amarone. Viola non si è limitata a dire, come sostengono molti medici, che l’unica quantità sicura di alcol da assumere è zero e che si tratta di un liquido potenzialmente cancerogeno. Ha aggiunto che bere un paio di bicchieri fa rimpicciolire il cervello («Studi recenti hanno analizzato le componenti della struttura cerebrale, dimostrando che uno o due bicchieri di vino al giorno possono alterarle. Insomma, chi beve ha il cervello più piccolo»). Subito le hanno risposto gli stessi colleghi che dividevano con lei la notorietà durante la pandemia.
Matteo Bassetti, il direttore di Malattie infettive all’Ospedale San Martino di Genova, si è fatto fotografare con un calice di rosso in mano dopo aver letto l’intervista che Viola ha rilasciato al Corriere del Veneto, in cui la docente padovana appoggia la scelta dell’Irlanda di indicare sulle bottiglie di vino e alcolici i rischi per la salute . «Credo che sia giusto dire alle persone – ha scritto Bassetti su Facebook – che non bisogna esagerare, che il vino può far male quando si usano delle grandi quantità. Non lo è altrettanto dire, «in un Paese come il nostro dove siamo cresciuti in qualche modo con la cultura del vino, che il vino rimpicciolisce il cervello o che è come l’amianto o chissà quale altro tipo di sostanza cancerogena. Dire che bere con moderazione non dovrebbe causare problemi è molto importante. Anche perché ci sono numerosi studi scientifici che dimostrano che in alcuni setting piccole quantità di vino non solo non fanno male, ma possono addirittura far benefico. Il vino è molto diverso rispetto alle sigarette, perché le sigarette o altre sostanze anche in bassa quantità possono avere un effetto cancerogenetico. Il vino, evidentemente, con quantità minori, credo che non ce l’abbia».
Più drastica con Viola è stata Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’Ospedale Sacco di Milano: «Ogni eccesso è assolutamente criticabile, che si tratti di bevande o di altre sostanze. Mi permetto di dire, però, che dovremmo lasciare questi commenti agli esperti di quel settore».
Il virologo dell’Università Statale di Milano Fabrizio Pregliasco è convinto, come Bassetti, che una modica quantità di vino non solo non è nociva, ma può essere benefica per uomini e donne. «Il vino sicuramente rappresenta un rischio per la salute nel momento in cui lo si consuma in modo non congruo – sostiene -. Ritengo che una demonizzazione totale come sempre non abbia senso. E che, come sempre, sia necessario praticare il buonsenso», perché «il resveratrolo presente nel vino rosso, ad esempio, ha un’azione positiva e immunostimolante e quindi serve ragionevolezza. Giusto invece lanciare un messaggio sui superalcolici e su altri prodotti magari destinati ai giovani», fra i quali non prevale un’attenzione all’«elemento qualità, ma che a volte puntano solo allo `sballo´».
Sul fronte opposto a quello dei virologi ci sono gli enologi. Si sono riuniti nei giorni scorsi a Napoli, chiamati a raccolta dal loro presidente mondiali, Riccardo Cotarella. Sul palco hanno chiamato un gruppo di medici a favore della «quantità intelligente» di vino da bere, che «aiuta a proteggere da alcune malattie cardiovascolari». Tra gli intervenuti Luc Djoussé, direttore del Dipartimento di medicina della Harvard Medical School. La convitata di pietra è stata appunto la dottoressa Viola.
«Nel simposio – dice Cotarella – è stato ribadito quanto sia importante uno stile di vita sano che trova la sua massima espressione nella famosa dieta mediterranea – patrimonio mondiale dell’Unesco – che prevede l’uso moderato di vino durante i pasti. Siamo sconcertati per le affermazioni dell’immunologa padovana, credo che serva senso di responsabilità prima di sentenziare su un tema tanto delicatato, per non lasciare spazio a eventuali desideri di ingiustificato protagonismo».
22 gennaio 2023

 

1 Commento

  1. Giuseppe ha detto:

    Sono d’accordo con il giornalista Trocino. Vivere può essere nocivo per la salute, e il rischio di lasciare questo mondo è insito in quasi tutte le cose che facciamo. Conosco pneumologi che fumano e salutisti che ci lasciano pur conducendo una vita sana e una dieta rigorosa. Fare del terrorismo sulle nostre abitudini alimentari e ricreative mi sembra quantomeno di cattivo gusto.

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