È anche una questione di giustizia:
dare a ciascuno il suo…
Qualche anno fa, precisamente nel mese di marzo del 2015, avevo fatto stampare, privatamente, un manoscritto, dal titolo “Da Introbio a Monte di Rovagnate” (si può leggere anche in online), con cui ho voluto descrivere ben sei esperienze pastorali, fino a quando – era il mese di settembre del 2013 – un provvedimento disciplinare ad opera dell’allora cardinale di Milano, Angelo Scola, consenziente il suo tirapiedi Mario Delpini, fui costretto a lasciare la comunità di S. Ambrogio in Monte di Rovagnate (Lecco), destinazione “ignota”.
Nel libro c’è un capitolo a cui ho voluto dare questo titolo: “LE BATTAGLIE IN FAVORE O CONTRO DI… INTERVENTI, POLEMICHE, MINACCE E PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI”.
Inizia così:
Anche le battaglie e le polemiche fanno parte del mio ministero a Monte, e non si possono dimenticare, se vogliamo comprendere i provvedimenti dei superiori e la mia stessa rimozione. Le vicende del mio essere prete a Monte non si possono separare dal mio essere prete oltre Monte. Le mie lotte su vari fronti – dall’ambiente al lavoro, dai diritti civili al testamento biologico, dal mondo politico al mondo ecclesiastico nei loro risvolti più osceni e blasfemi, dalla religione fondamentalista al Cristianesimo radicale, dalla gerarchia piramidale alla base democratica, ecc. – sono state preziose, non solo per allargare i miei orizzonti, ma anche per aprire la mente della gente di Monte e di fuori, in un continuo e dialettico confronto tra le mie aperture già conquistate e da conquistare e la voglia sincera e ardente da parte di tante persone di uscire dal loro piccolo mondo borghese. Dico di più. Se non mi fossi buttato a capofitto nelle lotte, sarei morto a Monte, una piccola frazione dove la vita per un prete non potrebbe sopravvivere se restasse con la testa bassa, a meno che non scegliesse di evadere altrove alla ricerca di soddisfazioni pastorali o di compensazioni personali a più ampio respiro. Ma non volevo fuggire altrove. E non volevo morire di inedia a Monte. Mi dedicai anima e corpo per il mio paese, ma nello stesso tempo cercai di fare di Monte un paese più globale. Il mio particolare interesse ad ogni ambito umano e sociale, nonché religioso, non mi distolse dal mio essere di Monte e a Monte, ma arricchì la mia persona e la stessa comunità di Monte. E, se i superiori poi decideranno di pre-pensionarmi, il motivo era chiaro: Monte era diventato troppo “scomodo”, un brutto esempio da non imitare. E allora, non accusatemi di avere “rovinato” la mia presenza a Monte con le mie lotte e le mie polemiche. Ho voluto bene a Monte, facendo di Monte un paese senza frontiere, senza barriere mentali e religiose, una comunità di base, un modello in fieri di Cristianesimo radicale. Se, rintanato nel mio buco, oppure sempre in fuga alla ricerca di altri interessi, fossi rimasto più a lungo a Monte, a che cosa sarebbe servito? Se non altro, sono rimasto per diciassette anni, e non sono pochi per uno che ha toccato i fili della corrente più volte, e ha affrontato le ire del vaticano!
Dividerò il capitolo in più capitoletti. Per temi. Non necessariamente per ordine di importanza e neppure per ordine cronologico. Ecco i temi:
1. ELEZIONI AMMINISTRATIVE A ROVAGNATE DAL 1997
2. LA FORZA DI INTERNET AL SERVIZIO DELLA CAUSA
3. SOLIDARIETÀ AL MONDO DEL LAVORO
4. L’AMBIENTE DA RISPETTARE
5. L’ACQUA, COME DONO GRATUITO DI DIO
6. IL CASO EMBLEMATICO DI ELUANA ENGLARO
7. FONDAMENTALISTI DEL CULTO CADAVERICO
8. UN MOSTRO OSCENO DI NOME SILVIO BERLUSCONI
9. LEGA NORD: ARRIVANO I BARBARI
10. “MERCENARI” IN AFGHANISTAN
11. PREMIO PAOLO BORSELLINO 28 OTTOBRE 2009
12. VITTORIO ARRIGONI, IL MEGLIO DELLA BRIANZA
13. PROCEDIMENTO PENALE IN CORSO
14. ANGELO SCOLA, OVVERO UNA NOMINA “SBAGLIATA”
15. COMUNIONE E LIBERAZIONE: CANCRO DELLA CHIESA!
Vorrei riportare ciò che ho scritto sull’ambiente.
«Non c’era solo il problema del lavoro. Nelle omelie e negli scritti, mi sentivo quasi costretto a dover difendere l’ambiente. Sì, costretto dalle circostanze o dalle paure che il nostro bellissimo paradiso, il Parco del Curone, venisse danneggiato dalle selvagge speculazioni edilizie o da altri interessi economici. Cercavo di usare anche una tattica, che dava sempre i suoi frutti. Prima che i permessi fossero già dati e perciò prima di vedere le gru o le ruspe in azione, iniziavo a usare il condizionale o espressioni simili: “mi sembra… ho sentito dire…”. Così mettevo qualche pulce nelle orecchie, e allarmavo l’opinione pubblica. D’altronde, ero convinto che non si poteva tacere o far finta di nulla o lasciar fare. Di mezzo c’era un bene prezioso. A chi contestava le mie ingerenze anche in questo campo, rispondevo: «C’è qualcosa di più importante della salvaguardia della natura e del nostro pianeta? Dal mio punto di vista, un bravo sacerdote non solo ha il diritto, ma il dovere di battersi per ogni causa ambientalista ed ecologista, e soprattutto il compito di educare la gente a rispettare il contesto in cui vive».
In un articolo datato 8 maggio 2007, sintetizzo alcuni concetti-chiave.
Che numerosi Comuni della bella Brianza stiano facendo scempio delle nostre colline lo vedono anche i bambini. Solo i ciechi passano, e “non vedono”. Parlo di chi non si accorge mai di nulla di ciò che capita attorno a lui, distratto com’è da mille faccende, o perché vede solo la solita strada che porta al lavoro, e poi di nuovo a casa. E succede che neppure coloro che sfruttano i sentieri del Parco per fare una bella scampagnata s’accorgono dei disastri che l’ homo economicus ogni giorno compie ai danni del Creato. Costui sì che “vede” le colline, ma con l’occhio dell’affarista che si chiede: “quanto può rendermi questo pezzo di terra? Me lo compero, e poi lo rivendo”. Se potesse parlare, anche una sola zolla urlerebbe improperi e si appellerebbe al tribunale del Creatore. Ma la zolla è muta, però si vendica. Ma vorrei comprendere anche le difficoltà dei Comuni, che talora si vedono costretti ad accontentare le “voglie” dei cittadini, a cui dell’ambiente interessa solo il proprio pezzo di terra, da godere e sfruttare come a loro pare e piace, dimenticando che ogni zolla è come la tesserina di un mosaico. Forse di più, se è vero che un mosaico pur bello e suggestivo è morto in sé, mentre un pezzo di terra non solo è vivo, ma è vitale per tutti. Non è ancora entrata l’idea che la terra è di tutti. È un concetto “falso” che la terra è solo di chi ce l’ha per acquisizione. C’è una destinazione universale che non è solo teorica (certo, tutti dovrebbero avere diritto a un pezzetto di terra!), ma reale, nel senso che la terra nel suo insieme non è di nessuno in particolare, ma di ogni abitante dell’universo. Butto lì la cosa, ma bisognerebbe approfondirla: ne verrebbero riflessioni interessanti e sconvolgenti. Senz’altro, entrerebbe in crisi tutta la logica di quel mercato che oggi sembra dettare legge su tutto. Ripeto: la terra è di tutti, per cui anche il “tuo” pezzetto di terra non è “tuo” del tutto, perciò non puoi farne ciò che vuoi, ma c’è un limite, quello imposto dalla destinazione universale della terra.
In un altro articolo, torno sull’argomento.
Il bene comune non può prescindere dal contesto ambientale; anzi, per me, il bene comune ha come casa privilegiata l’ambiente in cui è circoscritto il paese. Senza l’ambiente, il bene comune non esisterebbe. Il paese stesso non esisterebbe. Se è così, non c’è altra via che quella di mettere al primo posto l’ambiente, ovvero il rispetto della natura. Perché non pretendiamo, dai futuri amministratori un giuramento esplicito: s’impegnarsi davanti alla loro coscienza perché non si rovini il contesto ambientale con uno sviluppo selvaggio del paese, con speculazioni edilizie tali da lasciare segni di indecenza e di abbrutimento che non potranno mai più essere riparati? Un giuramento esplicito, vincolante a tal punto da poter mandare a casa chi si dimenticasse di osservarlo.
Venni a conoscenza di un progetto edilizio, a dir poco scandaloso: un vero scempio, se fosse andato in porto. Ne parlai in pubblico col solito criterio del “condizionale”, e minacciai una dura battaglia. Si voleva costruire un complesso di villette a schiera in un’area verde di Perego, sopra il municipio e le scuole, con il rischio concreto di danneggiare il sottosuolo oltre che il paesaggio. E pensare che un geologo, che avevo interpellato e che conosceva bene la zona, mi aveva garantito che quel territorio era a rischio di frane. Quando mi accorgevo che l’erba era tagliata e qualcuno aveva piantato dei picchetti nel terreno, ne parlavo subito ai parrocchiani e con i giornali locali. Tutto è ancora fermo. Se il progetto dovesse andare in porto, giuro che lo maledirò per tutta la mia vita.
Accanto all’oratorio maschile di Monte, c’è un pezzo di terra, lasciato in eredità alla parrocchia dai fratelli Brivio, ma con delle condizioni ben precise: rimanere agricolo, non vendibile né permutabile. Per rispettare le intenzioni dei donatori, avevo lanciato più volte alle scuole locali, al Comune e alle associazioni ambientaliste la proposta di poterlo coltivare, gratuitamente. Si era reso disponibile il G.A.S. di Olgiate. Tutto pronto per la convenzione con la curia milanese. Tra parentesi, la curia valuterà il terreno e imporrà alla parrocchia una tassa del 5%: circa 5 mila euro. Mancava solo la firma del parroco don Roberto, il quale, non so se per ripicca o altro (secondo me, per cattiveria!), rifiuterà fino alla fine di porre la propria firma. L’Associazione, stanca di attendere, ha pensato bene di ritirarsi. Ancora oggi il pezzo di terra è lì, ad aspettare che qualcuno si svegli.
Infine, avevo chiesto e ottenuto di installare un impianto fotovoltaico sul tetto dell’oratorio: un esempio concreto di risparmio energetico e di amore per la terra.
***
Veniamo al dunque. In questi giorni, esattamente il 28/02/2024, è apparso sulla pagina facebook del Comune di La Valletta Brianza una novità con questo titolo:
COLLINA GLORIA
Dopo aver approvato nel mese di luglio 2023 un Piano di Governo del Territorio (PGT) che ha completamente azzerato l’edificabilità prevista sull’area, nella giornata del 27 febbraio abbiamo partecipato all’asta indetta dal Tribunale di Lecco e acquistato tutti i terreni che facevano parte dell’ex-Piano di Lottizzazione Gloria per una superficie pari a 43.595 mq ad un costo di 50.000 euro (1,15 euro/mq). Pertanto, abbiamo acquisito le aree a standard (parcheggio e giardino) che potranno essere messe a disposizione della Scuola dell’Infanzia dopo la costruzione del nuovo Asilo Nido; sulle restanti aree, invece, ci impegneremo a sviluppare iniziative e progetti di carattere agricolo/forestale o legati alla promozione della fruibilità turistica del nostro territorio. Con questa operazione, abbiamo definitivamente risolto la problematica questione – che si trascina dai primi anni 2000 – della costruzione di una parte dell’ampliamento della Scuola dell’Infanzia su un terreno che non aveva mai fatto parte del patrimonio comunale.
Marco Panzeri
Sindaco di La Valletta Brianza
Con una cartina che vedete
PERSONALI CONSIDERAZIONI
Vale sempre il detto: uno semina e l’altro miete. C’è anche chi semina e poi raccoglie i frutti di ciò che ha seminato, anche se forse sono di più coloro che preferiscono raccogliere (facendo poca fatica e magari vantandosi di essere l’artefice di tutto) i frutti di chi ha precedentemente sudato per preparare il terreno per la semina.
Non saprei cosa pensare quando un sindaco si trovi la pappa bell’e pronta, perché sia il tempo come tutti gli intoppi creati dal testardo contestatore hanno dato via libera per mettere per sempre una pietra sopra un osceno progetto, che per tanti anni era stato come una spada di damocle sopra un paese, che tra l’altro forse si meritava, insieme alle villette, di scivolare nel precipizio.
Chiedo solo una cosa: non di avere da parte del sottoscritto qualche riconoscimento o ringraziamento (sono particolarmente allergico), ma chiedo che si riconosca con umiltà che qualcuno (senza fare nomi) ha preparato il terreno, lottando e anche con tanti rischi, e che, questo è importante, non si dovrà tradire di nuovo una giusta causa con altri progetti forse meno grotteschi o mostruosi, ma del tutto inutili, che non reggono al confronto con i sacrifici fatti per conservare incontaminato un pezzo di terra al servizio del bene comune.
Vorrei usare una parola da intendere bene, ed è “debito”. Tutti siamo in debito con qualcuno, e il credente è in debito con quel Creatore che ci ha fatto dono di un mondo meraviglioso sempre da scoprire nelle sue infinite Sorprese.
Direi di più. Ognuno di noi è in debito con un passato di scoperte, di cui oggi usufruiamo i benefici, magari ignorando il martirio di quanti si sono sacrificati per l’umanità.
Restando anche nel piccolo, quando ero a Monte con incarichi pastorali invitavo spesso la comunità a ricordarsi di quanti, chiamavo “colonne”, erano vissuti di grande fede magari nell’umiltà più nascosta.
L’oggi è in debito con il passato migliore, e il passato migliore, purtroppo, sembra travolto da un oggi di barbarie.
Tutti, dunque, siamo in debito almeno in qualcosa, per non dire che, se siamo ancora qui, in un mondo quasi stritolato da una imbecillità sempre incinta, lo dobbiamo a geni del passato che, anche se dovessimo offuscarne la memoria, sarebbero sempre qui pronti a riattivare qualche fiammella.
Tutto per dire una cosa molto semplice: il miglior ringraziamento per chi nel passato ha preparato bene il terreno spargendo ottima semente è continuare a seminare bene per lasciare qualche buon frutto per le prossime generazioni, le quali a loro volta non dovranno rompere la catena.
E, se posso aggiungere un’altra cosa, non aspettiamo dopo la morte a onorare chi ha lasciato qualche buon seme. Solo una domanda: quanto si potrebbe ottenere di più e di meglio, se ascoltassimo quando sono ancora vivi coloro che credono e lottano per un mondo migliore? A che serve ricordarli da morti? Tenere al chiuso o in un deserto gli spiriti liberi, che in quanti tali sono i più svegli, grembi fertili di vita, non è già un delitto per l’umanità? Quanto darebbero di più e di meglio, se avessero la possibilità di esprimere il loro pensiero, da vivi!
Questo succede anche nel piccolo di questi paesi, dove sembra che il meglio sia sempre il mediocre, forse perché si è così immersi nel pantano che basta un piccolo raggio di sole che vi si rispecchi per credere di essere nel paradiso terrestre.
Sono convinto che in ogni paese, anche piccolo, ci siano spiriti svegli, ma sono “mortificati” da un silenzio atroce di “piccoli governanti” che si credono geni factotum.
Almeno questi amministratori si sentano in debito con chi ha faticato e fatica ancora per dissodare un terreno arido per renderlo poi pronto alla buona semina.
Tutti siamo in debito, ma molti fingono di non saperlo, e la totalità è impressionante quanto tocca i piccoli o grandi palazzi di potere.
Umiltà, mio Dio, dove sei?
Umiltà, che è la premessa di ogni buon governo.
Umiltà significa anche: “ho bisogno di te, che vedi meglio di me”, oppure: “in due si vede meglio”, rompendo così quell’andazzo “maledetto”, presente anche nella stessa gerarchia ecclesiastica, per cui chi comanda si circonda di collaboratori meno intelligenti, di cui servirsi per cose che non hanno bisogno di pensiero, proprio perché cose senz’anima.
Si migliora solo quando c’è vivace dialettica tra pensieri liberi.
Non pretendo che tutti capiscano queste semplici riflessioni. Ma forse non è una questione di comprensione: è solo una questione di ego, che fa strage di solito di boriosi, ma privi di intelletto.
Ma è anche una questione di giustizia: dare a ciascuno il suo, e per suo intendo non tanto ciò che quel tizio si merita in riconoscenza per ciò che ha fatto di bene, ma l’ideale per cui ha lottato per una giusta causa. E l’ideale non è qualcosa di personale. Se dono una riconoscenza a un benefattore non è per ciò che ha fatto, ma perché ha creduto in quell’ideale in cui tutti dovrebbero credere.
In fondo riconoscere l’opera buona di chi ha agito per il bene comune è uno stimolo perché ciascuno risvegli il meglio che ha dentro, e lo potrà risvegliare quando vive in un contesto che favorisce un clima in cui ciascuno si senta debitore e in dovere di pagare il suo debito in altrettanto impegno per il bene comune.
Don Giorgio, grazie per la lungimiranza e la perseveranza.