L’EDITORIALE
di don Giorgio
Francesco d’Assisi,
un santo da mettere sotto chiave?
Certo che toccare la figura di un santo come Francesco d’Assisi sarebbe pericoloso, come toccare i fili della corrente, nel senso che ci si attirerebbe una ondata di ire da ogni parte del mondo. Chi non conosce il Poverello d’Assisi, il giullare di Dio, colui che parlava agli uccelli e ha ammansito il feroce lupo di Gubbio e si era recato in Egitto per tentare di convertire il Sultano, colui la cui missione era “riparare la casa” di Cristo? Per non parlare poi della indignazione generale dal momento che tutti lo ricordano come il patrono dell’ambiente, tanto più che Papa Francesco l’ha definito “l’uomo dell’ecologia integrale”, rilanciando l’importanza della cura per l’ambiente, un concetto chiave anche nell’enciclica “Laudato si’”.
Dunque, San Francesco d’Assisi è un santo intoccabile, guai parlarne male, si rischierebbe la forca.
Eppure…
A parte le numerose leggende fiorite attorno a questo santo, per cui non si sa distinguere ciò che è strettamente storico da ciò che è puramente fantasioso, ciò che non sopporto, più che queste leggende che se non altro rendono ancor più simpatico un santo vissuto in epoche molto lontane da noi, è quell’eccesso di esaltazione collettiva, o quel troppo devozionismo che fa perdere di vista la fede pura di un uomo di Dio. Quando si tira un santo da ogni parte, a destra e a sinistra, rendendolo addirittura “laico” (che significa?), allora qualcosa puzza, e mi dà qualche avvertimento: istintivamente mi estraneo e magari per un po’ di tempo non voglio più sentir parlare di San Francesco, perché ogni parola, ogni citazione, ogni riferimento mi urterebbe. E neppure, per contrasto, mi faccio prendere quasi da una certa soddisfazione quando “qualcuno” nei riguardi di un santo troppo eccezionale tira fuori qualche problema di carattere psichiatrico.
Quando un santo dà troppo fastidio, o lo si rende leggendario, troppo ideale, fuyori dalla porta di ciascun essere umano, oppure lo distrugge.
Sono onesto: mi piace un santo nudo e puro, non tanto perché uno va in giro senza vestiti, in segno di povertà, quanto perché è libero da ogni condizionamento umano, non tanto perché a quel santo piaceva coprirsi di qualche dote fuori del comune, quanto per quella maniacale devozione popolare che finisce sempre per mettere sulla testa aureole ogni tipo, tanto più se la gente si accorge che quel santo distribuisce grazie a tutto spiano, e a buon mercato.
E allora qualsiasi cosa si dica di Francesco d’Assisi mi irrita, ogni festa mi dà fastidio, ogni celebrazione mi lascia del tutto indifferente.
Non approvo la reintroduzione della festa civile in onore di San Francesco. Sappiamo quanto la destra ammiri i santi che rendono in consenso, perché basta poco attirare il voto di cattolici che si vendono a tutto, pur di ottenere qualche benefizio, da qualunque parte provenga.
E allora questa figura di santo popolare, così strumentalizzata da essere ridotta a tappabuchi per ogni stagione, la metterei in soffitta o in cantina per qualche decennio, per non dire per qualche secolo.
Dicono che per ricuperare un affresco ricoperto da strati e strati di calcina, ci vuole tempo e grande capacità di togliere e togliere il di più, la calcina, fino al ricupero della purezza del volto di un santo.
San Francesco è coperto da quintali di calcina, immaginate il tempo e la capacità che ci vogliono per ricuperare il suo vero volto originale.
04/10/2025
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