Omelie 2019 di don Giorgio: TERZA DI PASQUA
5 maggio 2019: TERZA DI PASQUA
At 28,16-28; Rm 1,1-16b; Gv 8,12-19
La fede dei primi cristiani
Non mi stancherò di ripetere, nelle omelie di queste domeniche del tempo pasquale, che il libro “Atti degli apostoli”, scritto dall’evangelista Luca, è un capolavoro, che ha come protagonista lo Spirito santo, che agisce, accompagnando misteriosamente, non dunque spettacolarmente, lo sviluppo del cristianesimo dai primi inizi.
Come ogni inizio di una straordinaria avventura, così anche il cristianesimo, nato sulla croce mentre Cristo esalava il respiro, ovvero donava lo Spirito santo all’umanità, era come sotto gli effetti di una droga pasquale (scusate l’espressione forse un po’ troppo forte).
Lo Spirito aleggia sulle acque
La fede dei primi cristiani sembrava una esaltazione collettiva, ma non lo era. Era invece quel ritorno alle origini, quando il Signore creò il mondo. La Bibbia inizia così: «In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque» (Gen 1).
L’espressione: “lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque” richiama, nel verbo “aleggiare”, le ali di un uccello: da qui l’immagine della colomba (presente anche nel racconto del diluvio universale: altro inizio di una nuova umanità).
Cristo stesso, all’inizio del suo ministero pubblico tra la gente, ricevette una investitura particolare. Si parla della discesa su di lui dello Spirito santo sotto forma di colomba.
L’azione originale dello Spirito santo
Forse sarebbe il momento di chiederci: in realtà, qual è l’azione originale, ovvero la novità dello Spirito quando agiva sulla creazione?
Talora ci sembra di pensare allo Spirito santo come a qualcosa che richiama una ventata rivoluzionaria, ma non ci poniamo la domanda: in che cosa consiste questa novità?
Si tratta forse di un nuovo radicale inizio, dopo uno sbandamento generale? Si tratta forse di porre fine ad una creazione oramai in coma, dopo millenni di dissacrazione dell’opera divina? Non è anche questo, in fondo, il desiderio dell’uomo contemporaneo, quando prende coscienza di una società che va sempre più alla deriva?
Ricominciare daccapo, rinascere un’altra volta, rimettere in gioco la potenza di un Dio che, come ha saputo trarre dal nulla l’esistente, potrà anche rimettere nel nulla il suo primo parto, per creare ex novo dal nulla un’altra opera, nella speranza che riesca meglio del primo parto?
In fondo, non è così che va intesa la nascita del cristianesimo? Non è forse iniziato con il dono di quello Spirito, sulla croce?
Ma la cosa assurda è stata, secondo il mio pensiero, la capacità diciamo diabolica della Chiesa che, fin dall’inizio, ha preso la via del riflusso, ovvero del ritorno al prima, al prima del dono dello Spirito sulla croce, ovvero della nuova nascita. Era successo anche con il diluvio: tutto come prima, anzi peggio di prima.
Certo, noi ci diciamo, ci vantiamo di essere cristiani, ma cristiani in che senso? Cristiano vuol dire seguace di Cristo, ma di quale Cristo? Non è forse vero che questo nostro Cristo è solo quello storico, ovvero colui che ha compiuto i miracoli, ha detto questo e quello, dimenticando l’altro Cristo, quello della fede, ovvero il Cristo dello Spirito santo, che ha aperto una nuova via: quella della rinascita?
Sapete come i primi credenti in Cristo venivano chiamati? “Seguaci della Via”! Sì, il cristianesimo non era visto all’inizio come una dottrina, ma come la Via (in greco “odòs”). Meno male che la nuova traduzione del Vangelo è fedele al gesto greco: nella traduzione precedente c’era “ i seguaci della dottrina”. Era sbagliata!
Ma poi che cosa è successo: la Chiesa prenderà la via del ritorno, del riflusso sull’antica strada.
Via verso il Nuovo
Ma la Via del Cristo, ovvero il cristianesimo, non è un ritorno al vecchio, ma un cammino verso il Nuovo. E qui sta il bello di ciò che possiamo chiamare un’altra felice invenzione di Dio: una invenzione, che in realtà è una riscoperta di ciò che c’era già. Il nuovo s’innesta sempre sulle origini, il che non significa che si torna indietro, nel vecchio. Lo so che talora si può giocare sulle parole: si torna, ma non si torna, origini e vecchio. Bisogna anche usare la testa e comprendere il significato delle parole.
In fondo, Cristo non ha inventato nulla di nuovo. Ha solo posto gli esseri umani di fronte a un bivio: o andare verso il baratro, oppure ritornare in quel sé, che è un riflesso divino. Il filosofo greco Socrate aveva fondato il suo messaggio sull’oracolo di Delfi: “Conosci te stesso e conoscerai Dio!”. Così Platone e altri.
Dunque, conosci te stesso e sii te stesso. Ecco anche il messaggio evangelico, che si aggancia al pensiero degli antichi filosofi greci.
Che dire? Mi chiedo – sono domande un po’ provocatorie – il motivo per cui la società di oggi sia finita nelle mani di populisti “carnali”, e per “carnale” intendo una politica che prende la massa per la gola o per il ventre. Mi chiedo il motivo per cui non si prenda invece coscienza del fatto che si è alienati, senza porsi almeno qualche perché.
Perché la gente di oggi non si chiede: esiste un’altra qualità di vivere? Che significa vivere? La vita non è forse anche pensiero, intelletto, spirito? Ma chi oggi, neppure la Chiesa, parla di essere, come di quella realtà che è l’essenza di noi stessi?
Conosci te stesso, e vivrai. Diversamente, se restiamo fuori di noi, ovvero alienati, saremo costretti a vegetare come cadaveri.
Perché oggi esiste tanta infelicità, tanta insoddisfazione? Il motivo è questo: si vive fuori di noi, come alieni. Siamo altri da noi stessi.
Perché follemente e barbaramente la politica continua sulla strada della carnalità, e perché la Chiesa non ha il coraggio di parlare apertamente (parresia!) di essere e del mondo dello spirito?
Sì, la politica è una barbarie, complice una Chiesa che tace, preoccupata solo di salvare la faccia dagli scandali per la pedofilia del suo clero.
Anche il cittadino tace, anche il credente tace. E acconsente.
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