Michela Murgia: “L’arrivo del nuovo fascismo era prevedibile. Ci sono stati eventi rivelatori: eccoli”

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28 Maggio 2023

Michela Murgia:

“L’arrivo del nuovo fascismo era prevedibile.

Ci sono stati eventi rivelatori: eccoli”

di Huffpost Italia
La scrittrice in una serie di storie su Instagram ripercorre gli ultimi trent’anni della politica italiana: “Non siamo arrivati a questo punto di colpo”
“L’arrivo di questo nuovo fascismo era prevedibile, vi spiego perché”. Queste le parole della scrittrice Michela Murgia, che ha usato Instagram per ripercorrere in una serie di storie gli ultimi trent’anni della politica italiana. La sua riflessione inizia così: “I fatti di queste settimane hanno spinto molte persone a chiedersi: ‘Ma come siamo arrivati a questo punto così di colpo?’. Il riferimento, prosegue Murgia, è ai “ministri che parlano di razza, controllo dei corpi delle donne, diritti tolti alle minoranze, politiche xenofobe, contestanti schedati dalla Digos, epurazioni nel sistema culturale e d’informazione, etc…”.
Da qui, l’intellettuale prende le mosse per fare una ricostruzione dell’accaduto. “Lo stato delle cose attuali – prosegue – era prevedibile da anni e ci sono state voci che lo hanno fatto, partendo da eventi enormi o piccolissimi, ma tutti rivelatori di questo nuovo fascismo. Provo a ripercorrere i passaggi che sono stati rivelatori per me”. In una storia corredata da una sua foto da ragazza, la scrittrice dice: “A vent’anni leggo un libro reportage di Gad Lerner che si intitola ‘Operai’. Lo prendo in biblioteca perché voglio capire. Partendo dalla Fiat, Gad racconta come è cambiato il mondo del lavoro nel settore primario, i suoi attori e soprattutto la sua ideologia. Il passaggio che mi colpì – spiega – raccontava come gli operai di fabbrica, strutturalmente votanti a sinistra, avessero gradualmente cominciato a dare consensi alla Lega Nord”.
Ecco, secondo Murgia, il primo passo. “La Lega in quegli anni – prosegue aggiungendo un brevissimo video che ritrae Umberto Bossi durante un comizio dell’epoca – era un partito apertamente razzista, antimeridionale, maschilista e separatista per ragioni economiche e fiscali. Era sta roba qui”. E allora riflette: “Non erano anni cui ero strutturata per collegare quel passaggio storico a cose avvenute quando non ero ancora nata, ma un campanello suonò in testa e non smise più”.
“Intanto la Lega era arrivata al governo”, continua prima di introdurre un altro aspetto per lei cruciale. “Fu il 2001 il punto di svolta e di chiarezza sul percorso verso lo stato attuale. Non credete a chi dice che furono le Torri Gemelle. Il G8 di Genova è un punto di non ritorno per la mia generazione”, afferma aggiungendo un link di Wikipedia: «”e hai meno di vent’anni e non sai cosa sia, clicca qui”. Qui Murgia posta un’immagine tratta dal film “Diaz” dove si vedono i poliziotti muoversi nella scuola tra ragazzi stesi a terra dopo le loro manganellate: “La violenza di Stato contro gli inermi, gli insabbiamenti, la morte di Carlo Giuliani, i politici che coprirono gli abusi, i colpevoli che facevano carriera, le notizie manipolate, i processi pieni di bugie. Genova ha spezzato per sempre la mia fiducia nello Stato democratico”.
L’intellettuale ripercorre quali erano le istanze dei manifestanti. “Persone comuni, adulte e giovani, di ogni provenienza chiedevano ai governi del pianeta di avere più attenzione per le persone e meno per le merci”, ma “furono vittime di un pestaggio da parte delle forze dell’ordine sotto il tollerante sguardo del governo italiano”. Il governo allora “era un’alleanza tra Lega, Alleanza Nazionale e Forza Italia”, prosegue.
La ricostruzione continua: “Un anno dopo fu approvata la legge sull’immigrazione, madre di tutti i respingimenti, che non a caso si chiama Bossi Fini. Due anni dopo fu approvata la legge Biagi, che precarizzava tutti i lavori fuori dal contratto nazionale di categoria”. Dunque una nota biografica rispetto a quel periodo: “Non scrivevo ancora, ero un’insegnante e mi occupavo di politica come fa una cittadina: leggendo e votando. Ma cominciai a pensare che Primo Levi avesse visto giusto: ogni tempo ha il suo fascismo”.
Poi approfondisce l’aspetto socio-economico. “Metterei un accento sulla questione del lavoro e della sua precarizzazione”, afferma prima di ricordare che “la legge Biagi la proposte Maroni”. “Sembra una cosa collaterale, ma è l’opposto: condividere le stesse condizioni di impiego di retribuzione – esamina – crea coscienza collettiva e soggettività sociale”. Invece, “fare una legge che riporta alla contrattazione del lavoro alla singola persona frantuma all’origine la possibilità di creare una coscienza comune, di classe o meno. Distrugge l’idea del lavoro come questione collettiva: tuttə solə davanti al padrone. Inizia la retorica del merito”.
Torna un riferimento al Ventennio fascista. “Il fascismo storico era un fenomeno borghese, non popolare, specie sul fronte del lavoro. La retorica del duce-contadino che trebbia faceva il paio con lo scioglimento dei sindacati, la repressione violenta degli scioperi e gli accentramenti monopolistici”, scrive postando la copertina de La Domenica del Corriere con una foto di Benito Mussolini a torso nudo tra le spighe di grano. «Se volete testare un fascismo – aggiunge –, osservate i suoi rapporti con i grandi interessi industriali e confrontateli con chi invece il lavoro lo fatica sottopagato o non lo trova. Domandatevi: quali interessi difende?”.
Il reseconto arriva all’attualità con un “per esempio” che introduce le parole della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che all’assemblea dei delegati della Cgil dice “no al salario minimo”. Qui un nuovo flashback: “Nel 2006, dopo tre anni di legge Biagi, da telefonista decido di raccontare cosa succede nei posti in cui i contratti ‘creativi’ determinano la vita di chi li firma. È il momento in cui capisco che incazzarmi non basta. Il dissenso va organizzato e io so farlo solo in un modo: cercando parole esatte”, dice con un riferimento al suo libro “Il mondo deve sapere”.
“Negli anni successivi succedono tre cose politicamente molto rilevanti”, scrive Murgia. La prima – dice – è “il family day, il tentativo delle destre di attaccare i diritti Lgbtq+ e la libertà riproduttiva delle donne”, le seconda è “la censura in Veneto dei libri degli intellettuali sgraditi”, la terza è “il caso Englaro”. È il 2007: “Il family day vede i vertici CEI schierarsi con le peggiori formazioni del cattolicesimo conservatore. Sui diritti il nuovo fascismo fa patti con le istituzioni ecclesiastiche italiane. Sono gli anni di Camillo Ruini. Fondamentale per capire il patto Lega-Chiesa è stato per me il libro di Paolo Bertezzolo intitolato ‘Padroni a Chiesa nostra – Vent’anni di strategia religiosa della Lega Nord”. In questo contesto, ricorda Murgia, nel Veneto “decine di autori e autrici vennero “messi al rogo” per ragioni puramente ideologiche. Moltə di loro risposero con il libro ‘Sorci verdi, storie di ordinario leghismo’, ma nell’insieme il Paese neanche si accorse della gravità dell’accaduto”. Tra i più sensibili ci fu Stefano Massini che in un suo monologo a PiazzaPulita su La7, pubblicato da Murgia, ricollegò i fatti a tristi eventi del passato.
Si arriva, dunque al caso Englaro, che secondo l’intellettuale “è magistrale per spiegare come il nuovo fascismo pretenda il controllo dei corpi e delle scelte di vita collegate. E spiega anche perché Eugenia Roccella non ci dà lezioni di ‘dialogo’”. Il riferimento è alle contestazioni alla ministra all’ultimo Salone del Libro di Torino. E qui la scrittrice pubblica un video della Roccella sulla gestione del caso Englaro: “È lei stessa a spiegare come avvenne il percorso di ‘dialogo’ – anche istituzionale – contro un padre che chiedeva la fine della sofferenza della figlia”. Nel filmato, Roccella si riferisce alle posizioni di Berlusconi e dell’allora presidente della Repubblica Napolitano, “il conflitto più altro che ci potesse essere”. Murgia ricorda come andarono le cose: “Napolitano si rifiutò di firmare la porcata del decreto. Il governo si fermò? Manco per sogno”. A corredo di un altro breve video che ritrae l’attuale ministra per la famiglia, la scrittrice aggiunge la didascalia: “Inopportuna Eluana, che è morta prima che poteste impedirle di morire facendo una legge per prolungarle l’agonia. Che poi sarebbe stata la legge per l’agonia di tuttə”. E continua: “È chiaro l’iter del dialogo? 1) atto di indirizzo (servirsi delle leggi che ci sono, imponendo l’interpretazione più restrittiva); 2) se non funziona, atto di forza: decreto; 3) se te lo bloccano, atto legislativo permanente: legge”.
Murgia torna poi all’oggi: “Sulla questione del riconoscimento dell’omogenitorialità noi siamo qui”, al punto 1 suddetto. “Il nuovo fascismo si serve dei percorsi democratici, prima di arrivare a forzarli”. E chiosa: “Se questo fascismo non lo vediamo arrivare, è perché non siamo abituati a vedere il fascismo arrivare da una democrazia. Lo abbiamo sempre visto partire da monarchie o instabilità più o meno dittatoriali”.
Le storie proseguono sul profilo Instagram di Michela Murgia.

2 Commenti

  1. Martina ha detto:

    Sì, certo, è tutto vero, ma, se si è un po’ svegli, non è difficile trarre delle conclusioni.
    Toccando la realtà di questo difficile momento che sta mettendo a dura prova la nostra Democrazia, è chiaro che tutto proviene anche da situazioni passate.
    Penso ad una cosa però: don Giorgio ha visto da subito, e ha iniziato a denunciare il pericolo, ai tempi di Berlusconi capo del governo e di oggi. Ma ovviamente gli spiriti liberi, i profeti… vengono fatti fuori da una imbecillità dominata dall’ego.
    E dove ero anche io? Dove? Smarrita…
    E adesso càpita ancora lo stesso come nel passato più o meno recente: l’arroganza e la prepotenza, l’imbecillità e la delinquenza… schiacciano la giustizia, l’onestà, la verità perché tutti stanno nella totale indifferenza.
    Ognuno dovrebbe fare la propria parte, non solo con le parole, ma anche con dei fatti. Ma forse si ha paura…

  2. Giuseppe ha detto:

    Grande lezione di storia e di politica. “Loro” perà affermano di non essere fascisti e, anzi, lo rinnegano!

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