Disobbedienza come virtù

 

di don Giorgio De Capitani

Non credo ancora (magari in seguito) nella democrazia della Chiesa, ma sono convinto che tutto verrà di nuovo risolto dall’alto, fingendo di interpellare la base. Sì, qualcosa di nuovo c’è: la finzione di essere democratici, ciò che un tempo non c’era, perché nemmeno si poteva pensare di interrogare la base. Ma vorrei essere ancora più radicale di Hans Küng: per ottenere qualcosa di autenticamente evangelico nella Chiesa, bisogna DISOBBEDIRE!

I preti dovrebbero agire secondo coscienza, senza tener conto di una gerarchia ingessata e fortemente dis-umana, ma tenendo conto di ciò che è la Buona Novella, che non è per i già perfetti, e nemmeno per gli ipocriti, che sono in regola con il diritto canonico, ma che poi ne fanno di tutti i colori, però… possono accostarsi ai sacramenti.

Certo, Dio perdona anche i delinquenti, gli assassini, i farabutti, purché si pentano al momento (tanto basta per ricevere i sacramenti!), ma, secondo la Chiesa e il suo codice, Dio (quale Dio?) non può permettere che i divorziati risposati possano accedere alla Sua grazia. Come potrebbero pentirsi? Disfare il loro attuale matrimonio, che, magari e senza magari, è fondato su un autentico amore: un amore che non sempre è presente nei matrimoni cosiddetti “regolari”?  

Sì, bisogna DISOBBEDIRE! La millenaria storia della Chiesa insegna una cosa: tutto ciò che di buono e di aperto all’umanità si è ottenuto, è stato frutto, non tanto di discussioni teologiche o di aperture provvidenziali della Chiesa, ma ad opera di scomodi profeti che hanno pagato con la vita la loro “presunta” eresia.

I profeti obbediscono prima alla coscienza e poi eventualmente  alla gerarchia. I veri profeti hanno sempre disobbedito alle chiusure di una gerarchia, che prediligeva la struttura oggettiva (quella di potere) alla coscienza soggettiva dei singoli, che è il cuore del divino.

Le conclusioni del questionario inviato a tutte le diocesi e a tutte le comunità parrocchiali saranno ancora una volta deludenti e false, per il fatto che saranno interpellati o tenuti in considerazione quei quattro gatti di ottusi cristiani, che hanno una mentalità di fede chiusa e tradizionalista e che pensano solo a fare feste mangerecce, o a ingannare il tempo con qualche opera pia.

E a che servirà raccogliere il risultato del questionario, quando poi, anche nel caso ci fossero stimoli interessanti, a dire l’ultima parola sarà ancora il Papa? Ma il Papa ha bisogno di sentire la base più aperta, quando già sa come la pensa? Vuole garantirsi dietro un popolo di Dio che da anni sta protestando perché la Chiesa si tolga dalla sua auto-referenzialità strutturale?

E sono sicuro che al massimo si arriverà ad un compromesso, ad una via di mezzo che scontenterà tutti, i tradizionalisti fedeli all’ortodossia più rigidamente canonica e i progressisti che vorrebbero una soluzione più radicale.

Ma nel frattempo si augura che ci siano contestazioni più aperte, coraggiose prese di posizione anche da parte dei vescovi più decisi, e soprattutto che si metta la gerarchia dottrinale davanti al fatto compiuto. E questo richiede DISOBBEDIENZA!

da Vatican Insider

29/11/2013

Tensione Roma-Germania per la comunione ai divorziati

Il tema è uno dei più delicati e sentiti dalla comunità ecclesiale, soprattutto in preparazione del Sinodo sulla famiglia del 2014

Marco Tosatti

Roma

C’è una tensione chiara e aperta fra il Vaticano e una parte dei vescovi tedeschi su un tema difficile, che da decenni impegna teologi e studiosi di tutto il mondo alla ricerca di una soluzione: quello della comunione ai divorziati risposati. Cioè a coloro che sposati in chiesa, non hanno ancora ottenuto l’annullamento del primo legame e si sono risposati civilmente. E di conseguenza non possono ricevere l’eucarestia, perché secondo la dottrina della Chiesa vivono in una situazione di peccato. Benedetto XVI aveva molto a cuore la questione (propose anche un digiuno eucaristico di “solidarietà”) ma non riuscì a trovare una soluzione. Il problema, nella questione, è costituito dalle parole del Vangelo a proposito del divorzio. Uno dei temi sui quali Gesù è stato chiaro ed esplicito.

È noto che anche papa Bergoglio ha estremamente a cuore il problema; e anche per questo è stato indetto per il prossimo anno il Sinodo sulla Famiglia. Ma i vescovi tedeschi si stanno muovendo in maniera autonoma. Qualche settimana fa si venne a sapere che la diocesi di Freiburg stava lavorando a un documento teso a permettere ad alcune fasce di divorziati-risposati di accedere ai sacramenti. L’eco mediatica fu molto ampia.

E la reazione di Roma non si fece attendere. Il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’arcivescovo tedesco Gerhard Ludwig Müller, uno dei primi collaboratori diretti di papa Francesco a essere confermati nel suo incarico, chiese alla diocesi di ritirare la proposta, perché “creerebbe confusione fra i fedeli sull’insegnamento della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio”.

Gerhard Müller scrisse al presidente dei vescovi tedeschi, l’8 ottobre, dicendo che le linee guida rese note dalla diocesi contenevano “una terminologia non chiara”, e violavano l’insegnamento della Chiesa, quando suggerivano che le persone interessate potevano prende una “decisione responsabile nella loro coscienza” per ricevere i sacramenti dopo aver consultato un prete.

Il Prefetto rese chiara poi la sua posizione in un lungo articolo sull’Osservatore Romano, affermando fra l’altro che “l’intera economia sacramentale” non può essere spazzata via da un “appello alla clemenza”. E aggiunse che se i divorziati-risposati erano “convinti in coscienza che il loro precedente matrimonio era invalido”, questa convinzione deve essere “provata oggettivamente” da un tribunale ecclesiastico, come vuole la legge.

Roma locuta, causa finita; così si usava dire un tempo, ma non sembra questo il caso. Il card. Reinhard Marx di Monaco, uno degli otto consiglieri del Papa per la riforma della Curia ha preso posizione dicendo che lo stop della Dottrina della Fede “non poteva chiudere la discussione”. E infatti il vescovo Gebhard Fürst di Stoccarda ha detto nei giorni scorsi a un gruppo di laici, il Comitato Centrale dei cattolici tedeschi, che i vescovi tedeschi hanno già stilato una bozza delle nuove linee guida per l’eucaristia ai divorziati-risposati, e sperano di votare queste nuove regole nel marzo del 2014. Gebhard Fürst ha detto che la gerarchia sta rispondendo alle domande dei fedeli: “Le aspettative sono grandi, e l’impazienza e l’ira sono ancora più grandi”.

E naturalmente c’è chi si appoggia alle intenzioni del Papa. Uwe Renz, portavoce della diocese di Rottenburg-Stuttgart, ha dichiarato che i vescovi agiscono “nello spirito dell’insegnamento papale”.

“Il nostro processo di dialogo ha mostrato che questo è un tema di grande importanza sia per i laici che per i sacerdoti”. E ha aggiunto: “Papa Francesco ha esortato i vescovi a esercitare un discernimento pastorale saggio e realistico in questi problemi, e i nostri vescovi vogliono che i cattolici divorziati e risposati facciano parte pienamente della comunità della Chiesa, a pieno diritto”.

Appare probabile però che questo genere di posizione renda più complicato e meno sereno il processo di preparazione del Sinodo sulla Famiglia, creando tensioni crescenti e più evidenti fra la Conferenza episcopale tedesca e Roma. E, di converso, ponga interrogativi anche sulle prospettiva di decentralizzazione volute da papa Bergoglio.

Ecco il Documento preparatorio con le 38 domande del questionario predisposto per la consultazione del Popolo di Dio in preparazione del Sinodo sulla famiglia nell’ottobre 2014. Il questionario è stato inviato a tutte le diocesi perché vengano consultate tutte le chiese locali del mondo. L'arcivescovo Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo, ha specificato: “Non è un sondaggio così come lo si intende oggi, e nemmeno un referendum. È stata invece la volontà di conoscere direttamente dalle persone quella che è la loro esperienza non solo individuale ma anche di gruppo, per raccogliere dati statistici, riflessioni, elaborazioni. Così i vescovi del Sinodo avranno il polso della situazione senza doverla trarre dai libri o dalle indagini sociologiche. Il nostro questionario è molto di più di un'indagine sociologica. È una riflessione anche ecclesiale e spirituale. E le domande sono aperte…».

 


 

S I N O D O D E I V E S C O V I

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III ASSEMBLEA GENERALE STRAORDINARIA

LE SFIDE PASTORALI SULLA FAMIGLIA

NEL CONTESTO DELL’EVANGELIZZAZIONE

DOCUMENTO PREPARATORIO

CITTA DEL VATICANO

2013

I – Il Sinodo: famiglia ed evangelizzazione

La missione di predicare il Vangelo a ogni creatura è stata affidata direttamente dal Signore ai suoi discepoli e di essa la Chiesa è portatrice nella storia. Nel tempo che stiamo vivendo l’evidente crisi sociale e spirituale diventa una sfida pastorale, che interpella la missione evangelizzatrice della Chiesa per la famiglia, nucleo vitale della società e della comunità ecclesiale.

Proporre il Vangelo sulla famiglia in questo contesto risulta quanto mai urgente e necessario.

L’importanza del tema emerge dal fatto che il Santo Padre ha deciso di stabilire per il Sinodo dei Vescovi un itinerario di lavoro in due tappe: la prima, l’Assemblea Generale Straordinaria del 2014, volto a precisare lo “status quaestionis” e a raccogliere testimonianze e proposte dei Vescovi per annunciare e vivere credibilmente il Vangelo per la famiglia; la seconda, l’Assemblea Generale Ordinaria del 2015, per cercare linee operative per la pastorale della persona umana e della famiglia.

Si profilano oggi problematiche inedite fino a pochi anni fa, dalla diffusione delle coppie di fatto, che non accedono al matrimonio e a volte ne escludono l’idea, alle unioni fra persone dello stesso sesso, cui non di rado è consentita l’adozione di figli. Fra le numerose nuove situazioni che richiedono l’attenzione e l’impegno pastorale della Chiesa basterà ricordare: matrimoni misti o inter-religiosi; famiglia monoparentale; poligamia; matrimoni combinati con la conseguente problematica della dote, a volte intesa come prezzo di acquisto della donna; sistema delle caste; cultura del non-impegno e della presupposta instabilità del vincolo; forme di femminismo ostile alla

Chiesa; fenomeni migratori e riformulazione dell’idea stessa di famiglia; pluralismo relativista nella

concezione del matrimonio; influenza dei media sulla cultura popolare nella comprensione delle nozze e della vita familiare; tendenze di pensiero sottese a proposte legislative che svalutano la permanenza e la fedeltà del patto matrimoniale; diffondersi del fenomeno delle madri surrogate (utero in affitto); nuove interpretazioni dei diritti umani. Ma soprattutto in ambito più strettamente

ecclesiale, indebolimento o abbandono della fede nella sacramentalità del matrimonio e nel potere terapeutico della penitenza sacramentale.

Da tutto questo si comprende quanto urgente sia che l’attenzione dell’episcopato mondiale “cum et sub Petro” si rivolga a queste sfide. Se ad esempio si pensa al solo fatto che nell’attuale contesto molti ragazzi e giovani, nati da matrimoni irregolari, potranno non vedere mai i loro genitori accostarsi ai sacramenti, si comprende quanto urgenti siano le sfide poste all’evangelizzazione dalla situazione attuale, peraltro diffusa in ogni parte del “villaggio globale”.

Questa realtà ha una singolare rispondenza nella vasta accoglienza che sta avendo ai nostri giorni l’insegnamento sulla misericordia divina e sulla tenerezza nei confronti delle persone ferite, nelle periferie geografiche ed esistenziali: le attese che ne conseguono circa le scelte pastorali riguardo alla famiglia sono amplissime. Una riflessione del Sinodo dei Vescovi su questi temi appare perciò

tanto necessaria e urgente, quanto doverosa come espressione di carità dei Pastori nei confronti di

quanti sono a loro affidati e dell’intera famiglia umana.

II – La Chiesa e il vangelo sulla famiglia

La buona novella dell’amore divino va proclamata a quanti vivono questa fondamentale esperienza umana personale, di coppia e di comunione aperta al dono dei figli, che è la comunità familiare. La dottrina della fede sul matrimonio va presentata in modo comunicativo ed efficace, perché essa sia in grado di raggiungere i cuori e di trasformarli secondo la volontà di Dio manifestata in Cristo Gesù.

Circa il richiamo delle fonti bibliche su matrimonio e famiglia, in questa sede si riportano solo i riferimenti essenziali. Così pure per i documenti del Magistero sembra opportuno limitarsi ai documenti del Magistero universale della Chiesa, integrandoli con alcuni testi del Pontificio Consiglio della Famiglia e rimandando ai Vescovi partecipanti al Sinodo il compito di dar voce ai

documenti dei loro rispettivi organismi episcopali.

In ogni tempo e nelle più diverse culture non è mai mancato né l’insegnamento chiaro dei pastori né la testimonianza concreta dei credenti, uomini e donne, che in circostanze molto differenti hanno vissuto il Vangelo sulla famiglia come un dono incommensurabile per la vita loro e dei loro figli. L’impegno per il prossimo Sinodo Straordinario è mosso e sostenuto dal desiderio di comunicare a tutti, con incisività maggiore, questo messaggio, sperando così che «il tesoro della rivelazione, affidato alla Chiesa, riempia sempre più il cuore degli uomini» (DV 26).

Il progetto di Dio Creatore e Redentore

La bellezza del messaggio biblico sulla famiglia ha la sua radice nella creazione dell’uomo e della donna fatti entrambi a immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1,24-31; 2, 4b-25). Legati da un vincolo sacramentale indissolubile, gli sposi vivono la bellezza dell’amore, della paternità, della maternità e della dignità suprema di partecipare così alla opera creatrice di Dio.

Nel dono del frutto della loro unione assumono la responsabilità della crescita e dell’educazione di altre persone per il futuro del genere umano. Attraverso la procreazione l’uomo e la donna compiono nella fede la vocazione all’essere collaboratori di Dio nella custodia del creato e nella crescita della famiglia umana.

Il Beato Giovanni Paolo II ha commentato quest’aspetto nella Familiaris Consortio: «Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (cf. Gen 1,26s): chiamandolo all’esistenza per amore, l’ha chiamato nello stesso tempo all’amore. Dio è amore (1Gv 4,8) e vive in se stesso un mistero di comunione personale d’amore. Creandola a sua immagine e continuamente conservandola nell’essere, Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la

responsabilità dell’amore e della comunione (cf. Gaudium et Spes, 12). L’amore è, pertanto, la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano» (FC, n. 11).

Questo progetto di Dio creatore, che il peccato originale ha sconvolto (cf. Gn 3, 1-24), si è manifestato nella storia attraverso le vicende del popolo eletto fino alla pienezza dei tempi, allorché,

con l’incarnazione il Figlio di Dio non solo confermò la volontà divina di salvezza, ma con la redenzione offrì la grazia di obbedire a questa medesima volontà.

Il Figlio di Dio, Verbo fatto carne (cf. Gv 1,14) nel grembo della Vergine Madre è vissuto e cresciuto nella famiglia di Nazaret, e ha partecipato alle nozze di Cana di cui ha arricchito la festa con il primo dei suoi “segni” (cf. Gv 2,1-11). Egli ha accettato con gioia l’accoglienza familiare dei

suoi primi discepoli (cf. Mc 1,29-31; 2,13-17) e ha consolato il lutto della famiglia dei suoi amici a

Betania (cf. Lc 10,38-42; Gv 11,1-44).

Gesù Cristo ha ristabilito la bellezza del matrimonio riproponendo il progetto unitario di Dio, che era stato abbandonato per la durezza del cuore umano persino all’interno della tradizione del popolo di Israele (cf. Mt 5,31-32; 19.3-12; Mc 10,1-12; Lc 16,18). Tornando all’origine Gesù ha insegnato l’unità e la fedeltà degli sposi, rifiutando il ripudio e l’adulterio.

Proprio attraverso la straordinaria bellezza dell’amore umano – già celebrata con accenti ispirati nel Cantico dei Cantici, e del legame sponsale richiesto e difeso da Profeti come Osea (cf. Os 1,2-3,3) e Malachia (cf. Ml 2,13-16) –, Gesù ha affermato l’originaria dignità dell’amore dell’uomo e della donna.

L’insegnamento della Chiesa sulla famiglia

Anche nella comunità cristiana primitiva la famiglia apparve come la «Chiesa domestica» (cf. CCC,1655): Nei cosiddetti “codici familiari” delle Lettere apostoliche neotestamentarie, la grande famiglia del mondo antico è identificata come il luogo della solidarietà più profonda tra mogli e mariti, tra genitori e figli, tra ricchi e poveri (cf. Ef 5,21-6,9; Col 3,18-4,1; 1Tm 2,8-15; Tt 2,1-10; 1Pt 2,13-3,7; cf. inoltre anche la Lettera a Filemone). In particolare, la Lettera agli Efesini ha individuato nell’amore nuziale tra l’uomo e la donna «il mistero grande», che rende presente nel mondo l’amore di Cristo e della Chiesa (cf. Ef 5,31-32).

Nel corso dei secoli, soprattutto nell’epoca moderna fino ai nostri giorni, la Chiesa non ha fatto mancare un suo costante e crescente insegnamento sulla famiglia e sul matrimonio che la fonda. Una delle espressioni più alte è stata proposta dal Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes, che trattando alcuni dei problemi più urgenti dedica un intero capitolo alla promozione della dignità del matrimonio e della famiglia, come appare nella descrizione del suo valore per la costituzione della società: «la famiglia, nella quale le diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a raggiungere una saggezza umana più completa e ad armonizzare i diritti della persona con le altre esigenze della vita sociale, è veramente il fondamento della società» (GS 52). Di speciale intensità è l’appello a una spiritualità cristocentrica per gli sposi credenti: «i coniugi stessi, creati ad immagine del Dio vivente e muniti di un’autentica dignità personale, siano uniti da un uguale mutuo affetto, dallo stesso modo di sentire, da comune santità, così che, seguendo Cristo principio di vita nelle gioie e nei sacrifici della loro vocazione, attraverso il loro amore fedele possano diventare testimoni di quel mistero di amore che il Signore ha rivelato al mondo con la sua morte e la sua risurrezione» (GS 52).

Anche i Successori di Pietro dopo il Concilio Vaticano II hanno arricchito con il loro Magistero la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia, in particolare Paolo VI con la Enciclica Humanae vitae, che offre specifici insegnamenti di principio e di prassi. Successivamente il Papa Giovanni Paolo II nella Esortazione Apostolica Familiaris consortio volle insistere nel proporre il disegno divino circa la verità originaria dell’amore sponsale e della famiglia: «Il “luogo” unico, che rende possibile questa donazione secondo l’intera sua verità, è il matrimonio, ossia il patto di amore coniugale o scelta cosciente e libera, con la quale l’uomo e la donna accolgono l’intima comunità di vita e d’amore, voluta da Dio stesso (cfr. Gaudium et Spes, 48), che solo in questa luce manifesta il suo vero significato. L’istituzione matrimoniale non è una indebita ingerenza della società o dell’autorità, né l’imposizione estrinseca di una forma, ma esigenza interiore del patto d’amore coniugale che pubblicamente si afferma come unico ed esclusivo perché sia vissuta così la piena fedeltà al disegno di Dio Creatore. Questa fedeltà, lungi dal mortificare la libertà della persona, la pone al sicuro da ogni soggettivismo e relativismo, la fa partecipe della Sapienza creatrice»(FC 11).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica raccoglie questi dati fondamentali: «L’alleanza matrimoniale, mediante la quale un uomo e una donna costituiscono fra loro un’intima comunione di vita e di amore, è stata fondata e dotata di sue proprie leggi dal Creatore. Per sua natura è ordinata al bene dei coniugi così come alla generazione e all’educazione della prole. Tra battezzati essa è stata elevata da Cristo Signore alla dignità di sacramento [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48; Codice di Diritto Canonico, 1055, 1]» (CCC 1660).

La dottrina esposta nel Catechismo tocca sia i principi teologici sia i comportamenti morali, trattati sotto due titoli distinti: Il sacramento del matrimonio (nn. 1601-1658) e Il sesto comandamento (nn. 2331-2391). L’attenta lettura di queste parti del Catechismo procura una comprensione aggiornata della dottrina della fede a sostegno dell’azione della Chiesa davanti alle sfide odierne. La sua pastorale trova ispirazione nella verità del matrimonio visto nel disegno di Dio che ha creato maschio e femmina e nella pienezza del tempo ha rivelato in Gesù anche la pienezza dell’amore sponsale elevato a sacramento. Il matrimonio cristiano fondato sul consenso è anche dotato di propri effetti quali sono i beni e i compiti degli sposi, tuttavia non è sottratto al regime del peccato (cfr. Gen 3,1-24) che può procurare ferite profonde e anche offese alla dignità stessa del sacramento.

La recente Enciclica di Papa Francesco, Lumen Fidei, parla della famiglia nel suo legame con la fede che rivela «quanto possono essere saldi i vincoli tra gli uomini quando Dio si rende presente in mezzo ad essi» (LF 50). «Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia. Penso anzitutto all’unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio.

Essa nasce dal loro amore, segno e presenza dell’amore di Dio, dal riconoscimento e dall’accettazione della bontà della differenza sessuale, per cui i coniugi possono unirsi in una sola carne (cf. Gn 2,24) e sono capaci di generare una nuova vita, manifestazione della bontà del Creatore, della sua saggezza e del suo disegno di amore. Fondati su quest’amore, uomo e donna possono promettersi l’amore mutuo con un gesto che coinvolge tutta la vita e che ricorda tanti tratti della fede. Promettere un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre un disegno più grande dei propri progetti, che ci sostiene e ci permette di donare l’intero futuro alla persona amata» (LF 52). «La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità» (LF 53).

III – Questionario

Le seguenti domande permettono alle Chiese particolari di partecipare attivamente alla preparazione del Sinodo Straordinario, che ha lo scopo di annunciare il Vangelo nelle sfide pastorali di oggi circa la famiglia.

1 – Sulla diffusione della Sacra Scrittura e del Magistero della Chiesa riguardante la famiglia

a) Qual è la reale conoscenza degli insegnamenti della Bibbia, della “Gaudium et spes”, della “Familiaris consortio” e di altri documenti del Magistero postconcilare sul valore della famiglia secondo la Chiesa Cattolica? Come i nostri fedeli vengono formati alla vita familiare secondo l’insegnamento della Chiesa?

b) Dove l’insegnamento della Chiesa è conosciuto, è integralmente accettato? Si verificano difficoltà nel metterlo in pratica? Quali?

c) Come l’insegnamento della Chiesa viene diffuso nel contesto dei programmi pastorali a livello nazionale, diocesano e parrocchiale? Quale catechesi si fa sulla famiglia?

d) In quale misura – e in particolari su quali aspetti – tale insegnamento è realmente conosciuto, accettato, rifiutato e/o criticato in ambienti extra ecclesiali? Quali sono i fattori culturali che ostacolano la piena ricezione dell’insegnamento della Chiesa sulla famiglia?

2 – Sul matrimonio secondo la legge naturale

a) Quale posto occupa il concetto di legge naturale nella cultura civile, sia a livello istituzionale, educativo e accademico, sia a livello popolare? Quali visioni dell’antropologia sono sottese a questo dibattito sul fondamento naturale della famiglia?

b) Il concetto di legge naturale in relazione all’unione tra l’uomo e la donna è comunemente accettato in quanto tale da parte dei battezzati in generale?

c) Come viene contestata nella prassi e nella teoria la legge naturale sull’unione tra l’uomo e la donna in vista della formazione di una famiglia? Come viene proposta e approfondita negli organismi civili ed ecclesiali?

d) Se richiedono la celebrazione del matrimonio battezzati non praticanti o che si dichiarino non credenti, come affrontare le sfide pastorali che ne conseguono?

3 – La pastorale della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione

a) Quali sono le esperienze nate negli ultimi decenni in ordine alla preparazione al matrimonio? Come si è cercato di stimolare il compito di evangelizzazione degli sposi e della famiglia? Come promuovere la coscienza della famiglia come “Chiesa domestica”?

b) Si è riusciti a proporre stili di preghiera in famiglia che riescano a resistere alla complessità della vita e della cultura attuale?

c) Nell’attuale situazione di crisi tra le generazioni, come le famiglie cristiane hanno saputo realizzare la propria vocazione di trasmissione della fede?

d) In che modo le Chiese locali e i movimenti di spiritualità familiare hanno saputo creare percorsi esemplari?

e) Qual è l’apporto specifico che coppie e famiglie sono riuscite a dare in ordine alla diffusione di una visione integrale della coppia e della famiglia cristiana credibile oggi?

f) Quale attenzione pastorale la Chiesa ha mostrato per sostenere il cammino delle coppie in formazione e delle coppie in crisi?

4 – Sulla pastorale per far fronte ad alcune situazioni matrimoniali difficili

a) La convivenza ad experimentum è una realtà pastorale rilevante nella Chiesa particolare? In quale percentuale si potrebbe stimare numericamente?

b) Esistono unioni libere di fatto, senza riconoscimento né religioso né civile? Vi sono dati statistici affidabili?

c) I separati e i divorziati risposati sono una realtà pastorale rilevante nella Chiesa particolare? In quale percentuale si potrebbe stimare numericamente? Come si fa fronte a questa realtà attraverso programmi pastorali adatti?

d) In tutti questi casi: come vivono i battezzati la loro irregolarità? Ne sono consapevoli? Manifestano semplicemente indifferenza? Si sentono emarginati e vivono con sofferenza l’impossibilità di ricevere i sacramenti?

e) Quali sono le richieste che le persone divorziate e risposate rivolgono alla Chiesa a proposito dei sacramenti dell’Eucaristia e della Riconciliazione? Tra le persone che si trovano in queste situazioni, quante chiedono questi sacramenti?

f) Lo snellimento della prassi canonica in ordine al riconoscimento della dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale potrebbe offrire un reale contributo positivo alla soluzione delle problematiche delle persone coinvolte? Se sì, in quali forme?

g) Esiste una pastorale per venire incontro a questi casi? Come si svolge tale attività pastorale? Esistono programmi al riguardo a livello nazionale e diocesano? Come viene annunciata a separati e divorziati risposati la misericordia di Dio e come viene messo in atto il sostegno della Chiesa al loro cammino di fede?

5 – Sulle unioni di persone della stesso sesso

a) Esiste nel vostro paese una legge civile di riconoscimento delle unioni di persone dello stesso sesso equiparate in qualche modo al matrimonio?

b) Quale è l’atteggiamento delle Chiese particolari e locali sia di fronte allo Stato civile promotore di unioni civili tra persone dello stesso sesso, sia di fronte alle persone coinvolte in questo tipo di unione?

c) Quale attenzione pastorale è possibile avere nei confronti delle persone che hanno scelto di vivere secondo questo tipo di unioni?

d) Nel caso di unioni di persone dello stesso sesso che abbiano adottato bambini come comportarsi pastoralmente in vista della trasmissione della fede?

6 – Sull’educazione dei figli in seno alle situazioni di matrimoni irregolari

a) Qual è in questi casi la proporzione stimata di bambini e adolescenti in relazione ai bambini nati e cresciuti in famiglie regolarmente costituite?

b) Con quale atteggiamento i genitori si rivolgono alla Chiesa? Che cosa chiedono? Solo i sacramenti o anche la catechesi e l’insegnamento in generale della religione?

c) Come le Chiese particolari vanno incontro alla necessità dei genitori di questi bambini di offrire un’educazione cristiana ai propri figli?

d) Come si svolge la pratica sacramentale in questi casi: la preparazione, l’amministrazione del sacramento e l’accompagnamento?

7 – Sull’apertura degli sposi alla vita

a) Qual è la reale conoscenza che i cristiani hanno della dottrina della Humanae vitae sulla paternità responsabile? Quale coscienza si ha della valutazione morale dei differenti metodi di regolazione delle nascite? Quali approfondimenti potrebbero essere suggeriti in materia dal punto di vista pastorale?

b) È accettata tale dottrina morale? Quali sono gli aspetti più problematici che rendono difficoltosa l’accettazione nella grande maggioranza delle coppie?

c) Quali metodi naturali vengono promossi da parte delle Chiese particolari per aiutare i coniugi a mettere in pratica la dottrina dell’Humanae vitae?

d) Qual è l’esperienza riguardo a questo tema nella prassi del sacramento della penitenza e nella partecipazione all’eucaristia?

e) Quali contrasti si evidenziano tra la dottrina della Chiesa e l’educazione civile al riguardo?

f) Come promuovere una mentalità maggiormente aperta alla natalità? Come favorire la crescita delle nascite?

8 – Sul rapporto tra la famiglia e persona

a) Gesù Cristo rivela il mistero e la vocazione dell’uomo: la famiglia è un luogo privilegiato perché questo avvenga?

b) Quali situazioni critiche della famiglia nel mondo odierno possono diventare un ostacolo all’incontro della persona con Cristo?

c) In quale misura le crisi di fede che le persone possono attraversare incidono nella vita familiare?

9 – Altre sfide e proposte

Ci sono altre sfide e proposte riguardo ai temi trattati in questo questionario, avvertite come urgenti o utili da parte dei destinatari?

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14 Commenti

  1. Patrizia ha detto:

    Per prima cosa, si vieta l’eucarestia ai divorziati, ed a politici corrotti,mafiosi e quant’altro, la danno.
    E secondo, con un questionario del genere, c’è un unica cosa da farci(ci siamo capiti).

  2. Giuseppe ha detto:

    Beh se vogliamo, il primo a disobbedire è stato Gesù Cristo, non conformandosi alle manifestazioni esteriori della religione ebraica e sfidando apertamente gli Scribi e i Farisei.

    • trevize ha detto:

      @Giuseppe
      Stando al cattolicesimo, Gesù Cristo ha obbedito al volere del Padre… nello stesso modo chi è mosso dallo Spirito non si cura delle imposizioni religiose e di ciò che pensa la gente. Le azioni si producono naturalmente, senza essere state programmate. Non c’è dunque volontà di disubbidienza, essa è invece un risultato non voluto.

  3. trevize ha detto:

    Disobbedire implica un riconoscimento dell’autorità altrui. Può sembrare una modalità di cambiamento ma, alla fine dei conti, tutto torna come prima. Pensiamo a S. Francesco e come la chiesa lo utilizzò per sedare il sentimento di insofferenza del tempo perseguendo il proprio obiettivo: non cambiare nulla. Fantasticare in un cambiamento è una suggestione… dopo qualche tempo si torna nei ranghi. (sic)
    Una qualunque religione per sopravvivere deve negare la possibilità di un dialogo diretto con l’Assoluto, negare una spiritualità senza alcun intermediario in cui tutti possano svolgere i “riti sacri” anche a casa propria, in cui la strada da percorrere è indicata da semplici fratelli che non suggeriscono il “passo successivo” ma permettano un ascolto interiore sempre più profondo. Questa sarebbe la vera rivoluzione ed è ciò di cui le religioni hanno una paura fottuta.

  4. GIANNI ha detto:

    Intanto, vorrei far presente un’iniziativa che credo interessi a diverse persone.
    Assunta da taluni avvocati, tra quelli abilitati all’esercizio nell’ordinamento canonico, consiste nell’assistere in un certo numero di casi, del tutto gratuitamente, coloro che richiedono una declaratoria di nullità del precedente matrimonio canonico o concordatario, proprio come contributo a rimuovere gli ostacoli pratici verso questo tipo di richiesta.

    Quanto al tema principale, il rapporto tra vescovi o sacerdoti e struttura gerarchica, a mio avviso, in caso di disobbedienza generalizzata, necessariamente verrebbe a concretizzarsi una delle ipotesi previste da Kung, in pratica l’uscita dall’attuale chiesa.

    Riflettiamo infatti su tale aspetto:
    se tutti o la maggior parte dei vescovi e sacerdoti si ponessero in contrasto con il tradizionale magistero cattolico, sostenuto invece dalla gerarchia, cosa potrebbe succedere?
    O una chiusura della gerarchia, che dichiarasse, come già fatto dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’arcivescovo tedesco Gerhard Ludwig Müller, la tradizionale impostazione cattolica, o altre ipotesi, che esamino nel prosieguo.
    In questa prima ipotesi, o il resto della chiesa si adeguerebbe alla gerarchia, oppure vi sarebbe una sorta di probabile fuoriuscita, non so se definirla scisma o diversamente.
    Anche perché mi pare che già ci siano altre chiese che sui principi del matrimonio e dell’eucaristia la pensano diversamente, e quindi l’attrazione rimane forte.
    Altra ipotesi, quella per cui sui vari temi la gerarchia, come dire…si apra a visioni maggiormente progressiste.
    Ma se su questioni tutto sommato formali, a fronte delle innovazioni liturgiche del Vaticano II, abbiamo assistito alla diaspora dei tradizionalisti, a maggior ragione su questioni non puramente liturgiche, ma che toccano principi fondamentali della dottrina, a maggior ragione credo che sarebbe un numero decisamente superiore di cosiddetti tradizionalisti a uscire.
    Insomma, a proposito di…non dico profezie, ma previsioni, mi sento di formularne, modestamente, una io.
    In ogni caso, nell’ipotesi che la cosiddetta base assumesse posizioni contrastanti con la gerarchia, credo che una cosiddetta uscita sarebbe inevitabile.

  5. Piero ha detto:

    su questo tema dell’Eucarestia ho letto questo passo nell’Esortazione apostolica:

    “… L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli. Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con prudenza e audacia. Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori…..”

    Possiamo essere ottimisti?

    • Don Giorgio ha detto:

      In realtà si dice niente di nuovo. La Chiesa ha sempre detto queste cose. Si tratta di vedere poi come si traducano nella realtà parole che sembrano confortanti al momento.

  6. Andrea ha detto:

    Sinceramente non ho ancora capito come mai don Giorgio sia ancora parte della Chiesa Cattolica.
    Gli manca il coraggio di rompere?
    Viene ricattato da qualcuno?
    Ha detto molte volte che la propria coscienza ha il sopravvento su qualsiasi imposizione; ebbene esca da questa struttura incartapecorita e predichi il suo Vangelo.
    Perché non lo fa?
    Ce lo può spiegare una buona volta per chiarezza?

    • Don Giorgio ha detto:

      Uscire vuol dire dar ragione alla Chiesa cattolica, rimenanerci signifca lottare perché qualcosa cambia. Dovrebbero uscire dalla Chiesa di Cristo coloro chre la stanno di nuovo crocifiggendo, coloro che la stanno tradendo. Io ci rimango, perché dal di dentro si può andare allargare qualcosa.

      • ALBERTO ha detto:

        Risposta che lascia francamente perplessi e che denota un macchiavellismo straordinario. Il grande convertito beato J. H. Newman, il quale scrisse pagine memorabili sulla coscienza, rinunciò, in ossequio proprio alla coscienza, a tutto per aderire alla Chiesa Cattolica, essendo egli giunto alla conclusione che Essa fosse formalmente dalla parte della ragione.

        • Don Giorgio ha detto:

          Che intendi per machiavellismo straordinario? A proposito si scrive: machiavellismo e non macchiavellismo! E poi, lascia stare i santi canonizzati dalla Chiesa: c’è stata gente che ha messo la testa sotto la mannaia per difendere la propria coscienza.

          • ALBERTO ha detto:

            Si ha ragione. Ho scritto male. Per machiavellismo indendo opportunismo. No, non lascio stare i santi canonizzati. “E poi, lascia stare i santi canonizzati dalla Chiesa: c’è stata gente che ha messo la testa sotto la mannaia per difendere la propria coscienza.” Non capisco il nesso.

          • Don Giorgio ha detto:

            Perché opportunismo? Si è opportunisti quando si obbedisce alla legge della Chiesa o dello Stato, perché si evitano rogne. La Chiesa canonizza i santi che a lei fanno comodo, ma ci sono santi, anche laici, fuori di ogni religione, che si sono sacrificati per la libertà di coscienza.

  7. giuseppe casiraghi ha detto:

    Io vorrei far notare il paragrafo f) del punto 4 del questionario, che recita: ‘Lo snellimento della prassi canonica in ordine al riconoscimento della dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale potrebbe offrire un reale contributo positivo alla soluzione delle problematiche delle persone coinvolte? Se sì, in quali forme?’ Vogliamo chiarirci una volta per tutte che QUELLA é la strada che un cattolico con un minimo di coerenza deve percorrere per sanare la sua situazione? Evidentemente, il Papa vuole eliminare tutti quegli ostacoli che limitano l’accesso alla pratica di nullità del matrimonio: infatti, qualche mese fa parlava del disagio provocato da tribunali ecclesiastici dispersi in diocesi immense e impossibili da raggiungere. Non c’é la questione dei soldi, perché la pratica di annullamento e il divorzio costano più o meno lo stesso. Però l’idea che un matrimonio non é valido semplicemente perché l’interessato ne é convinto, ci scommetto qualunque cosa che il Papa e i Vescovi non la condivideranno mai.

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