Anomalia di un popolo che amo e che detesto

EDITORIALE
di don Giorgio

Anomalia di un popolo che amo e che detesto

Gli italiani brava gente?
Può darsi, ma sono anche strani, molto strani.
Tanto solidali nelle emergenze quanto intolleranti, quando prevale quell’ego che inganna anche quando si fa del bene.
Non gioisco, quando sento elogiare gli italiani perché fanno del bene: il fare non basta; il bene richiede, prima del fare, l’essere, e gli italiani vegetano all’esterno del loro essere.
Un popolo di alienati, ovvero una massa di carnalità, che si impone sempre, anche quando la gente spalanca il cuore, ma senza aprire quel mondo interiore, ermeticamente chiuso ad ogni Sorpresa divina.
Amo l’Italia, perché amo quel Genio prettamente nostrano di un passato che, se è vero che non muore mai, è anche vero che viene coperto da montagne di merda, defecata da una mandria di bestioni e di anonimi mediocri, che si affacciano alla finestra solo quando sentono il bisogno di espellere la prima pirlata che viene in mente.
Mai come in queste emergenze, quella del Covid e quella della guerra, ho sentito bestialità in tv e ho letto cazzate di una platea di imbecilli, sempre pronti a dare sfoggio del proprio vuoto d’essere.
Un popolo con il cuore in mano, e con una serpe nel cervello.
Ma non c’è ipocrisia in quel voler esibire la propria prossimità al prossimo più bisognoso, proprio per coprire una mente bacata?
Sì, un popolo che amo e che disprezzo.
Eppure, mi sento italiano: nel sangue e nello spirito.
Sono italiano, e non vorrei mai cambiare nazionalità. Ed è per questo che disprezzo quella inciviltà italiota che contraddice la nobiltà del Genio italiano.
Sento di essere parte del Genio italiano, ma sento anche ribrezzo per quel voler banalizzare tutto, con una tale sfrontatezza da non riuscire a inserire almeno un flash di intelligenza o semplicemente di buon senso.
Stretto tra Genio e imbecillità, so uscirne libero, ma con la volontà di spaccare ogni insensatezza: è quando mi sento ancor più feroce nel lottare, senza mai temere le ire del potere sia civile che ecclesiastico.
Ma forse, più che il potere, è il popolo bue che mi si contrappone in tutta la sua imbecillità.
Ma perché prendermela?
Lasciamo i buoi nello stabiello, e voliamo alto.
02/04/2022
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