Omelie 2020 di don Giorgio: DOPO L’OTTAVA DEL NATALE

5 gennaio 2020: DOPO L’OTTAVA DEL NATALE
Sir 24,1-12; Rm 8,3b-9a; Lc 4,14-22
Di nuovo la Sapienza
Nel primo brano troviamo ancora trattato il tema della Sapienza, già visto nel libro dei Proverbi. Gli esegeti parlano di un auto-inno (la Sapienza loda se stessa), e lo può fare, essendo unita strettamente con Dio. Del resto, l’unico che può guardarsi nello specchio ed esclamare: ”Quanto sono bello!”, questi è Dio, il Sommo Bene. La Bellezza è un riflesso del Bene Assoluto.
La Sapienza è anche realtà creata, presente nel cosmo intero, dal cielo agli abissi sotterranei. Ma ecco una svolta: Dio la invita a stabilire la sua dimora privilegiata in Israele («Fissa la tenda in Giacobbe e prendi eredità in Israele»), anzi nella tenda sacra di Sion, cioè nel Tempio di Gerusalemme. E da lì la Sapienza cresce e si ramifica, dando vita ad un vero e proprio “paradiso terrestre”.
Nelle righe che seguono il brano proposto oggi dalla Liturgia, l’autore del Siracide dipinge una specie di parco regale stupendo, fatto di una quindicina di alberi pregiati, segno di fecondità e di bellezza, di vita e di frutti. Infine, si evoca un’altra immagine tipica, quella dell’acqua che dilaga nel parco. Ma l’elemento fondamentale dell’inno è nel versetto 22 ove la Sapienza è posta in diretta relazione con il “libro dell’alleanza del Dio altissimo”, cioè con “la legge che ci ha comandato Mosè”. Si cerca, quindi, di trasferire la Sapienza – che era una realtà universale e che era riferita soprattutto alla creazione – all’orizzonte più specifico della fede e della storia di Israele. Essa si sarebbe, infatti, incarnata nella Torah, cioè nella Legge biblica, che in questo modo diventa la perfetta guida del conoscere, del vivere e dell’agire dell’intera umanità. Alla luce e alla fecondità della Torah-Sapienza devono attingere tutti gli uomini.
Considerazioni importanti
E qui non possiamo non fare alcune precisazioni importanti. Questa visione diciamo nazionalista della sapienza incarnata nel popolo d’Israele, va superata riallacciandosi all’espressione del Prologo del Quarto Vangelo: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare (letteralmente: pose la sua tenda) in mezzo a noi”, che, come appare chiaramente, richiama la Sapienza, quando il Signore le ordina: “Fissa la tua tenda in Giacobbe!”.
Ma nel Prologo di Giovanni tutto cambia: Il Figlio di Dio si è incarnato per l’umanità, e non tanto per un solo popolo. Quindi non più nazionalismo, non più sovranismo. Con l’avvento di Cristo, Israele ha terminato la sua missione, supposto che l’avesse iniziata. Il nuovo popolo di Dio è l’intera Umanità. La Sapienza torna ad essere universale, com’era all’inizio, e non più in balìa di un popolo ribelle.
La nuova umanità è senza barriere, senza confini, senza frontiere: un unico popolo come Dio è Uno, come la Sapienza è Una, che si riflette ovunque vi è un essere umano, a immagine e somiglianza divina.
La storia del popolo eletto ha creato solo guai, disastri, deviazioni dalla retta strada. Prima di parlare di popolo, dobbiamo parlare di ogni essere umano, in cui la sapienza fissa la sua tenda, ovvero la sua dimora.
Il popolo di Dio non è una massa anonima di s-cervellati o di esaltati, ovvero una massa di corpi. La Sapienza è l’Intelligenza divina che prende casa in ogni essere umano.
Attenzione, dunque: il popolo richiama il populismo, e il populismo richiama la parte peggiore dell’essere umano.
Prima del popolo c’è la singola persona, che va rispettata in quanto essere divino.
Siamo stanchi di sentir parlare di popolo, una parola che fa comodo al più bieco populismo, il quale ha come compito quello di distruggere o di far tacere la voce del singolo.
Non secondo la carne, ma secondo lo spirito
Allora capiamo le parole di San Paolo che contrappone la legge del corpo (la carne) alla legge dello spirito. Ecco il suo invito: «camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito».
Anche la struttura è un corpo, è carnale. Inutile dire che la struttura debba avere un’anima: la struttura carnale di per sé non può avere un’anima, ogni struttura è corpo, senza lo spirito. Lo Spirito non è di casa nella struttura, non può prendervi dimora. Lo Spirito è di casa solo nell’essere umano. L’essere umano è tale in quanto spirituale.
Il principio fondamentale dell’essere è uno solo: vivere secondo lo spirito interiore, che è parte dello Spirito divino, che è il Tutto o l’Uno, a cui converge ogni realtà creata.
San Paolo è esplicito quando scrive (così si chiude il secondo brano di oggi): «Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi».
Possiamo dire in genere che il mondo del Divino non è esterno a noi, non è vicino a noi, ma è dentro di noi. Certo, è anche fuori, nel creato, sì dentro il creato, ed è questa interiorizzazione che crea una profonda simpatia universale. Nell’antichità la simpatia (dal greco syn-patheia, «sentire assieme») veniva intesa non solo come un sentimento umano di natura psichica o emotiva, ma come una forza cosmica, capace di pervadere ogni creatura e persino gli elementi fisici. Come in un gigantesco organismo vivente, le varie parti dell’universo comunicavano tra loro vibrando all’unisono, attraversati dal medesimo respiro o soffio spirituale (pneuma), che creava quella interdipendenza in virtù della quale ogni singolo accadimento si ripercuoteva su ogni altra regione del mondo.
Simpatia era quindi il riverbero o l’influenza che un punto colpito da un evento esercitava su un altro situato anche a distanza.
Secondo Plotino (205-270 d.C.) la simpatia è «come una singola corda tesa che, toccata a un’estremità, trasmette il movimento all’altra estremità».
Lo spirito è sopra di me
Solo un accenno breve al brano del Vangelo di oggi. Anche qui attenzione alle parole. Gesù cita i primi due versetti del capitolo 61 del libro di Isaia: “Lo Spirito del Signore è sopra di me”. Fermiamoci a queste parole iniziali. Perché dice “sopra di me”, e non invece “dentro di me”? Che senso ha dire che lo Spirito è su Gesù, è su di me, ecc.? Sarebbe come pensare a qualcosa di esteriore. Lo Spirito era dentro l’essere divino di Gesù, come è dentro il mio essere divino.

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