Al sud la mafia minaccia vescovi e preti, e qui in Lombardia no, tutto tranquillo, come mai?

Al sud la mafia minaccia vescovi e preti,

e qui in Lombardia no, tutto tranquillo,

come mai?

Leggendo questi articoli, e non solo da oggi, riflettevo pensando alla Chiesa del sud, nei suoi vescovi e preti.
Per il fatto di essere del nord, e di appartenere in modo particolare ad una diocesi la più grande del mondo, o quasi, con tali tradizioni secolari da farmi sentire orgoglioso di essere ambrosiano, ho sempre creduto di essere in fondo un privilegiato, di ritenermi quasi superiore ad altre diocesi, specie del sud, dove si dice che il tempo dello spirito si sia fermato.
Ma negli ultimi tempi mi sto ricredendo, tanto più che questa diocesi a cui appartengo si sta così ripiegando su se stessa da sfocare, per non dire umiliare, una ricca tradizione di santi e autorevoli pastori e di comunità vivaci e promettenti, non però profetiche alla pari della chiesa ad esempio fiorentina.
Ed ecco la mia domanda, forse eccessivamente provocatoria da apparire irriverente, anche offensiva (almeno lo fosse!): credo che il problema mafioso o altro (il crimine ha tanti nomi ma con la stessa finalità: fare soldi senza avere rivali, con la pistola sempre carica contro eventuali oppositori) sia presente anche in Lombardia (nel nord in genere), e allora come mai sembra che i figli delle tenebre agiscano tranquillamente anche in pieno giorno, visto che i figli della luce dormono sonni tranquilli? Il vescovo può andare in giro senza temere attentati, e i preti vivacchiano senza mai aver avuto qualche segno di minaccia.
Sto notando da anni una cosa: vivo in una diocesi dove sembra che la contestazione neppure emetta qualche sospiro vitale. Ho provato a punzecchiare qualche prete, ma inutilmente: anzi, ho avuto qualche minaccia dagli stessi confratelli, soprattutto giovincelli, perché insofferenti ad ogni critica per il loro troppo evadere in campi diciamo narcotizzanti.
Mi chiedo: in fondo un vescovo “inutile”, “vuoto”, che dice nulla di stimolante, che parla solo al vento, che fastidio potrebbe dare? Di nemici non ne ha, forse se stesso se si risvegliasse.
I suoi preti borbottano di nascosto, in sordina, senza avere il coraggio di dire apertamente ciò che pensano di un vescovo “assente” come buon pastore secondo lo stile evangelico.
La mafia al sud minaccia vescovi e preti, perché trova decisi oppositori al male (o marcio) che si incarna nei servitori del maligno. Qui al nord, tutto è così tranquillo che neppure davanti a episodi allarmanti scatta un allarme. Il vescovo continua a fare i suoi giretti insulsi in diocesi, sicuro che nessuno lo contesterà, tanto meno i suoi vicari che anzi gli fanno da copertura.
Il giorno in cui leggerò la notizia di un attentato contro il vescovo milanese o contro qualche suo prete, allora mi risolleverò d’animo pensando che forse è venuta l’ora del riscatto. Ma forse passerà ancora del tempo, tanto troppo tempo prima che possa succedere qualcosa di positivamente allarmante.
Per essere del tutto sincero, mentre la Chiesa universale potrebbe temere sempre più vivaci contestazioni all’interno della sua stessa struttura (dalla chiesa tedesca arrivano allarmi subito repressi), qui a Milano, nessuna paura: tutto tranquillo, si è giunti alla pace dei sensi, dopo la castrazione dello spirito, e i pochi pochissimi (forse meno di due) spiriti liberi sono lasciati morire, non come spiriti, in isolamenti con tale vigliaccheria da chiedermi: fino a quando?
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da AVVENIRE
28 febbraio 2024
Mafie.

Le intimidazioni ai preti calabresi?

«Si vuole colpire l’azione del vescovo»

Antonio Maria Mira
Il procuratore di Vibo Valentia, Camillo Falvo: nel mirino l’opera riformatrice portata avanti dalla diocesi. Quando si lavora bene, si intaccano interessi. Alcuni sacerdoti sono scomodi
«Quando sono due i parroci colpiti e poiché alcune delle lettere di minacce non riguardano solo i parroci ma anche il vescovo, evidentemente si vuole colpire anche la diocesi e l’azione riformatrice portata avanti dal vescovo». A parlare è il procuratore di Vibo Valentia, Camillo Falvo, che conferma il sostegno al vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, don Attilio Nostro. «È una persona straordinaria. Gestire una diocesi così complessa come quella di Vibo Valentia per il territorio su cui opera, non è facile, ma ce la sta mettendo tutta, sta bene operando. E quando si opera bene e si intaccano certi interessi poi alla fine questo è il risultato».
Cessaniti, il paese dei due parroci colpiti, non è un territorio facile…
Le due operazioni, “Maestrale” e “Carthago”, hanno squarciato un velo. Sembrava una comunità tranquilla, ma così tranquilla non è. Se si arriva a gesti di questo tipo senza ragioni almeno plausibili, questa è la dimostrazione che è veramente una realtà complessa. È stato attaccato il commissario prefettizio, è stata attaccata una volontaria dell’associazione Crisalide, espressione della società civile, vengono attaccati due sacerdoti. Questo dimostra che c’è qualcosa che evidentemente non va bene a un sistema consolidato. Non sono ragazzate.
Lei due anni fa partecipò ad un’iniziativa promossa in parrocchia proprio da don Felice sul tema della legalità e invitò i cittadini a non stare in silenzio.
Ho conosciuto don Felice proprio in quella circostanza. Ho visto che c’era una comunità che lo adorava, cittadini, molti ragazzi. Mi era piaciuto l’ambiente che circondava don Felice. Anche lì, come faccio spesso quando incontro le comunità vibonesi, ho invitato a denunciare, a raccontare quello che succede, a vincere l’omertà.
E invece?
Mi sarei aspettato, visto quello che sta accadendo, che qualche informazione ci arrivasse, perché è difficile che non si sappia o comunque non si possa ipotizzare qualcosa, in frazioni dove in genere qualcosa si sa. Invece nulla. È preoccupante che in una realtà così piccola non ci sia nessuno che parli.
E voi?
Le indagini le stiamo facendo, i carabinieri sono molto preparati e sono “sul pezzo”. Speriamo di venire a capo presto di questa situazione.
Il Vibonese è stato a lungo trascurato, la periferia della periferia. Invece da un punto di vista criminale è tutt’altro che una periferia, come hanno fatto emergere le ultime inchieste.
Molte delle inchieste più importanti degli ultimi anni in Calabria si sono concentrate proprio sul Vibonese. Abbiamo svolto un’enorme mole di lavoro che ha dato questi risultati. Ma voglio ricordare anche la grande quantità di Comuni sciolti per mafia e di interdittive antimafia che dimostra che Vibo per troppo tempo è stata trascurata dall’azione dello Stato complessivamente, forze dell’ordine e magistratura.
Adesso i nodi stanno venendo al pettine.
È molto preoccupante il grandissimo numero di Comuni sciolti per mafia, un segnale del forte condizionamento della ‘ndrangheta sulle amministrazioni comunali, come emerso anche per Cessaniti. È il frutto dell’attività che con la Dda abbiamo portato avanti negli ultimi anni. I dati delle operazioni hanno poi consentito alla Prefettura di fare tutta questa attività sulle amministrazioni locali, così come le interdittive che come numero in rapporto alla popolazione sono il doppio rispetto a Reggio Calabria.
Il fatto che bersaglio diventino dei sacerdoti significa che è cambiato qualcosa? Non sono più intoccabili?
Prima i preti venivano toccati soltanto quando si schieravano apertamente contro le organizzazioni criminali, i preti antimafia. Adesso accade anche quando diventano scomodi per cose forse più banali. Non c’è più quel rispetto che c’era una volta verso le istituzioni religiose. Questo si percepisce.
Basta fare bene il prete? Farlo dà fastidio?
Ci sono realtà in cui fare bene il prete, portare a termine la propria missione, in modo limpido, trasparente, nel rispetto della legalità, è scomodo. Questa è l’amara conclusione e l’esperienza ci sta dicendo questo.
Non sono legati a iniziative direttamente antimafia.
Paradossalmente gli attacchi don Felice non li ha subiti dopo l’iniziativa di due anni fa, ma per altre ragioni e anche questo è significativo.
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da AVVENIRE
1 marzo 2024
Calabria.

Proiettile spedito al vescovo di Mileto.

«Ma vinceremo il male con il bene»

Vito Salinaro
Dopo le minacce ai parroci, si alza ulteriormente il livello di intimidazioni. Monsignor Nostro: «Se non si è ancora andati oltre è per lo straordinario lavoro di chi è preposto alla nostra tutela»
La ‘ndrangheta alza ulteriormente il livello di minacce e, dopo le intimidazioni ai parroci di Cessaniti (Vibo Valentia), don Felice Palamara e don Francesco Pontoriero, ha fatto recapitare un bossolo di pistola direttamente al vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Attilio Nostro. Il pesante avvertimento è avvenuto nei giorni scorsi ma è stato reso noto questa mattina, in occasione della Messa in duomo, a Vibo, per il santo patrono Leoluca, dallo stesso presule.
«Anche io sono stato minacciato. Con le mie mani ho raccolto il bossolo che mi è stato inviato per intimorirmi (era stato posto nella cassetta delle lettere della curia vescovile, ndr)», ha detto davanti ai fedeli sorpresi. Poi l’invito del pastore ai fedeli perché si liberino «definitivamente di tutto ciò che in maniera vigliacca, anonima, criminale, delinquenziale, stringe questo territorio in una povertà che non è solo economica ma anche culturale. Dobbiamo avere il coraggio di venire allo scoperto e dire il nostro no alla violenza e alla mafia. Dobbiamo urlare la nostra voglia di una società nuova, migliore e libera da ogni forma, nascosta o evidente, di oppressione o di schiavitù. Noi siamo il popolo più bello del mondo, dobbiamo soltanto dimostrarlo». Tornando ai fatti di questi giorni, «se non si è andati oltre le minacce – ha voluto evidenziare monsignor Nostro – è perché c’è stato l’intervento meraviglioso di tutti coloro che sono preposti ad aiutarci, a tutelarci, a difenderci. Siamo una comunità, dobbiamo collaborare con le forze dell’ordine. Mi onoro della definizione di “amico” che mi è stata data dal questore di Vibo Valentia. Stiamo condividendo tanto con loro, anche se molto non si vede. Lo Stato è fortemente presente qui, più dei tempi passati. Sono contento – ha affermato ancora – che questa nostra povera provincia stia cominciando a percepire le forze dell’ordine con quella stima e con quella gratitudine che meritano per il sacrificio continuo e costante, anche a livello personale, che impiegano quotidianamente per ciascuno di noi».
Interrotto alcune volte dall’applauso dei fedeli, Nostro ha dichiarato di «avvertire tutto il vostro affetto e le vostre preghiere. Anche nei momenti più difficili non mi sono mai sentito solo». Ed ha invitato tutti alla fiaccolata silenziosa di solidarietà, in programma domani, alle 18, a Cessaniti: «Sarà un momento silenzioso che “urlerà” tutta la nostra voglia di avere una società nuova, migliore e libera da ogni forma di oppressione e schiavitù», ha concluso.

1 Commento

  1. simone ha detto:

    La chiesa milanese è dalla parte dei potenti, soprattutto se sganciano il grano. E qui mi fermo!

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