Omelie 2022 di don Giorgio: PENTECOSTE

5 giugno 2022: PENTECOSTE
At 2,1-11; 1Cor 12,1-11; Gv 14,15-20
Dire Pentecoste è dire “cinquantesimo giorno” dalla risurrezione di Cristo. La parola “pentecoste” significa appunto “cinquantesimo giorno”.
Scrive Luca, nel libro “Atti degli apostoli”, che nel cinquantesimo giorno da quell’Alba, tanto misteriosa quanto sconvolgente, lo Spirito santo scese sugli apostoli, riuniti in preghiera nel cenacolo.
Cenacolo, come dice il nome, indicava di per sé la sala superiore di una casa signorile (solo i benestanti possedevano case solitamente spaziose), dove appunto la sala superiore serviva per la cena, che era il pasto principale della giornata, al quale prendevano parte tutti i familiari e gli ospiti eventualmente presenti.
Per i credenti la parola “cenacolo” richiama ancora la sala superiore, offerta in uso probabilmente da una famiglia benestante, dove Gesù aveva consumato con i suoi apostoli l’ultima cena prima della sua morte. Vorrei ricordare che proprio in queste sale spaziose delle case signorili i primi cristiani si radunavano per celebrare la cosiddetta “fractio panis” o Eucaristia. Non dimentichiamo che non c’erano ancora chiese o luoghi di culto, che saranno costruiti dopo che l’Imperatore Costantino permetterà la libertà religiosa per i cristiani.
Ed è in questa sala superiore o cenacolo che gli apostoli e i discepoli abiteranno o si riuniranno dopo l’ascensione di Gesù in cielo.
Scrive più esplicitamente Luca: “Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù”.
Sempre Luca scrive che Pietro ha tenuto il suo primo discorso davanti a centoventi persone. E tutto fa pensare che proprio su queste cento e più persone lo Spirito si posò con i suoi doni.
Cerchiamo di chiarire alcune cose prima di fare alcune riflessioni.
Leggendo il racconto di Luca rimaniamo colpiti dalla spettacolarità del fenomeno pentecoste, o discesa dello Spirito santo sui primi cristiani.
Appunto un fenomeno, ovvero qualcosa di esteriore, di carnale. Ma forse non siamo ancora riusciti a interpretare in profondità il racconto di Luca, che ricorre a delle immagini o paragoni (“come un vento”, “come di fuoco”) per spiegare il dono dello Spirito.
Le immagini o paragoni non vanno mai intesi in senso letterale. Sono immagini o paragoni da cogliere nel loro senso più profondo. A Luca interessa dire che tutti i presenti “furono colmati di Spirito Santo”. Questo è l’unico intento: dire che lo Spirito santo è dentro di noi in tutta la sua pienezza di grazia. E per farlo capire meglio Luca ricorre a delle immagini, che dunque non vanno interpretate alla lettera.
Il racconto di Luca, se lo intendessimo in senso letterale, contraddirebbe ciò che troviamo scritto in una stupenda pagina dell’Antico Testamento, che narra l’incontro di Elia con Dio sul monte Oreb. Una pagina da leggere e da rileggere sempre con attenzione.
Dopo la vittoria sul Monte Carmelo sui quattrocentocinquanta falsi profeti, che aveva sfidato da solo, Elia deve di nuovo fuggire, e va verso il monte di Dio Oreb.
Durante il cammino, il profeta di nuovo cade in una forte depressione: sente la solitudine e vuole morire. Superata la crisi, il profeta giunge sulla montagna. Qui trova di nuovo il suo Dio. In forma misteriosa e per enigma, il Signore gli annuncia che sta per passare. Ed ecco che un uragano terribile che spacca le rocce si precipita su di lui e passa; poi un terremoto poi il fuoco. E il racconto insiste nel ripetere: “Il Signore non era nel vento… il Signore non era nel terremoto… il Signore non era nel fuoco…”. Infine Elia sente “un sussurro di brezza leggera. Come lo sente, si copre il volto con il mantello, esce e si ferma all’ingresso della caverna”. Qui incontra il Signore.
Talora rifletto. Come può lo Spirito manifestarsi carnalmente? È Spirito, o no? E non è vero che, se si manifesta carnalmente attraverso fenomeni eclatanti la gente crede di più. Da notare un’altra cosa. Invece che dire che lo Spirito santo “scese” sugli apostoli, bisognerebbe dire: ri-discese, cioè è sceso di nuovo, dal momento che, la sera stessa del giorno di Pasqua, il Cristo Risorto, apparendo agli apostoli chiusi in casa per paura dei Giudei, dona lo spirito. Scrive Giovanni: “Pace a voi… Detto questo soffiò e disse loro: Ricevete lo Spirito santo”.
Da notare, lo stesso Giovanni scrive che già sulla croce, mentre Gesù di Nazaret muore, emette, ovvero dona lo Spirito. In altre parole, lo Spirito è il dono del Cristo morente e del Cristo risorto.
E allora che cos’è la Pentecoste, ovvero come va inteso il racconto di Luca negli “Atti degli apostoli” della discesa spettacolare o fenomenale dello Spirito sugli apostoli?
Semplicemente come una liturgia con tanti riti da celebrare ogni anno, con il rischio che tali celebrazioni coprano il significato più profondo di un Mistero, la presenza dello Spirito in noi, che, proprio perché è profonda, è del tutto ignorata.
Pensate che, ancora quando ero giovane teologo, ci dicevano che lo Spirito era l’eterno sconosciuto. Nessuno ne parlava. Si parlava del Cristo storico, della Chiesa sacramentale, ma dello Spirito non se ne parlava. L’eterno sconosciuto!
Eppure, ci sono stati movimenti detti spirituali o dello Spirito, che avevano cercato di far rinascere lo Spirito santo nella Chiesa, ma sono sempre stati combattuti dalla Chiesa istituzionale.
Un’ultima riflessione la dovrei riservare alla presenza nel cenacolo di Maria e di alcune donne, tra cui Maria di Magdala. Solo un pensiero che riprende altri pensieri che ho già sviluppato in vari interventi. Ancora oggi si pensa che lo Spirito sia una proprietà della Chiesa maschilista. E per garantire questo si dà alla Madonna una importanza del tutto carnale, favorendo devozioni popolari del tutto esteriori.
E pensare che sulla Croce, mentre Cristo moriva, c’era un solo apostolo, maschio, Giovanni, e oltre a Maria, la Madre di Gesù, c’era un gruppetto di donne, tra cui Maria di Magdala. Cristo risorto appare per primo a Maria di Magdala. E poi che cosa è successo? Gli apostoli, maschi, fuggiti per paura, erano tornati, garantendosi quel primato nella Chiesa nascente che, man mano si espandeva, emarginava la donna in quanto tale.
Eppure, lo Spirito aveva scelto il grembo di una donna, Maria di Nazaret, per fecondarlo con il seme divino. E così. è istintivo pensare che il Mistero trinitario sia da porre in un grembo femminile, eternamente in gestazione.

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