Aborto in Costituzione. Non è tutto rose e fiori, ma la Francia scrive un pezzo di storia

www.huffingtonpost.it
04 Marzo 2024

Aborto in Costituzione.

Torna la Francia dei diritti. Ma basterà con Le Pen?

di Cesare Martinetti
Che avvenga in un periodo in cui le donne sono sotto attacco è importante e simbolico. E rientra nella strategia dei colpi di teatro di Macron per non consegnare l’Eliseo al Rassemblement. Analisi di un assedio
Iscrivendo il diritto all’aborto nella Costituzione, la Francia riguadagna i galloni della sua autocelebrazione: è il primo paese al mondo a riconoscere l’interruzione volontaria di gravidanza come una libertà per le donne. “È un momento di fierezza”, scrive Le Monde. Che avvenga in un periodo storico in cui diritti delle donne sono così duramente attaccati, nel modo più diverso, dall’Iran degli ayatollah alle nostre periferie, è poi particolarmente simbolico.
Emmanuel Macron come un vero monarca non ha partecipato alla solenne riunione a Versailles di Congresso, Assemblea e Senato in seduta congiunta. Ma il voto nasce da una sua promessa, ed è stata mantenuta. Tuttavia anche questa scelta fa parte di una strategia di comunicazione che è oggi l’essenza stessa della sua politica che ha un obiettivo chiaro e dichiarato: limitare l’impatto del voto europeo di giugno che al momento si annuncia come una larga vittoria del Rassemblement National di Marine Le Pen. I sondaggi attribuiscono addirittura dieci punti di vantaggio all’estrema destra rispetto all’indefinito “non partito” presidenziale e sarebbero un sigillo significativo per le ambizioni lepeniste nella corsa per l’Eliseo 2027. Può sembrare strano che la politica di oggi sia tanto condizionata da un appuntamento così lontano, ma questo è il bello del sistema presidenziale, soprattutto dopo l’elezione 2022, così spinosa per Macron che non ha ottenuto la maggioranza parlamentare e si trova a contrattare con chi ci sta ogni riforma significativa.
È evidente che premendo per arrivare al voto sull’aborto il presidente punta a ritrovare l’impulso perduto nell’opinione pubblica progressista e anche forse di sinistra.
Le europee sono sostanzialmente e simbolicamente una partita tra i due campi, e se n’è avuta una rappresentazione plastica domenica, quando a Marsiglia il Rassemblement ha aperto la sua campagna per il voto europeo. Marine Le Pen e il suo capolista, questo Jordan Bardella, giovanissimo (28 anni, origini italiane, famiglia di immigrati, cresciuto a Saint-Denis, banlieue parigina) scelto come erede della dinastia e del partito. Bardella vanta origini modeste e popolari (a differenza delle élites macroniste) veste come un manichino, sempre giacca e pantaloni scuri slim, camicia bianca e cravatta, capelli cortissimi. È un po’ rigido, nella sua legislatura europea non si segnalano iniziative significative, si dice che il suo vero impegno a Bruxelles sia stato seguire un corso di inglese. Eppure è lui il front man. Slogan di sapore nostalgico come la “France revient”, la Francia ritorna. Nessuna vera proposta se non genericamente di far rivivere l’Europa delle nazioni, ma un solo bersaglio: Emmanuel Macron “l’effaceur”, cioè l’uomo che ha cancellato l’identità della Francia. Bardella ha così rivelato il disegno del Rassemblement: fare del voto europeo un referendum su Macron che, nel meeting del suo pupillo, Marine Le Pen ha definito “un presidente in stato di assedio, fischiato al salone dell’agricoltura, che cerca di salvarsi con stupefacenti posture guerresche”.
Tutto quel che succede nella politica francese va visto alla luce di questa lotta titanica ed epocale: per Emmanuel Macron, l’uomo che doveva rappresentare una nuova forma di politica, emancipata dal tradizionale fronteggiarsi di destra e sinistra, sarebbe uno smacco storico consegnare l’Eliseo all’erede del vilipeso Jean-Marie Le Pen, caricaturale rappresentante della vecchia Francia coloniale e collaborazionista.
Ma effettivamente Emmanuel Macron appare non da oggi stretto in un assedio dal quale cerca di liberarsi con colpi di teatro come quello della settimana scorsa quando ha evocato la possibilità di inviare truppe in Ucraina. Molto si è discusso se sia stata una gaffe, una provocazione o l’ammissione di realpolitik che è già realtà sul campo. Ma era soprattutto un tentativo di riaffermare la leadership politica francese in Europa, mentre il cancelliere Olaf Scholz è in difficoltà sul fronte interno e come Macron intravvede la sconfitta alle elezioni europee a vantaggio di un’estrema destra, la AfD, che si presenta persin peggio del Rassemblement francese.
La questione ucraina ha almeno consentito al primo ministro Gabriel Attal di mettere in vera difficoltà Marine Le Pen nel dibattito all’Assemblea: “Se aveste vinto voi, saremmo qui a discutere quante armi inviare alla Russia…” Madame non ha replicato, sul bilancio del partito rimane l’onta di quasi dieci milioni di euro avuti come finanziamento grazie a Putin.
Tuttavia la politica estera non peserà quasi niente nel voto. Tutto si gioca sugli slogan che toccano l’intimo emotivo, l’immigrazione soprattutto e su questo l’estrema destra ha imposto le sue parole d’ordine. In Francia come in Italia il voto europeo non riguarda il destino dell’Unione europea ma l’uso che se ne farà in politica interna. La costituzionalizzazione della libertà delle donne sul proprio corpo, oggi, è però un risultato concreto e non solo simbolico. La Francia dei diritti, almeno su questo, è tornata.
***
www.huffingtonpost.it
04 Marzo 2024

Aborto in Costituzione.

Non è tutto rose e fiori,

ma la Francia scrive un pezzo di storia

di Giulia Belardelli
È il primo paese al mondo. La spinta di Macron per chiare finalità politiche, in cerca di consensi tra l’elettorato progressista; l’ampio consenso in Parlamento convocato in sessione straordinaria a Versailles (780 i voti a favore su 925); il chiaro altolà alle derive trumpiane e orbaniane. Indignato il Vaticano: “Non esiste diritto a sopprimere la vita”
Poco importa che il fine ultimo di Emmanuel Macron sia stato recuperare voti a sinistra: la svolta avvenuta oggi in Francia, dove il Parlamento convocato in sessione straordinaria al Palazzo di Versailles ha votato per inserire il diritto all’aborto nella Costituzione (780 i voti a favore su 925 parlamentari), rappresenta una prima volta assoluta, un precedente che eleva la tutela di questo diritto al livello più alto della giustizia, in un momento in cui in diverse parti del mondo è negato o rimesso in discussione. Comunque la si pensi al riguardo, il fatto di rendere intoccabile il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, mettendolo al riparo da spinte reazionarie, è la risposta a un trend che negli ultimi anni si è affermato dagli Stati Uniti all’Ungheria, passando per la Polonia e arrivando a lambire l’Italia, come indica una proposta di legge per rendere obbligatorio l’ascolto del battito fetale prima dell’aborto. È in questo panorama che va inserita la battaglia – avviata dalle femministe francesi e dalla sinistra, e poi sposata da Macron – per far diventare la Francia il primo Paese al mondo a inserire in Costituzione il diritto all’aborto. Un passaggio epocale, contro cui si è subito espressa la Pontificia Accademia per la Vita: proprio nell’epoca dei diritti umani universali, non può esserci un “diritto” a sopprimere una vita umana.
Ma a Versailles si va avanti, scrivendo – non senza polemiche – un altro pezzo di storia. Quattro giorni prima dell’8 marzo, Giornata internazionale dei diritti della donna, il Parlamento francese approva un emendamento che introduce nell’articolo 34 della Costituzione risalente al 1958 la seguente frase: “La legge determina le condizioni alle quali si esercita la libertà garantita alle donne di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza”. In questo modo – sottolineano i promotori della riforma – l’accesso all’aborto può considerarsi al riparo da eventuali marce indietro come quelle che si sono registrate negli Stati Uniti o in alcuni Paesi europei.
Il dibattito sulla costituzionalizzazione dell’aborto esisteva già da qualche anno in Francia, ma ha preso consistenza sulla scia di quanto accaduto negli Usa nel 2022, dove la Corte Suprema plasmata dall’allora presidente Donald Trump ha ribaltato la sentenza Roe v. Wade che di fatto riconosceva il diritto federale all’aborto, dando ai singoli stati il via libera per mettere fuori legge l’Ivg. Ma le preoccupazioni non sono limitate agli Usa: sebbene l’aborto sia legale nella maggior parte dell’Unione Europea, i populisti di destra in tutto il blocco hanno implementato – o stanno implementando – politiche progettate per limitare o rendere più complicato l’accesso alla procedura medica. La Polonia ha messo al bando l’aborto nella maggior parte dei casi mentre era al potere il partito di destra Diritto e Giustizia, anche se il nuovo primo ministro Donald Tusk sta lavorando per revocare il divieto. In Ungheria le donne incinte vengono costrette ad ascoltare il battito del feto fin dalla prima ecografia. In Italia, dove abortire è già complicato a causa dell’alta percentuale di medici obiettori, è di questi giorni la notizia della presentazione alla Camera di una proposta di legge di iniziativa popolare intitolata “Un cuore che batte”: il provvedimento, sponsorizzato da associazioni ultra-cattoliche come Pro Vita e Famiglia onlus, mira a modificare in senso orbániano la legge 194 del 1978 che regola il diritto all’aborto nel nostro Paese.
In Francia l’accesso all’aborto non è mai stato messo in discussione, una circostanza che rafforza le critiche di chi accusa Macron di essersi lanciato in una battaglia non necessaria solo per il proprio tornaconto elettorale. L’Ivg è stata legalizzata nel Paese nel 1975, quattro anni dopo un appello shock in cui 343 donne, tra cui le attrici Jeanne Moreau e Catherine Deneuve e le scrittrici Simone de Beauvoir, Marguerite Duras e Françoise Sagan, rivelarono di aver abortito. Da allora la legge è stata aggiornata nove volte, ogni volta con l’obiettivo di estendere l’accesso. Il Consiglio costituzionale francese, l’organo che decide sulla costituzionalità delle leggi, non ha mai sollevato dubbi. In una sentenza del 2001, il Consiglio ha basato la sua approvazione dell’aborto sul concetto di libertà sancito nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789, che tecnicamente è parte della Costituzione. Quindi, secondo molti giuristi, l’aborto era già un diritto costituzionale, non c’era bisogno di una mossa così plateale.
Di sicuro quando ha annunciato, un anno fa, il desiderio di includere nella Costituzione la “libertà” di abortire, il presidente Macron sapeva di lanciarsi in una battaglia altamente popolare: secondo i sondaggi, circa l’85% dei francesi sostiene la riforma. Probabilmente, con questa mossa il leader di Renaissance sperava di mettere in difficoltà i conservatori, cosa che è avvenuta solo in parte. Malgrado una certa riluttanza, infatti, alla fine anche la destra e l’estrema destra hanno finito per votare principalmente a favore della riforma. Ufficialmente, il Rassemblement National di Marine Le Pen sostiene il diritto di interrompere una gravidanza, ma l’aborto rimane un argomento controverso tra le sue fila: dei suoi 88 deputati, 46 (tra cui la tre volte candidata alle presidenziali) hanno votato a favore della revisione costituzionale, 12 hanno votato contro, 14 si sono astenuti. Una certa spaccatura, insomma, c’è stata, ma non sufficiente a rappresentare una vera battuta d’arresto per un partito che continua a crescere in vista delle elezioni europee di giugno. Un recente sondaggio ha mostrato che la lista pro-Macron per le europee è 12 punti percentuali dietro l’alfiere dell’estrema destra francese e solo sette davanti alla lista sostenuta dai socialisti guidata da Raphaël Glucksmann. Molti elettori hanno voltato le spalle a Macron dopo la svolta a destra su questioni come l’immigrazione, un arretramento che il suo staff spera di colmare con il traguardo della costituzionalizzazione dell’aborto.
Contro la modifica costituzionale si è espressa la Conferenza episcopale di Francia, che ha lanciato un appello “al digiuno e alla preghiera”. “Il nostro Paese si onorerebbe iscrivendo piuttosto la promozione dei diritti delle donne e dei bambini. Di tutti i Paesi europei, la Francia è l’unico dove il numero di aborti non cala ed è anche cresciuto negli ultimi due anni”, si legge in una nota firmata dal presidente della Conferenza episcopale Eric de Moulins-Beaufort. “Preghiamo soprattutto affinché i nostri concittadini ritrovino il gusto della vita – di darla, di riceverla, di accompagnarla, di avere e di allevare dei bambini”. Nel comunicato si sottolinea che “come cattolici dovremo sempre restare dei servitori della vita di tutti, del concepimento fino alla morte”. I vescovi si dicono inoltre determinati a “sostenere coloro che scelgono di tenere i loro figli anche in situazioni difficili”, ma anche di “circondare di rispetto e compassione coloro che sono ricorsi all’aborto”. Più duro il commento della Pontificia Accademia per la Vita: “proprio nell’epoca dei diritti umani universali, non può esserci un diritto a sopprimere una vita umana”.
Ma quella dei vescovi francesi è, appunto, una voce isolata in una società stra-favorevole alla novità. Chi non è d’accordo sono soprattutto alcuni esperti di diritto secondo cui si corre il rischio di “svilire la Costituzione a fini elettorali”. Tra questi c’è Anne Levade, professoressa di diritto all’Università Parigi-Sorbona. “C’è una particolarità francese che porta i politici – in modo quasi pavloviano – a cercare un cambiamento costituzionale ogni volta che vogliono segnalare l’importanza che attribuiscono a una questione”, lamenta Levade alla Bbc, sottolineando come la revisione non cambi assolutamente nulla, “al di là dell’essere un simbolo”. Lei e altri esperti temono che lo scopo della Costituzione – stabilire un insieme sparso di regole immutabili all’interno delle quali la legge e la politica possano funzionare – rischi di essere indebolito se diventa un depositario di una successione di diritti.
Sono considerazioni che non scalfiscono la soddisfazione del governo di Parigi, ma anche della sinistra e delle attiviste francesi. “Quando i diritti delle donne vengono attaccati in tutto il mondo, la Francia si alza e si pone in prima linea nel progresso”, ha sottolineato il primo ministro Gabriel Attal, che è arrivato al Congresso di Versailles con il figlio di Simone Veil, storica ministra della Salute che approvò nel ‘75 la legge sull’aborto. Quasi cinquant’anni dopo, quel diritto ha fatto un passo storico: per la prima volta è lì, scritto nero su bianco tra le pagine di una Costituzione.
***
da AVVENIRE
3 marzo 2024
Analisi.

L’aborto in Costituzione:

Parigi spegne il lume della sua fiaccola di civiltà

Giuseppe Anzani
Il Parlamento francese ha introdotto l’aborto nella Costituzione. Scelta ideologica, non necessaria a consentire le interruzioni di gravidanza, che sono state, in Francia, nel 2022, oltre 234.000
I 925 parlamentari francesi, deputati e senatori, riuniti oggi in Congresso nella reggia di Versailles hanno approvato l’inserimento del diritto all’aborto nella Costituzione. La Francia è il primo Paese che decide di inserire l’interruzione volontaria di gravidanza nella propria Carta fondamentale. Sono stati 780 i voti a favore.
Il testo, discusso e definito dopo lunghi dibattiti, dice così: «La legge determina le condizioni nelle quali si esercita la libertà garantita alla donna di far ricorso a una interruzione volontaria di gravidanza».
Viene così modificato l’articolo 34 della Costituzione, che elenca le materie soggette a riserva di legge: vi campeggiano i diritti civili e le garanzie fondamentali accordate ai cittadini per l’esercizio delle libertà pubbliche; i mezzi d’informazione (libertà, pluralismo, indipendenza); i doveri civici, gli istituti di diritto privato fondamentale, la legislazione penale, le imposte, il regime elettorale, l’economia, la difesa, l’istruzione, il lavoro, e il resto che compone il grande orizzonte strutturale di uno Stato moderno che tiene separati i poteri sovrani.
Così la Costituzione detta legge alle leggi. Per questo, l’aborto messo lì vuol dire una sorta di trasloco dalla sede ordinaria a una sede privilegiata, quasi un salto di rango. Il testo non dice “diritto di aborto”, parla di esercizio libertà garantita; espressione che mescola facoltà e pretesa, libertà di fare e diritto di esigere, quasi prenotando prestazioni d’altri non evocati. A che serva in concreto non è chiaro, in una Francia dove l’aborto ha numeri di massa, oltre 234mila nel 2022. La scelta è chiaramente ideologica.
La Costituzione, infatti, non è una legge come le altre, è una bandiera. Contiene una sorta di fede proclamata in valori che presidiano la convivenza sociale, strutturano il villaggio umano, armonizzano libertà e autorità, mostrano i traguardi ideali di una comunità. Analizziamo dunque la nuova deriva libertaria nella patria dei Lumi, quella che scrisse “liberté” sulle bandiere della sua Rivoluzione; quella che ne donò il simbolo statuario al Nuovo Mondo. La Dichiarazione del 1789 la definì così: «La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri». Come non sentirvi l’eco della sapienza romana, quel “non far male agli altri”, quel “dare a ciascuno al suo” che è il succo della giustizia tramandato alla civiltà del mondo? Il male non è libertà, non è libertà la morte.
L’aborto fa il male d’un altro essere umano, gli toglie ciò che è suo, la vita, è una ingiustizia inflitta alla radice dell’esistenza. L’ideologia abortiva è un lume spento a cancellare nel buio il volto del figlio ucciso. Fino a negarne la consistenza umana; fino a farne un intruso, un ingombro da cui il corpo asservito si libera. Questa percezione pervertita (Thompson e seguaci) non tocca più neppure i sentieri del diritto, ma quelli del potere sul corpo proprio e sulla percezione indotta del “corpo estraneo” dentro di sé.
Ripenso, allora, alla maternità raffigurata negli infiniti dipinti, nelle statue di cera o nei bronzi di volti affiancati, nelle liriche commosse dei poeti. Rinasce allora, in cuore, il lume del miracolo della vita, la sua origine dentro l’abbraccio dei corpi, uomo e donna in liturgia di dono, e la venerazione primaria di questa vita donata e fattasi “altra” da chi l’ha generata. E si comprende perché, nella gerarchia delle norme che l’uomo ha trascritto, copiando dal vero la natura (il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me) esistono alcune somme grundnormen diverse dalle altre, e suprema fra tutte quella della vita.
Se c’è qualcosa che grida, dentro l’emendamento odierno alla Costituzione francese, è il silenzio sulla libertà di mettere al mondo il proprio figlio, contando sulla solidarietà sociale della comunità che si accresce di un proprio membro, di un proprio figlio. Singolare lacuna di una norma che finisce per gestire un fallimento, anziché prevenirlo e scongiurarlo; incapace di provvidenze salvavita e dedita a spicci funerali di vite uccise, mascherati da sgombero di superflui rifiuti.
Una dissacrazione che fa impallidire, regnante Macron, la laicizzazione forzata della Terza Repubblica di Jules Ferry e di Gambetta. Non per nulla a difendere la vita sono rimasti i vescovi di Francia. Per ragioni di Ragione prima che di Fede. E fuor di politica, perché la vita dei figli del grembo ha per solo partito l’amore alla vita. La Chiesa, come è detto nel Concilio, non è legata ad alcun sistema politico, ma è «il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana».
***
da AVVENIRE
lunedì 4 marzo 2024
Francia.

La Pontificia Accademia:

vita, non può esserci il diritto a sopprimerla

L’organismo vaticano presieduto dall’arcivescovo Paglia ricorda che “la tutela della vita umana è il primo obiettivo dell’umanità” e invita i governi a “dare i meglio” perché “diventi una priorità”
«Proprio nell’epoca dei diritti umani universali, non può esserci un “diritto” a sopprimere una vita umana». è il giudizio espresso dalla Pontificia Accademia per la Vita (Pav) «in merito all’inserimento nella Costituzione, in Francia, della garanzia della libertà per le donne di ricorrere all’aborto».
«La tutela della vita umana – afferma l’organismo vaticano presieduto dall’arcivescovo Vincenzo Paglia – è il primo obiettivo dell’umanità e può svilupparsi soltanto in un mondo privo di conflitti e lacerazioni, con una scienza, una tecnologia, un’industria a servizio della persona umana e della fraternità». La centralità del tema in un tempo come quello che stiamo vivendo spinge la Pontificia Accademia a invitare «tutti i governi e tutte le tradizioni religiose a dare il meglio affinché in questa fase della Storia la tutela della vita diventi una priorità assoluta, con passi concreti a favore della pace e della giustizia sociale, con misure effettive per un universale accesso alle risorse, all’educazione, alla salute. Le particolari situazioni di vita e i contesti difficili e drammatici del nostro tempo vanno affrontati con gli strumenti di una civiltà giuridica che guarda prima di tutto alla tutela dei più deboli e vulnerabili». Il pensiero del Papa in materia, ricordato dalla nota dell’Accademia vaticana, è inequivocabile: «La difesa della vita – disse nell’udienza generale del 25 marzo 2020 – non è un’ideologia, è una realtà, una realtà umana che coinvolge tutti i cristiani, proprio perché cristiani e perché umani. (…) Si tratta di agire sul piano culturale ed educativo per trasmettere alle generazioni future l’attitudine alla solidarietà, alla cura, all’accoglienza, ben sapendo che la cultura della vita non è patrimonio esclusivo dei cristiani, ma appartiene a tutti coloro che, adoperandosi per la costruzione di relazioni fraterne, riconoscono il valore proprio di ogni persona, anche quando è fragile e sofferente».
Un pensiero del quale si coglie l’eco nel comunicato diffuso dai vescovi francesi all’indomani del varo del provvedimento in Senato, con parole che la Pav cita nella premessa della sua nota, a sottolineare la piena unità della Chiesa sul punto: «L’aborto, che rimane un attentato alla vita fin dall’inizio – ha scritto la Conferenza episcopale francese il 29 febbraio –, non può essere visto esclusivamente nella prospettiva dei diritti delle donne». I vescovi d’oltralpe hanno espresso rammarico in particolare per il fatto che «il dibattito avviato non abbia menzionato le misure di sostegno per coloro che vorrebbero tenere il proprio figlio». Il Papa, la Pontificia Accademia, i vescovi: tre voci che ricordano a tutta la società che «non può esserci un “diritto” a sopprimere una vita umana».

Lascia un Commento

CAPTCHA
*