Morto Hans Küng, teologo ribelle. Contestò l’infallibilità del pontefice

dal Corriere della Sera
AVEVA 93 ANNI

Morto Hans Küng, teologo ribelle.

Contestò l’infallibilità del pontefice

Perito al Concilio Vaticano II, ex collega di Ratzinger, venne sanzionato dalla Congregazione per la dottrina della fede. Affrontò il tema del rapporto fede-scienza
di MARCO RIZZI

È morto all’età di 93 anni nella sua casa di Tubinga, in Germania, il teologo svizzero Hans Küng. Nato a Sursee, piccolo villaggio nel cantone di Lucerna, il 19 marzo 1928, venne ordinato sacerdote a Roma nel 1954, dopo gli studi di teologia condotti presso l’Università Gregoriana. Dopo un breve periodo di attività pastorale nella diocesi di origine, la sua attività si era interamente svolta nell’ambito della ricerca teologica.

In questa veste, Küng conobbe un primo momento di notorietà presso il grande pubblico nel 1970, quando pubblicò il saggio Infallibile? Una domanda (tradotto anche in italiano nel medesimo anno da Anteo). Come indica il punto interrogativo del titolo, Küng vi esaminava criticamente il dogma dell’infallibilità papale, sancito dal Concilio Vaticano I nel 1870. Il libro scatenò un’ondata di polemiche che dall’università di Tubinga, dove Küng insegnava, e dal mondo accademico tedesco giunsero ben presto a Roma, determinando nel 1975 un richiamo formale della Congregazione per la dottrina della fede e quattro anni dopo il ritiro del titolo di «teologo cattolico», necessario in Germania per insegnare nelle facoltà di teologia presenti nelle università pubbliche.
La vicenda ebbe risonanza mondiale, e mise in imbarazzo le autorità accademiche; Küng non poté insegnare più nella facoltà dove era diventato professore nel 1960, a soli 32 anni. Conservò però la cattedra presso l’Istituto per la teologia ecumenica da lui fondato all’indomani del Concilio Vaticano II. Proprio al Concilio fu il più giovane dei teologi nominati da Giovanni XXIII come periti, ovvero consulenti dei lavori, assieme a Joseph Ratzinger, di un solo anno più anziano. I due sarebbero stati anche colleghi a Tubinga fino al 1969, quando l’esplosione della contestazione studentesca spinse Ratzinger a trasferirsi nella più tranquilla Ratisbona.
La critica di Küng all’infallibilità papale non nasce però dal clima antiautoritario del Sessantotto, ma si inserisce in un percorso coerente, avviatosi con la tesi di dottorato sostenuta nel 1957 e dedicata all’analisi del tema della giustificazione, ovvero di uno dei principali nodi teologici su cui si era consumata la spaccatura tra cattolici e protestanti nel XVI secolo. Attraverso l’esame degli scritti del massimo teologo protestante del XX secolo, il calvinista Karl Barth, Küng giunge ad una conclusione assolutamente inattesa nel clima degli anni Cinquanta, ancora legato a schemi di tipo controversistico, ovvero ad un modo di procedere che contrapponeva affermazione ad affermazione, categoria a categoria.
Per Küng esistono differenze tra la posizione cattolica e quella di Barth, ma esse non riguardano il nucleo di fede; semplicemente risultano differenti la terminologia, le categorie, le forme del pensiero. Per usare una metafora, è come se la medesima cosa venisse detta in due lingue differenti. Compito della «teologia ecumenica» è quello di far dialogare le teologie delle diverse confessioni cristiane, traducendole, per così dire, da un linguaggio all’altro.
L’infallibilità è quindi solo una tappa di un percorso più generale, che nel corso degli anni Sessanta si concentra soprattutto sull’ecclesiologia (la riflessione sulla Chiesa e sulle sue strutture visibili e spirituali), con volumi che anticipano o sviluppano i temi conciliari come Riforma della Chiesa e unità dei cristiani (Borla, 1965) o La Chiesa (Queriniana, 1967). Gli anni Settanta vedono invece Küng impegnato, oltreché nel conflitto con Roma, nei grandi argomenti teologici, come la cristologia (Essere cristiani, Mondadori, 1976), Dio (Dio esiste?, Mondadori, 1979), l’escatologia (Vita eterna?, Mondadori, 1983), affrontati sempre nella prospettiva di una effettiva integrazione tra le prospettive delle differenti confessioni cristiane.
Era in qualche misura inevitabile che un simile itinerario conducesse nel corso degli anni Ottanta all’allargamento dello sguardo di Küng al di fuori della tradizione cristiana, trasferendo il suo approccio ecumenico al complesso delle religioni del mondo: Cristianesimo e religioni universali (Mondadori, 1986) Cristianesimo e religiosità cinese (Mondadori, 1989), Progetto per un’etica mondiale (Rizzoli, 1991), Ebraismo. Passato, presente futuro (Rizzoli, 1993), Islam (Rizzoli, 2005) delineano il quadro di un’alleanza etica ed intellettuale tra tutte le religioni a difesa della pace e della dignità umana.
Küng non si è sottratto neppure al confronto con le discipline scientifiche, spesso considerate «nemiche della teologia», come emerge da Teologia in cammino (Mondadori, 1987), che si misura con la visione delle rivoluzioni scientifiche di Thomas Kuhn, e da L’inizio di tutte le cose (Rizzoli, 2006), in cui Küng prende in esame gli esiti più recenti della fisica teorica e ne contesta, su basi epistemologiche, la pretesa di costituire una forma di conoscenza assolutamente certa.
Dopo tante polemiche, il riavvicinamento di Küng alla Chiesa di Roma era stato segnato dall’incontro con l’antico collega Ratzinger, allora sul soglio pontificio, nel settembre 2005 e dalla lettera che Papa Francesco gli aveva inviato il 20 marzo 2016 in occasione del suo ottantottesimo compleanno, che si apriva con le parole Lieber Mitbruder, «caro confratello».
6 aprile 2021

1 Commento

  1. Luigi Sirtori ha detto:

    Penso che l’errore dei padri conciliari dei quali facevano parte sia Kung che Ratzinger sia stato il tentativo di riformare una Chiesa legata ad un passato non più al passo coi tempi. La Chiesa non andava riformata, ma rifondata partendo con cieli nuovi e terre nuove per usare il suo linguaggio. Il tentativo di riformarla ha creato la spaccatura tra i riformatori (Kung) e i restauratori (Ratzinger). Dopo il pontificato riformatore tentato da Montini, ha prevalso quello restauratore di Wojtyla proseguito con Ratzinger fino alle sue dimissioni. Kung aveva chiesto un incontro con Ratzinger per convincerlo ad un cambiamento di rotta. L’incontro ci fu e Kung si meravigliò che prima di lui era stato ricevuto Martini. Quando lo vide uscire sconsolato dall’incontro capì che non sarebbe riuscito nel suo tentativo. Martini nel colloquio con Kung gli disse: “Non ascolta”. Vennero poi le dimissioni di Ratzinger da papa e adesso c’è Bergoglio. La Chiesa andava rifondata. Le riforme sono come maschere che si mettono per cercare di stare al passo del tempo, ma incidono poco se le fondamenta anche se solide sono quelle vecchie. Il Creatore nel quale la Chiesa dice di credere è sempre per il nuovo. Ogni sua creatura non è mai identica all’altra. Faccio un esempio banale. Ci sono ecclesiastici che si rendono visibili con un vestiario ridicolo con codazzi tipo spose dei matrimoni. La riforma li ha tolti, ma la restaurazione li ha reintrodotti. Non è ridicolo? Un vestirsi nuovo più sobrio e più pratico non è meglio? Penso che qui stia la differenza tra riforma e rifondazione. Kung si era come tanti illuso che la Chiesa (cattolica) che amava potesse cambiare. La realtà che abbiamo sotto gli occhi ancora oggi ne è la dimostrazione che i curiali della Chiesa la dominano ancora. Dove sono le riforme come ad esempio le donne con più potere nella Chiesa? E la diocesi milanese non è governata da un arcivescovo ex curiale? Mi auguro un futuro migliore per la Chiesa, ma nell’oggi ritengo meglio chi come me predilige l’extra ecclesiam sola salus. Se il vangelo è la Buona Notizia per un cristiano, è al vangelo e a Cristo che deve guardare non prendendolo alla lettera, ma sapendolo interpretare secondo lo Spirito e non secondo la carne.

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