Restituiamo alla Diocesi l’anima ambrosiana

agnesi martinelli tremolada
di don Giorgio De Capitani
Nell’articolo che vi propongo, scritto da Gianni Barbacetto, apparso su il Fatto Quotidiano, forse ci sarà qualche inesattezza, soprattutto per quanto riguarda la ricostruzione della vicenda di Scola “allontanato da Milano”. Non è, comunque, che la verità dei fatti sia meno grave, da un certo punto di vista. Come obbedire ad un vescovo che, quando era chierico, ha disobbedito al “suo” vescovo? Per il resto, ovvero che il nuovo vescovo Paolo Martinelli sia “ciellino”, mentre Tremolada e Agnesi siano “martiniani”, penso che non siano solo dicerie o voci curiali, anche se dovremmo andare oltre a questi aspetti.
Vorrei partire ricordando ciò che dicevo già alcuni anni fa. C’era un piano strategico ciellino che consisteva in questo: mettere a capo del governo o addirittura a capo dello stato un ciellino, precisamente Roberto Formigoni, e a capo della Chiesa un altro ciellino, precisamente Angelo Scola. Ma, come si dice, il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. E così qualcosa andò storto, e il piano non riuscì. Lo Stato si salvò, così pure la Chiesa. Tutti sappiamo che cosa successe a Formigoni, e tutti sappiamo come andò il Conclave.
Torniamo all’oggi. Che Tremolada e Agnesi siano vicini allo spiritualità martiniana mi potrebbe anche far piacere, ma non sopporto che Martinelli provenga dall’area ciellina. Se dire spirito martiniano ci richiama la pastorale di larghe vedute di Martini, mi sta bene, anzi benissimo. Ma non mi sta bene che lo spirito diocesano venga represso da una forma mentis del tipo ciellino che non ha nulla a che fare con lo spirito diocesano. Martini ha dato un vasto respiro alla tradizione milanese, mentre gli adepti di Comunione e Liberazione sono su un’altra isola. Non ci sarebbe bisogno continuamente di dimostrarlo. La realtà è sotto gli occhi di tutti. Quei preti diocesani ciellini (già dire “prete diocesano ciellino” è qualcosa di paradossale) che ancora oggi guidano alcune parrocchie della diocesi sono la prova di una pastorale all’antitesi dello spirito diocesano. Spirito diocesano e modo di vedere la fede di Cl non stanno insieme. Cl stia a casa sua. Faccia il suo gruppo. Non si immischi nelle vicende diocesane. Se ne stia alla larga. Faccia i cavoli che vuole, ma non contamini lo spirito diocesano. Ogniqualvolta Cl si avvicina alla Diocesi, fa danni, spegne la migliore tradizione e chiude gli orizzonti della profezia.
Ho già detto più volte la mia sui Movimenti ecclesiali, che non sono altro che tutori, stampelle per chi non sa camminare ancora da solo. Questi Movimenti sono lo specchio di una Chiesa immatura. Sono dei supporti, anche opportuni, soprattutto al Sud, dove le diocesi e le parrocchie non sono così organizzate come al Nord. I Movimenti ecclesiali fanno comodo, là dove c’è un vuoto pastorale. E così essi prendono piede, e si sostituiscono alla Diocesi.
Certo, Cl è nata al Nord, su ispirazione di un prete diocesano, don Luigi Giussani, il quale non ha inventato un Movimento per riempire un vuoto pastorale, ma per riempire, secondo lui, vuoti culturali, a partire dalla scuola. E così, invece che accostare gli studenti ad una fede matura e libera, li ha mortificati in una setta ben protetta dai pericoli esterni. Ed è nata una contrapposizione tra Cl e Azione cattolica, tra Cl e le parrocchie. Avrei capito se la presenza di Cl fosse servita a risvegliare la fede dei giovani. Invece no! Cl ha preteso di proporre e di imporre un suo dio, un suo cristo, equivocando naturalmente sulle parole, con un linguaggio particolarmente accattivante nel campo giovanile. Ma il linguaggio attira fino a un certo punto; poi, gratta gratta, ci si accorge che dietro le parole c’è ben poco, o nulla. Puoi anche illudere gli allocchi o gli ingenui coprendo il vuoto con nomi altisonanti di filosofi presi da destra o da sinistra. Ma il gioco dura poco. In ogni caso, ciellini, giocate pure. Ma non uscite dal vostro terreno. Il vostro grosso peccato è stata la pretesa diabolica di espandervi alla conquista del mondo. Un proselitismo della peggiore specie. Dalle anime ai corpi. Dalla fede alla politica. Dalla povertà di spirito agli affari più sporchi.
Un miscuglio tale di fede e di azione, di cultura ingessata e di ingerenze politiche, come può prendere in mano le sorti di una diocesi che già fatica per conto suo a staccarsi dagli inevitabili compromessi mondani? Forse che il nostro clero ambrosiano ha bisogno di essere salvato o stimolato da un Movimento, che finora ha dato prova solo di scandali o, nel migliore dei casi, di una spiritualità di fede che non è per nulla in sintonia con una visione di Chiesa aperta al domani?
Sognavo che si arrivasse a togliere le parrocchie ai preti ciellini, che si arrivasse a restituire ai seminari la loro forte spiritualità diocesana, che non si potesse più parlare di una eventualità che Milano fosse guidata da un ciellino e company. E, invece, quanto siamo caduti in basso!
Eppure, Comunione e liberazione oramai è in affanno, e spero che sparisca al più presto. Come spero che al più presto la Diocesi di Milano sia guidata da un Pastore con lo spirito ambrosiano. Mi voglio sbilanciare: l’Expo 2015 sarà l’inizio di un nuovo corso, anche per la diocesi milanese.
da il Fatto Quotidiano

Scola e i miracoli:

Milano avrà un vescovo ciellino

di Gianni Barbacetto | 23 giugno 2014
Ci siamo, sussurrano nelle chiese e in curia: il cardinale arcivescovo Angelo Scola ha cominciato a “ciellizzare” la diocesi di Milano. Il 28 giugno ordinerà in Duomo il primo vescovo ausiliare ciellino nella storia della chiesa milanese. Si chiama Paolo Martinelli, è un frate cappuccino, fa il professore all’Antonianum di Roma ed è vicino al movimento di Comunione e liberazione. Diventerà vescovo ausiliare (un aiuto all’arcivescovo nel governo di una delle diocesi più grandi del mondo) insieme ad altri due preti ambrosiani: Franco Agnesi e Pierantonio Tremolada.
Agnesi è stato il pro-vicario generale della diocesi e il “moderator curiae” voluto dal cardinale arcivescovo Carlo Maria Martini. Ora è vicario episcopale di Varese, e chi ha quell’incarico (come anche il vicario episcopale di Milano città) è tradizionalmente ordinato vescovo. Tremolada è invece vicario episcopale per un settore importante, quello dedicato all’evangelizzazione e i sacramenti. Entrambi sono “martiniani”, cioè cresciuti nel solco della tradizione pastorale e teologica della diocesi milanese, guidata negli ultimi anni da vescovi “forti” come Carlo Maria Martini e poi Dionigi Tettamanzi.
I preti di Milano e le loro comunità, nella stragrande maggioranza, hanno sempre guardato con sospetto i gruppi di Cl che crescevano ai margini delle parrocchie, considerati come una sorta di setta autonoma che non riconosce l’autorità diocesana e, per di più, tende a mescolare in maniera spregiudicata e disinvolta religione, politica e affari. Scola, che è cresciuto nel movimento di don Giussani, conosce bene questa tradizione ambrosiana e sa che è antecedente all’arrivo come vescovo di Martini: perché egli stesso, per diventare sacerdote, nel 1970 ha dovuto abbandonare il seminario diocesano (di fatto, una espulsione), perché al mitico rettore di Venegono, monsignor Bernardo Citterio, non piacevano i ciellini che usavano il seminario ambrosiano come un taxi per farsi ordinare preti, ma senza riconoscere di fatto i “superiori” diocesani, perché avevano i loro superiori, i loro teologi, i loro padri spirituali e, sopra tutti, lui, don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e liberazione.
Così Scola emigrò a Teramo, dove fu ordinato da un vescovo vicino al movimento di Cl. Nel 2011, ha avuto la sua rivincita: è tornato da arcivescovo nella diocesi che non lo aveva voluto fare prete. Ci è arrivato anche sospinto da una lettera mandata in Vaticano dal capo di Cl, Juliàn Carròn: una “raccomandazione” che conteneva giudizi duri sul predecessore, Tettamanzi, accusato, pur senza farne il nome, di “intimismo e moralismo”, di aver sostenuto il centrosinistra e Giuliano Pisapia e soprattutto di aver bollato “come affarismo le opere educative, sociali e caritatevoli dei movimenti” (cioè di Cl). Quando la lettera è diventata pubblica, Scola è stato chiamato dai suoi preti a spiegare quei giudizi e ha risposto rivendicando la sua autonomia dal movimento da cui proviene e promettendo di garantire la continuità con le tradizioni ambrosiane. Finora ha sostanzialmente mantenuto la promessa. Dal 28 giugno, però, l’incanto si rompe. Arriva un vescovo ausiliare ciellino. Quale ruolo avrà nella diocesi? Mistero: ancora non è stato annunciato quale sarà il suo incarico. Scola ha già inserito un altro ciellino nell’organigramma della curia: dopo aver “spacchettato” in quattro settori l’ufficio Ecumenismo, ha chiamato a dirigere quello dedicato al dialogo con le religioni orientali don Ambrogio Pisoni, assistente spirituale all’università Cattolica di Milano e uomo di Cl.
C’è che spiega così l’accelerazione degli ultimi mesi: Scola, dopo aver fatto il patriarca di Venezia, era arrivato a Milano con il programma di restarci poco; il passaggio dalla diocesi ambrosiana doveva servire per il grande salto a Roma, dove avrebbe dovuto sostituire Joseph Ratzinger e diventare papa. Non è andata così. Papa Francesco ha scombussolato anche questi piani. Così Scola si è convinto che ora la deve governare, questa grande diocesi. Anche cambiando organigrammi e tradizioni culturali.
il Fatto Quotidiano, 21 Giugno 2014

4 Commenti

  1. luca54 ha detto:

    Ma cosa ne sapete di Martinelli e Pisoni solo che sono vicino a CL. Ci avete mai parlato insieme, ascoltato una predica, fatto le vacanze…siete solo capaci a parlare per dare aria ai denti. Patetici!!!

  2. GIANNI ha detto:

    Non ho mai capito la divisione in movimenti.
    Posso capire che determinati gruppi ed associazioni siano dediti a particolari temi, come la devozione ad un santo, ma la divisione ideologica non ha senso.
    Come dice papa Francesco, la chiesa non è fatta di battitori liberi.
    Neppure comprendo la divisione tra progressisti e conservatori nel cattolicesimo.
    Esistono già diverse religioni e confessioni, per cui avere posizioni teologiche diverse significa solo appartenere a chiese diverse.
    E del resto, il fedele che sino a ieri ha ricevuto un certo insegnamento, ad esempio sui sacramenti, cosa penserebbe, se tutto mutasse? Che era tutto errato?
    I movimenti teologici interni non hanno senso, se non per coloro che aspirano ad una diversa religione o confessione.
    A maggior ragione non hanno senso quei movimenti che neppure hanno una base teologica.
    E quindi è assurdo nominare in base ad appartenenze diverse.
    La chiesa è una, e chi non ci si ritrova, non ne fa parte.
    Come dice il papa, non esistono cattolici in quanto singoli, ma solo come appartenenti alla chiesa.

    • giuseppe casiraghi ha detto:

      @ gianni. Non esiste una divisione ‘teologica’ tra i Movimenti ecclesiali: da questo punto di vista, il background di un Focolarino o di un Carismatico é esattamente lo stesso. La differenza é solo una questione di accenti e di sensibilità. Fino agli anni ’60 il retroterra culturale dell’Italia era praticamente lo stesso ovunque: un grosso paesone agricolo e cattolico, in cui la collocazione naturale del laicato era l’Azione Cattolica. A un certo punto, però, l’AC ha fatto la cosiddetta ‘scelta religiosa’, che sanciva la separazione tra temporale e spirituale, a mio parere tagliando con il forcone il pensiero di Maritain. Una scelta legittima, ma che non poteva incontrare la sensibilità di tutto il laicato. Se si proponesse la scelta religiosa a un esponente della Comunità di S.Egidio, caratterizzata da un fortissimo impegno nel sociale, gli verrebbe immediatamente un’irritazione alla pelle. L’impressionante frequenza della preghiera nei gruppi di Medjugorie e tra i Carismatici, oppure la partecipazione entusiasta dei Neocatecumenali alle celebrazioni eucaristiche sono ammirevoli, ma se un laico sente l’esigenza di una presenza ecclesiale sul luogo di lavoro, la sua sensibilità si esprimerà maggiormente in CL.o nel Movimento Cristiano dei Lavoratori.

  3. dottginkobiloba ha detto:

    non entro nel merito di tutto l’articolo, mi limito solo ad una piccola annotazione. mons. Bernardo Citterio (che riposa nel cimitero di Valmadrera) era cugino di mia suocera, abbiamo spessissimo cenato insieme la domenica sera e poi lo riaccompagnavo a casa, ebbene , questo lo posso dire per certo, donbe (come lo chiamavano in famiglia) vedeva di buon occhio i ciellini e ne parlava sempre bene (in effetti non mi spiego nemmeno io il perché)

Lascia un Commento

CAPTCHA
*