Tra l’essere e l’avere: uno squilibrio senza scampo

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Tra l’essere e l’avere: uno squilibrio senza scampo

Mi chiedo fino a quando riuscirò a sopportare questa società fondata sì sulle ingiustizie – su ingiustizie identiche se non ancor più gravi di quelle dei peggiori tempi passati – ma la cui spaventosa disuguaglianza sta nello squilibrio tra l’essere e l’avere.
Ma la cosa è ancor più allarmante, pensando che l’essere non sembri esistere tra le varie e molteplici preoccupazioni esistenziali dell’uomo d’oggi.
E sì perché l’essere addirittura non è più preso nemmeno in considerazione, per cui delle due parti, ovvero dell’essere e dell’avere, è rimasto un solo partner, ed è la prepotenza dell’avere che ha soffocato ogni minimo sussulto dell’essere.
E non mi sto rivolgendo a un mondo che ha fatto dell’avere la sua fortuna, di quella fortuna che bene o male, anche per la sua laboriosità ed efficienza creativa, una buona fetta di umanità è riuscita a conquistarsi, magari tra alti e bassi, ma in ogni caso resistendo anche alle crisi più planetarie.
Sto parlando, invece, a quella quasi totalità di esseri umani alla ricerca di un benessere squilibrato già in partenza, proprio perché, come dicevo, non si mette in conto che in gioco c’è anche la realtà dell’essere.
Anche i poveri, gli affamati, i senza patria, tutto il mondo che si muove disperatamente alla ricerca di una nuova terra, ebbene anche questo modo di disperati è pronto, o forse l’ha già fatto, a mettere da parte l’essere, giustificandosi in nome dell’emergenza, che resterà sempre emergenza, perché ci saranno altri, sempre altri disperati a causa del nostro benessere raggiunto a spese dell’essere.
Forse non mi sono spiegato bene, perché altrimenti sarei già stato lapidato da ambo le parti: dai disperati alla ricerca di un po’ di avere, e dai fortunati che l’avere l’hanno già in bocca, ma come rigetto per il troppo mangiare.
Eppure mi sembra di aver parlato chiaro, troppo chiaro, ma il vero problema è un altro: è che oggi non si vuole proprio accettare che si parli di uno squilibrio generale che coinvolge tutti, poveri e ricchi, i soddisfatti e quanti vivono alla giornata senza tanti problemi per il domani.
E così anche noi cristianelli passiamo la giornata, sperando di campare il meno peggio, evadendo appena ci capita una buona occasione, come se, oltre all’avere, ci sia anche la testa da far girare sulle ore di una meridiana all’ombra del campanile.
E noi bastardelli, figli di un dio ignoto, che cosa sappiamo di un mondo che da sempre ci è stato rubato da una religione dell’avere, fattasi idolo di se stessa, ovvero di quel sé tanto emancipato da credesi immortale?
Lo squilibrio tra l’essere e l’avere o, meglio, la prepotenza a senso unico dell’avere è il frutto o la conseguenza di una credenza religiosa, che sarebbe più onesto definire alienazione mentale e alienazione etica, in una tale simbiosi di reciproca attrazione che fa pensare a un robot impazzito.
Ma i robot sono impazziti perché non hanno anima, non hanno essere: sono cose che mangiano cose.
2 settembre 2017
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

1 Commento

  1. Kerigma ha detto:

    Mammona, il cosiddetto “Dio svizzero”, condiziona tutti noi, volenti o nolenti. Le sue continue tentazioni ci circondano a tutte le ore della giornata, ci assediano dai media televisivi, ci assalgono al centro commerciale e al bar.
    Gesù insegnava che non si possono servire due padroni, e qualcun altro diceva che il denaro è un ottimo servo ma un pessimo padrone. Un padrone che paga bene, ma solo apparentemente.

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