Eternit: quando la Giustizia non fa giustizia

eternit
di don Giorgio De Capitani
Una sentenza simile è difficile da commentare, se non con le solite talora ipocrite proteste. Sì, ipocrite, perché si dimentica che bisognava parlare prima, quando la Ditta Eternit era ancora in funzione e tutti sapevano già che l’amianto procurava effetti deleteri, ma nessuno parlava, né da parte dei sindacati né da parte degli operai, per paura di perdere il posto di lavoro. Questa critica l’ho già fatta e la ripeto. Ora tutti all’attacco, tutti protestano, tutti si scandalizzano, tutti si stracciano le vesti. Un copione che si è ripetuto anche per l’Ilva di Taranto: operai che sono scesi in piazza, coi panini del padrone, a protestare contro la chiusura!
Anche oggi i sindacati pensano solo a fare sciopero unicamente per il mondo del lavoro. Ma che cos’è il mondo del lavoro? Solo i posti di lavoro da difendere o da pretendere a tutti i costi?
Si va in piazza per il “proprio” posto di lavoro. Tutto qui il discorso dei sindacati, e qui sta l’unica preoccupazione dei nostri operai. Non ho mai visto uno sciopero per salvaguardare l’ambiente o la salute. E allora, perché non indire uno sciopero per protestare contro una sentenza “ingiusta”, come quella emessa ieri dalla Cassazione che ha prescritto il reato commesso dai responsabili della Ditta Eternit?
Facciamo una scommessa. Se si proponesse uno sciopero contro questa sentenza, tranne naturalmente le persone coinvolte, quanti tra i lavoratori aderirebbero? Quasi nessuno! Scommettiamo?
Ecco perché ce l’ho a morte con i sindacati, che creano solo false speranze negli operai che rimangono nel loro brodo. Ma perché insisto nel criticare il mondo sindacale? Questi sindacalisti sono ottusi e farabutti.
Cerchiamo ora di fare una seria riflessione sulla sentenza. Ciò che mi ha particolarmente colpito sono le parole del Procuratore Generale Iacoviello (vorrei ricordare che Iacoviello è colui che negli anni passati aveva chiesto di salvare dalla condanna Dell’Utri, Andreotti, Squillante, Mannino e De Gennaro), il quale ha detto che «il giudice tra diritto e giustizia deve sempre scegliere il diritto»; aggiungendo: «La prescrizione non risponde a esigenze di giustizia ma ci sono momenti in cui diritto e giustizia vanno da parti opposte».
Parole chiarissime, e in un certo senso, dal punto di vista legale, legittime. Sì, dal punto di vista legale. E allora chiariamo i termini una buona volta. Dire giustizia e dire legalità non è la stessa cosa. Legale è ciò che corrisponde ad una legge, non importa se è giusta oppure no. È legge dello Stato, e basta. La giustizia (senza necessariamente usare il maiuscolo) è al di sopra della legge istituzionale. Se la legge è sbagliata, non potrò mai invocare la giustizia se non modificando la legge sbagliata. Coloro che devono fare eseguire la legge non potranno mai tra il diritto e la giustizia scegliere la giustizia. La loro professione li spinge a scegliere il diritto, che non corrisponde per forza alla giustizia.
E allora, invocare la giustizia è più che legittimo, sacrosanto, ma sarà sempre difficile ottenerla, fino a quando questa società sarà imperfetta, tanto imperfetta da far dire a un Procuratore: “il giudice tra il diritto e la giustizia deve sempre scegliere il diritto”. Perché dover scegliere, se il diritto corrispondesse alla giustizia? Il Procuratore Iacoviello ha riconosciuto che non c’è sempre corrispondenza tra il diritto e ciò che noi chiamiamo la giustizia. Ma è paradossale che il giudice si limiti a fare queste affermazioni o distinzioni, senza dover recriminare il fatto che il diritto non corrisponda alla giustizia. Mentre applica la legge dovrà nello stesso tempo lottare perché la legge corrisponda il più possibile alla giustizia.
E poi tutti sanno che il diritto, sganciato dalla giustizia, è facilmente manovrabile: si può tirare da una parte e dall’altra. Ed è qui che l’abilità dell’avvocato fa la differenza. Non dimentichiamo che uno degli avvocati di Schmidheiny in Cassazione è Franco Coppi, legale di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset. I conti tornano, come si dice. Il quadrato è perfetto.
Con ciò non intendo dire che bisogna allora darsi per vinti. Facciamo nostre le parole di Raffaele Guariniello, il magistrato che in primo grado e in Appello aveva ottenuto la condanna del magnate svizzero: «Non bisogna demordere. Non è una assoluzione. Il reato c’è ed è stato commesso con dolo. Adesso possiamo aprire il capitolo degli omicidi».
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da Articolo21.org

Eternit: quando la Giustizia non fa giustizia

di Santo Della Volpe
Trent’anni di battaglie, denunce, richieste di Verità e Giustizia, buttate al macero in poco più di 4 minuti, dopo una giornata  di discussione alla Corte di Cassazione. Per i 3500 morti dell’Eternit di Casale Monferrato, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli, non c’è stata una sentenza riparatrice, una Giustizia che risarcisse il danno massimo, la morte, almeno per alleviare la sofferenza dei familiari e per poter fare la bonifica dell’amianto, una ricerca medica adeguata per evitare altre vittime del mesotelioma alla pleura.
Tutto finito al macero con una sentenza che prescrive il reato, cancella i ricorsi, elimina ogni risarcimento delle vittime. Per il maxi processo  Eternit di Torino, pagina chiusa, tutto finito e seppellito: Stephen Schmidheiny, il magnate svizzero che ha guidato l’Eternit  per decenni, dicendo che l’amianto non faceva male, responsabile delle morti di tutte le vittime dell’Eternit, condannato a 18 anni per disastro ambientale dalla Corte d’Appello di Torino il 3 giugno 2013, può ora  dormire tranquillo. La corte di cassazione ha detto che lui è responsabile di quelle morti, ma il reato è stato prescritto dal tempo. Troppo tardi: “la prescrizione”, aveva detto il procuratore generale  anticipando, nella sua requisitoria, la tesi della prescrizione, ”non risponde a esigenze di giustizia, ma in alcuni momenti diritto e giustizia vanno in parti opposte”. Così è stato tra l’amarezza e lo stupore delle associazioni e dei familiari delle vittime che aspettavano solo  Giustizia.
“Vergogna, vergogna” hanno gridato nell’aula magna della Cassazione i familiari delle vittime dell’amiant0: e la sentenza è stata accolta con incredulità dai molti parenti delle vittime e molti rappresentanti delle istituzioni che si sono occupate delle morti per amianto e che erano in aula. “Sono sconvolta. Siamo dispiaciuti e increduli ho bisogno di qualche ora per capire come reagire, devo discutere con la giunta prima di prendere qualunque provvedimento”, ha detto il sindaco di Casale Monferrato, Concetta Palazzetti. E l’incredulità, mista a rabbia, sì traspare anche dalle parole di Bruno Pesce, l’ex segretario della Camera del Lavoro di Casale Monferrato che più di 30 anni fa iniziò la battaglia per dare giustizia ai tanti morti dell’Eternit e della città di Casale: ”che significa dire che il reato si circoscrive alla fabbrica sino a quando era produttiva?” dice, ”forse che i morti nella città di Casale Monferrato causati dall’amianto  anche trenta anni dopo non sono vittime di quella fibra che l’Eternit spargeva per tutta la città, regalandola anche agli abitanti per farci i cortili di casa? Oggi noi a Casale Monferrato abbiamo quasi un morto a settimana, 50 nuovi casi di mesotelioma ogni anno: sono vittime del caso o dell’amianto dell’Eternit? In Italia“, conclude Pesce, ”si parla molto di garantismo per gli imputati. E va benissimo, ma vorrei che si parlasse anche di garantismo per le vittime, di una giustizia che pensi ai familiari delle vittime. Ed è ora che cambi anche la legislazione sui disastri ambientali, hanno la durata di anni  e non si possono prescrivere così facilmente”. Parole indignate, soprattutto sulla tesi del Procuratore Generale Iacoviello che, anticipando addirittura le difese, aveva esposto un concetto  sulla prescrizione che  ha annullato la sentenza della Corte d’Appello di Torino: il Pg aveva detto che l’imputato è comunque responsabile di tutte le condotte  per le quali è stato condannato in appello. Ma  il Procuratore Generale ha identificato nel 1985-86, anni della chiusura dell’Eternit, il limite di queste condotte “criminali”, affermando che le morti successive non entrano nel novero delle responsabilità dell’imputati e dell’Eternit. Il giudizio deve limitarsi a chi  “accende un fuoco e non ai fuocherelli che sono conseguenza del primo atto di accensione” ha sostenuto con un esempio la Procura Generale, come se più di 3000 vittime dell’Eternit non lavoratori e successivi alla chiusura dell’impianto Eternit fosse morti non a causa dell’amianto Eternit ma per “cause  naturali”. La Corte di d’appello di Torino aveva invece stabilito che il disastro era continuato nel tempo, fino a quando ci sono  i morti per quell’amianto che ha una incubazione anche di 20-30 anni. Ed anche per questo la Procura di Torino ha già pronto un altro processo Bis per l’Eternit, questa volta con l’imputazione per Schmidheiny di omicidio colposo. Non si arrende infatti il pm Raffaele Guariniello: “Non bisogna demordere. Non è una assoluzione. Il reato c’è. E adesso possiamo aprire il capitolo degli omicidi”. “La Cassazione – ha aggiunto – non si è pronunciata per l’assoluzione. Il reato evidentemente è stato commesso, ed è stato commesso con dolo. Abbiamo quindi spazio per proseguire il nostro procedimento, che abbiamo aperto mesi fa, in cui ipotizziamo l’omicidio”. “Questo non è – ha concluso il magistrato – il momento della delusione, ma della ripresa. Noi non demordiamo“.
Una battaglia che continua; ma intanto nelle pieghe della sentenza che annulla il primo maxi processo per l’Eternit si annida anche la beffa: “all’Inail i costi per le sole prestazioni mediche ai lavoratori colpiti dalle patologie provocate dall’amianto sono costate 280 milioni di euro che non si recupereranno più perché il verdetto della Cassazione ha demolito in radice questo processo”, ha commentato l’avvocato generale dell’Inail, Giuseppe Vella.
Ora l’Inail, così come l’Inps, è stata condannata al pagamento delle spese legali, la cui cifra per ora non è nota. I due enti avevano fatto ricorso per non essere stati ammessi come parte civile dalla Corte di appello di Torino. E dulcis in fundo, anche un parente di una delle vittime dell’amianto ,che era stato escluso dal diritto degli indennizzi, è stato condannato al pagamento delle spese legali.
20 novembre 2014

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da Lettera43.it

Eternit, reato prescritto:

la Cassazione annulla la condanna

Ribaltata la sentenza ai danni del manager Schmidheiny. Esplode la rabbia dei parenti.
19 Novembre 2014
Un manifestante vestito da scheletro all’entrata della Corte.
Nessun colpevole per l’amianto. Con un autentico colpo di spugna, la Cassazione ha annullato senza rinvio, dichiarando prescritto il reato, la sentenza di condanna per il magnate svizzero Stephan Schmidheiny nel maxi processo Eternit.
La prescrizione è maturata al termine del primo grado: annullati anche i risarcimenti per le vittime e le comunità locali.
ACCOLTE LE RICHIESTE DEL PG. La Suprema Corte, dopo appena due ore di camera di consiglio, ha dunque accolto la richiesta del procuratore generale, Francesco Iacoviello, che aveva chiesto «l’annullamento senza rinvio della condanna a 18 anni per disastro ambientale ai danni di Schmidheiny» perché «tutti i reati sono prescritti». Condannate al pagamento delle spese legali, la cui cifra per ora non è nota, l’Inps e l’Inail, che avevano fatto ricorso per non essere state ammesse come parte civile dalla Corte di Appello di Torino. Con loro anche un parente di una delle vittime dell’amianto, che era stato escludo dal diritto degli indennizzi.
«VERGOGNA, VERGOGNA». La decisione della Prima sezione penale, presieduta da Arturo Cortese, ha  suscitato le immediate e rumorose proteste dei numerosi familiari delle vittime dell’amianto presenti nell’aula magna. «Vergogna, vergogna», hanno urlato in tanti, sfogando la rabbia appena dopo la lettura del verdetto. «C’è chi li ha illusi», si sono lasciate scappare fonti della procura della Cassazione, riferendosi alle aspettative delle quasi mille parti civili costituitesi al processo e che in giornata sono arrivate a Roma con la speranza di ottenere la condanna per la morte dei loro cari.
Schmidhein:  «Basta processi ingiustificati»
Il magnate svizzero, per bocca di un portavoce, ha espresso invece espresso tutta la sua soddisfazione: «La decisione della Suprema Corte conferma che il processo Eternit, nei precedenti gradi di giudizio, si è svolto in violazione dei principi del giusto processo. Schmidheiny si aspetta che ora lo Stato italiano lo protegga da ulteriori processi ingiustificati e che archivi tutti i procedimenti in corso».
«TEORIA DEL COMPLOTTO». La Corte, ha aggiunto, «ha condiviso le argomentazioni della difesa: Stephan Schmidheiny non ha mai assunto un ruolo operativo nella gestione dell’ azienda», e il gruppo svizzero è stato «il principale azionista di Eternit spa soltanto per un periodo di circa 10 anni», periodo in cui «non ha mai ricavato alcun profitto dalla sua partecipazione nella Eternit spa, anzi». E ancora: «I giudici di Torino si sono visti costretti a trovare un colpevole» per la «tragedia sociale» dell’amianto. E nelle loro sentenze «costruiscono una vera e propria teoria del complotto».
CHIAMPARINO: «PROFONDA INDIGNAZIONE». Sulla clamorosa sentenza è intervenuto anche il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino: «Apprendo con sorpresa e disappunto della decisione della Corte di Cassazione» che «non può che destare profonda indignazione. Quando il diritto cozza con le più elementari ragioni di giustizia è segno che c’è qualcosa di profondo che non funziona nei meccanismi della giustizia italiana». Concetta Palazzetti, sindaco di Casale Monferrato, uno dei centri più colpiti dalla tragedia dell’Eternit si è invece detta «dispiaciuta e amareggiata, ma «preferisco aspettare domani prima di aggiungere altro». «Domani mattina», ha proseguito, « riunirò la Giunta comunale per decidere che cosa fare».
Guariniello: «Non demordiamo, il reato c’è»
«Aspetto di leggere la sentenza», ha dichiarato Raffaele Guariniello, il magistrato che in primo grado e in Appello aveva ottenuto la condanna del magnate svizzero. «Non bisogna demordere. Non è una assoluzione. Il reato c’è ed è stato commesso con dolo. Adesso possiamo aprire il capitolo degli omicidi». Sulla stessa lunghezza d’onda l’avvocato Sergio Bonetto, che rappresenta 400 familiari delle vittime: «Questa decisione formale della Cassazione non risolve alcun problema, perché le persone continueranno a morire di amianto. Comunque, ci sono altri processi in corso e questa sera la Cassazione ha in sostanza detto che il maxi processo doveva svolgersi con l’accusa di omicidio e dunque tenderei a non escludere che il procedimento aperto con questa imputazione possa avere un esito migliore».
LA PIÙ GRANDE CAUSA SUI DANNI DELL’AMIANTO. Il maxi processo Eternit resta la più grande causa mai intentata in Europa e al mondo sul fenomeno dei danni alle persone e alle cose provocati dall’amianto. Le parti lese erano un migliaio, tra malati (soprattutto di mesotelioma), eredi dei defunti e amministrazioni locali. Il magnate svizzero Schmidheiny era stato ritenuto responsabile nei precedenti gradi di giudizio di disastro ambientale, con drammatiche conseguenze soprattutto per la salute degli operai, legate alle attività degli stabilimenti Eternit di Casale Monferrato (Alessandria), Bagnoli (Napoli) e Rubiera (Reggio Emilia). Restano in piedi altri due filoni nati dalla costola del maxi processo: uno ipotizza l’omicidio volontario per la morte di 213 lavoratori e l’atro per la morte dei dipendenti italiani dei siti produttivi all’estero.
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da Il Manifesto

Eternit, prescrizione e pietra tombale

di Mauro Ravarino, ROMA, 19.11.2014
Amianto. La prima sezione penale della corte di Cassazione annulla senza rinvio la condanna di Schmidheiny. Annullati anche i risarcimenti per le vittime. Reati prescritti al termine del primo grado
La paura era rimasta lì, ferma, come un groppo in gola, per tutto il viaggio. Congelata da un’inossidabile speranza. «Vogliamo giustizia e siamo convinti che l’avremo, dopo 35 anni di lotte», sussurrava Romana Blasotti (cinque cari morti di mesotelioma), prima di entrare nei corridoi del Palazzaccio. Con lei, a Roma per l’udienza in Cassazione, sono arrivati tanti familiari delle vittime dell’amianto: da Casale Monferrato, la città martire (50 casi di mesotelioma l’anno), Cavagnolo, Bagnoli e Rubiera. Ma anche dall’estero: Brasile, Francia, Belgio, Svizzera, Inghilterra.
D’altronde sul maxi-processo Eternit, detto «del secolo», sono stati puntati gli occhi di mezzo mondo. Perché per la prima volta veniva previsto il dolo in una causa di morti sul lavoro (per la Thyssen sopravvissuto solo in primo grado), in questo caso 3000 vittime fino al 2008, 2200 morti e 800 malati. Sul banco degli imputati, il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, condannato, dalla Corte d’appello di Torino, a 18 anni di reclusione per disastro ambientale doloso permanente. Purtroppo le strade che portano alla giustizia sono impervie e tutt’altro che infinite. La realtà è diversa. La Prima sezione penale della corte di Cassazione ha annullato il processo, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore generale (colui che, qui, rappresenta l’accusa) Francesco Iacoviello, che a fine requisitoria aveva detto: «Il processo deve essere annullato senza rinvio della condanna a Schmidheiny perché tutti i reati sono prescritti». Insomma, una pietra tombale.
Non ci crede quasi Bruno Pesce, coordinatore della vertenza amianto, prende fiato, la rabbia è tanta. Cerca di contattare la segretaria della Cgil Susanna Camusso, poi denuncia: «Noi, movimento contro l’amianto insieme al team guidato dal procuratore Guariniello, abbiamo cercato di essere pionieri in materia. Invece, non si è avuto coraggio: nei disastri ambientali le morti continuano oltre alla chiusura della fabbrica. Il polverino sparso per tutto il territorio continua a uccidere. L’amianto – continua Pesce – è una bomba a orologeria a lungo periodo, non è possibile che coloro che l’hanno innescata siano trattati come dei gran signori. Come possiamo prescrivere tutto? La richiesta del pg è incomprensibile. È ora che in Italia si apra un serio dibattito sul tema dell’ingiustizia».
I timori aleggiavano da tempo tra le associazioni di familiari. Gli esiti del caso Cucchi e del dibattimento sull’Aquila avevano turbato anche i più ottimisti. Nella sua requisitoria, il pg Iacoviello ha sottolineato come «l’imputato Schmidheiny sia responsabile di tutte le condotte che gli sono state ascritte». Ma il problema è «che il giudice tra diritto e giustizia deve sempre scegliere il diritto». Aggiungendo: «La prescrizione non risponde a esigenze di giustizia ma ci sono momenti in cui diritto e giustizia vanno da parti opposte». Quasi un déjà vu per un procuratore generale avvezzo a richieste simili. Negli anni ha chiesto di salvare dalla condanna Dell’Utri, Andreotti, Squillante, Mannino e De Gennaro. Nel curriculum ora si aggiunge Stephan Schmidheiny, classe 1947 magnate svizzero (tra i 500 uomini più ricchi del mondo), in esilio volontario in Costa Rica, amministratore delegato del Gruppo Eternit dal 1976. Un manager che seppur conoscesse il rischio letale della lavorazione decise di proseguirla. In Cassazione, Schmidheiny è stato difeso dall’avvocato Astolfo Di Amato e da Franco Coppi, legale di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset.
Il pg Iacoviello ha sottolineato le discrepanze nelle sentenze di primo grado e appello. In Corte d’assise si è specificato come il disastro cessi quando termina l’intera bonifica; in secondo grado dal momento in cui non ci saranno morti. Capovolto, inoltre, l’impianto di Guariniello, giudicato dal pg “pionieristico”. Le morti, per Iacoviello, non farebbero parte del concetto di disastro. «Per reati come il disastro “silente” o “innominato” come quello delle morti per amianto che ha una latenza di decenni, o per l’omicidio stradale servono nuove leggi e l’intervento del legislatore perché non sono più gestibili con le categorie di reato tradizionali».
Triste finale per tutta la lotta all’amianto. Le famiglie delle vittime se ne tornano a casa e tutto quello che possono fare è gridare in Aula: «Vergogna, vergogna».

5 Commenti

  1. Attilio ha detto:

    Qua vedo anche l’ombra della ex Cirielli,Berlusconi fa danno anche se non è più senatore,perché i suoi scempi rimangono…………..
    Questo signore è la disgrazia più grossa che l’Italia potesse mai avere dal dopo guerra ad oggi!!!
    Poveri noi non ci resta altro che pregare….

  2. Giuseppe ha detto:

    Credo sia inutile girarci intorno: la giustizia umana non esiste. Non esiste in quanto le sentenze e le decisioni dei tribunali si basano sulla legge scritta e non sul buon senso o su principi etici. Le leggi scritte, oltretutto, sono spesso un guazzabuglio di norme e codicilli frutto di compromessi e di trattative, che inevitabilmente possono essere manipolati e non soddisfano mai pienamente la necessità di fare realmente giustizia. Spesso, infatti , l’abilità di un avvocato o dei magistrati in genere, si misura con la loro capacità di riuscire a trovare l’escamotage o lo spiraglio che le norme gli offrono per aggirare gli ostacoli e/o per interpretarle a vantaggio di chi si patrocina. Trovo che sia necessario aggiungere una breve riflessione sul l’istituto della prescrizione, di per sé anche giustificabile in certi casi, ma che specie nel passato recente ha assunto contorni paradossali ed stato più volte rimescolato secondo i comodi di imputati eccellenti, tant’è vero che è diventato uno dei mezzi più usati dagli avvocati per raggiungere i propri scopi. Non credo che ci voglia un esperto di diritto o un luminare della giurisprudenza per affermare, in tutta onestà, che per alcuni tipi di reato la prescrizione non dovrebbe esistere, o comunque non dovrebbe essere applicata, in modo particolare quando i loro effetti si protraggono nel tempo. E la questione Eternit è una di queste, perché sappiamo bene che la scia della contaminazione da amianto si protrae a lungo negli anni. E per quanto possano essere lontani nel tempo i fatti su cui si basa il processo, come se non bastassero tutte le vittime accertate, ancora oggi ci sono persone che continuano ad ammalarsi e a morire. Se non sbaglio, qualcuno più in gamba di noi, e molto più saggio, ha affermato che non è l’uomo a dover servire la legge, ma la legge che dovrebbe servire all’uomo.

  3. zorro ha detto:

    E qui c’e’ l’esempio che il capitale vince sulla dignita’ umana questa e’ lo specchio della nostra societa’ piu’ becera.Certe sentenze non devono creare il caso altrimenti sai quanti risarcimenti le societa’ per malattie professionali devono risarcire ? Queste considerazioni l’apparato le fa .Ma Renzi non deve mica cambiare e rottamare l’Italia?perche’ non inizia da qui?

  4. GIANNI ha detto:

    In teoria, il diritto dovrebbe dare certezze.
    Invece non le dà.
    Ma non tanto, o non solo, perchè certe leggi non sono giuste, o non tutelano a sufficienza certe situazioni.
    Ma anche e sopratutto perchè, poi, nel diritto vince l’interpretazione.
    Se le leggi fossero davvero applicabili uniformemente, cioè uguali per tutti, allora non sarebbe neppure necessario il lavoro del giurista.
    Invece…
    consideriamo appunto gli esempi di ci si parla, anche quelli che riguardano il caso Cucchi…
    E non esistono solo diverse interpretazioni delle leggi, ma anche delle prove, degli elementi di fatto.
    Anche da parte di diversi procuratori.
    Così Guariniello non la pensa come il procuratore generale in Cassazione.
    Nel caso Cucchi i pm erano convinti che vi fossero prove di colpevolezza, i giudici no.
    Nel reato di disastro ambientale, praticamente è stata seguita dalla cassazione una certa linea interpretativa del tema causa-effetto.
    Per procuratori come Guariniello l’effetto di certe morti è riconducibile a certe cause, anche a prescindere dalla data di chiusura dell’azienda, ma per il PG no.
    Qui, più che di leggi giuste o meno, si tratta di diverse interpretazioni dei fatti.
    Anche a fronte della stessa legge il nesso di causalità tra atti diversi taluno lo scorge e taluno no.
    Insomma, tanti anni fa, quando iniziai a studiare diritto, sinceramente pensavo vi fosse certezza, poi invece mi accorsi che l’applicazione del diritto è una delle cose più incerte che esista.
    E nelle aule giudiziarie non solo è incerta l’applicazione del diritto, ma anche l’analisi dei fatti, tanto che per taluni un fatto è successo e per altri no.
    Credo comunque fondata la tesi della perseguibilità per singoli reati di omicidio, anche a prescindere dalla tesi della prescrizione per disastro colposo.
    E qui quante discussioni verranno fuori…dolo o colpa?
    Reato colposo o doloso?..e via di questo passo…..
    Aggiungo solo che talora certi pm e certi avvocati rappresentanti di una parte civile dovrebbero in ogni caso essere più cauti, e, prima di cantare vittoria come fosse una cosa scontata……

  5. Edoardo ha detto:

    Dobbiamo avere fiducia nella Giustizia, si diceva.

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