L’EDITORIALE
di don Giorgio
Forse mai come oggi l’Avvento e il Natale
sono stati così dissacrati dagli stessi preti
Lo scopo di questo editoriale non è tanto quello di soffermarmi sull’Avvento nel suo aspetto liturgico, o anche nei suoi aspetti storici, magari partendo dai vari significati che ha assunto il termine “avvento”: venuta o attesa?
Vorrei invece soffermarmi su quel degrado che man mano, lungo i secoli, in particolare negli ultimi decenni quando il consumismo più deleterio si è imposto con le sue accattivanti regole in vista di un benessere sfacciato, non ha risparmiato neppure la religione, anzi sfruttando le sue festività più ricche di emozioni. Vedi il Santo Natale. Non bastava banalizzare un giorno, ma ha coinvolto tutto quel lungo periodo di preparazione, anche prima, che noi credenti chiamiamo “Avvento”.
E qui non avrei bisogno di tanta fantasia per elencare tutte le scempiaggini pastorali che hanno inventato i preti. Diciamo che c’è un comune denominatore, ed è la pancia o il ventre. Orribile dirsi, ma è così! Cambiate pure la parola, oppure attutitela dandole un nobile scopo, come quello di aiutare le missioni o aiutare un povero. In realtà, il povero è solo un pretesto per fare qualche opera buona, per sentirsi a posto con la propria coscienza, che tanto pulita non è. Opera buona, ma sempre con un tornaconto. Prendo sempre qualcosa per un mio vantaggio.
Ecco una tra le numerose locandine parrocchiali. Ma ce n’è di peggiori.

E pensare che anche l’Avvento un tempo aveva ben altro gusto di una torta o di un piatto di lasagne. Si rinunciava all’inessenziale, al superfluo, all’inutile, all’eccessivo, al cosiddetto “di più”, per dare più libertà al proprio spirito interiore così da gustare in pienezza la Parola di Dio, che è eterna, e non passeggera come può essere un piatto di pastasciutta che entra nel ventre per finire poi nella fogna.
E invece che succede? Qualcosa di letteralmente allucinante, paradossale, dissacrante!
Si parte da un assaggio, da un antipasto, da un solo piatto, per poi via via arrivare al culmine dell’orgasmo il giorno di Natale. E il giorno dopo tutto si sgonfia, ma per prepararsi al nuovo orgasmo dell’ultimo dell’anno. E non pensate che sia tutta una questione che riguarda solo un certo mondo, che riteniamo pagano.
Comuni, parrocchie e associazioni di qualsiasi colore si uniscono o fanno a gara a chi organizza più piatti succulenti. Naturalmente “pro questo” o “pro quello”, oppure per sfruttare il momento più propizio per ringraziare con cene o altro quelli della protezione civile, ecc. ecc.
E l’ipocrisia arriva al punto di organizzare un mucchio di concerti musicali, così da dare l’idea che in fondo in fondo non siamo così banali. Un tocco di clavicembalo non fa male, anzi eleva gli addetti ai lavori. E succede che qui in Valletta Brianza si organizzino tre concerti in due giorni, nella stessa Comunità pastorale, con l’aggiunta di un Concerto per la Festa di San Giovanni evangelista, patrono della Chiesa di Perego, e di Concerti organizzati dai Comuni, disposti anche a contribuire pagando l’illuminazione della facciata della chiesa o del campanile.
Insomma, una ridda anche folcloristica di iniziative che di sacro hanno ben poco, se non lo sfruttamento del sacro. Verrebbe voglia di essere un “laudator temporis acti”, un nostalgico del passato, quando tutto era imbevuto di sacralità, e ogni cosa fuori posto era vista come dissacrante. La vigilia di Natale era vissuta anche nel digiuno, almeno in parte, per liberare lo spirito da ogni carnalità. Il giorno di Natale era una gioia immensa.
Certo, “altri tempi”, qualcuno dirà. Ma non pensavo che si arrivasse a vendere l’Avvento e il Natale al consumismo più diabolico. Complici la stessa chiesa, i vescovi, i preti ecc.
Da anni sostengo che il vescovo a capo di una diocesi dovrebbe essere di buon esempio, come il buon pastore che conduce le pecore alla Culla dove è nato e rinasce di nuovo il Figlio di Dio.
Certo, non serve limitarsi a criticare, non serve prendersela più di tanto. Bisogna proporre in alternativa la Bellezza del Natale, che è Mistero divino, perciò Bellezza mistica, senza fronzoli, senza statuine di gesso, senza luci fosforescenti. L’unica statuina è quella dello Stupìto che richiama la bellezza della Gratuità, che è Stupore di fronte al Mistero, che è Luce che dà Vita.
Un Vescovo ha la missione anche di richiamare i suoi preti perché non cadano nel tranello del consumismo più carnale. No, abbiamo vescovi che se ne fregano, perché loro stessi se ne fregano del Mistero natalizio.
15 novembre 2025
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