Il grande baro
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POLITICA
05/07/2019
Il grande baro
La lotta di Salvini all’immigrazione è una truffa mediatica. La partita di giro con Malta, sbarchi fantasma e muro sloveno svelano il grande bluf
By Pietro Salvatori
Come può un ministro della Repubblica dire “è una nave olandese, se li prenda l’Olanda”, e il giorno dopo sostenere di fatto “è una nave italiana, se li prenda Malta”? Come può cantare vittoria perché nemmeno una delle persone raccolte dalla Mediterranea metterà piede nel Belpaese (salvo i 13 sbarcati perché vulnerabili) quando l’accordo con La Valletta è una partita di giro che ne porterà altrettanti dal suolo maltese a quello italiano? Come può sostenere che gli sbarchi “sono diminuiti del 97%” e allo stesso tempo additare le Ong come nemiche del popolo italiano quando le barche delle organizzazioni non governative sono latrici di una percentuale residuale di quel pur scarno 3% di carico umano che per la maggior parte viene raccolto dalle imbarcazioni della Marina, della Guardia costiera, o arriva con barchini fantasma? E come può additare all’emergenza nazionale a fronte di quegli stessi numeri che attestano, bontà sua, che di emergenza non si tratta? E come può seraficamente andare sul confine orientale del nostro paese, sollevare la necessità di “un muro” di trumpiana memoria a difesa dei patri confini quando men che meno in quelle terre siamo in presenza di un’emergenza umana, sociale e sanitaria? “Venti, trenta gli ingressi irregolari riscontrati nella settimana”, ha detto Salvini riferendosi al Friuli, tre o quattro al giorno, forse un migliaio l’anno: una tale marea da giustificare una barriera fisica per fermare l’orda?
La risposta a queste poche domande è semplice: può, perché la bolla comunicativa sapientemente creata dal leader leghista convoglia paure e tensioni di un paese nel quale, secondo l’Istituto Cattaneo, il 73% della popolazione sovrastima la presenza di immigrati nel nostro paese, creando la comfort zone di una narrazione che vede assedianti respinti valorosamente dagli assediati per tutelare l’incolumità della res pubblica.
Il principale corollario alla risposta è: perché conviene. Il dossier immigrazione è la più classica delle win-win situation. Se lo sbarco viene impedito, si grida al successo, al “io non mollo”, al “se voi ci siete, io ci sono”, al “ho io la testa più dura della loro”. Se lo sbarco viene consentito non è mai “a carico del contribuente”, o “previo accordo di redistribuzione con altri paesi europei”. Le persone entrano, tante si disperdono, e finiscono di essere un problema da palcoscenico pubblico, perché non più funzionali alla grande storia. Infine se lo sbarco viene consentito e i migranti entrano nel sistema d’accoglienza nostrano, c’è un grande complotto da additare, un magistrato complice a liberare una capitana pirata, un nemico più grande che ci abbandona nonostante il nostro indomito valore. Alimentando un sentimento di rivalsa e una voglia di ribaltare il tavolo che rende il prossimo giro di giostra ancora più solido nella grande strategia del nemico alle porte.
L’Europa è immune da critiche? Assolutamente no. Veti e contro veti bloccano da anni una riforma seria dei trattati di Dublino, che alla prova dei fatti si sono dimostrati quanto di meno comunitario ci possa essere in una comunità, scaricando sui paesi rivieraschi la responsabilità del problema. Come, se non si vuole essere manichei, non si può essere ciechi di fronte all’evidente vantaggio in termini di notorietà di quella che è diventata una battaglia politica di molte delle Ong che operano nel Mediterraneo, il cui peso sull’agenda pubblica è almeno pari alla natura pura della missione che si prefiggono, quella di salvare vite umane.
La controparte di governo, quella del Movimento 5 stelle, va un po’ a rimorchio, un po’ sbanda, un po’ rischia frontali. Appena ieri Giuseppe Conte insieme a Vladimir Putin ha posto l’accento sull’escalation cui si sta assistendo in Libia, ai bombardamenti sui campi profughi, alla delicatezza della situazione. Oggi Luigi Di Maio, come nulla fosse, accusa Mediterranea di strumentalizzare l’accoglimento a bordo di persone che “potrebbero essere salvate dalla marina libica”, improvvisamente non più lo sgangherato corpo di dubbia affidabilità di uno stato sull’orlo della guerra civile.
Ma è proprio il capo politico del Movimento 5 stelle a dire quel che è nascosto solo agli occhi di chi non vuol guardare: “Dobbiamo anche dire che nell’ultimo mese sono sbarcate 300 persone, qui stiamo parlando di 55 persone su una barca”.
D’altronde la soluzione sarebbe semplice. Salvini ha battuto mani e piedi per ottenere l’approvazione del Decreto sicurezza bis (ampiamente criticato su queste pagine), che gli conferisce tre potenti strumenti: una multa salata per chi supera le acque territoriali dopo aver ricevuto l’alt, procedimenti giudiziari per il comandante, il sequestro dell’imbarcazione. Basterebbe che le autorità italiane, intimato il divieto, lasciassero entrare le imbarcazioni nelle acque territoriali e procedessero a norma di legge dopo aver concesso lo sbarco in un porto sicuro. E per le Ong farsi carico di un rischio calcolato nel momento del via libera. Ma cadrebbe il castello di carta di strali, editti e titoli di giornale che in loop alimenta rumore di fondo e consensi, sulla pelle di cinquanta malcapitati di turno, mentre altri 300 (Di Maio dixit) toccano la terraferma nel silenzio generale, poco più di comparse nel grande romanzo del nemico alle porte.
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dal Corriere della Sera
Caso migranti salvati
5 luglio 2019
Sea Watch,
Carola Rackete querela Salvini
e dice: «Rifarei tutto, il ministro Salvini
parla ma non conosce i fatti»
L’avvocato della capitana che ha soccorso oltre 50 migranti: «Dal ministro propaganda truculenta e invereconda. Non si può insultare gratuitamente»
di Franco Stefanoni
Carola Rackete, la capitana tedesca che ha forzato il blocco imposto dal Viminale per far sbarcare un gruppo di migranti a Lampedusa, querelerà il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. E, intervistata dal Guardian, ha rivendicato le azioni compiute il 29 giugno, quando non ha rispettato l’alt imposto dalla guardia di finanza italiana e ha attraccato a Lampedusa, facendo sbarcare i 42 migranti a bordo della Sea Watch. «Le vite delle persone contano di più di qualunque gioco politico», ha detto la 31enne al quotidiano britannico, «se mi trovassi ancora nella stessa situazione, non ho dubbi: rifarei tutto». «Per due settimane abbiamo informato le autorità che la situazione delle persone a bordo diventava sempre più critica e che le condizioni mediche dei migranti peggioravano di giorno in giorno», ha dichiarato Rackete, «ma era come parlare a un muro. L’incidente nel porto è stato l’esito disperato di una frustrante catena di eventi iniziata almeno 20 giorni prima». Quanto al ministro Salvini, la comandante esprime così il suo giudizio: «Rappresenta un fenomeno, l’avanzata dei partiti di destra, che sfortunatamente si sta verificando in tutta Europa, Germania e Gran Bretagna incluse, e che parla di immigrazione senza essere supportata dai fatti». «Io non ho una casa, non ho un’auto, non mi interessa avere uno stipendio fisso e non ho una famiglia», ha aggiunto, «nulla mi impediva di impegnarmi. Spero di tornare presto sul mare, perché è lì che c’è bisogno di me».
La denuncia
«Abbiamo già preparato la querela nei confronti del ministro Salvini», ha spiegato il legale della capitana, Alessandro Gamberini, parlando ai microfoni della trasmissione L’Italia s’è desta su Radio Cusano Campus. «Non è facile – ha aggiunto – raccogliere tutti gli insulti che Salvini ha fatto in queste settimane e anche le forme di istigazioni per delinquere, cosa che è ancora più grave se fatta da un ministro dell’Interno. Nel circuito di questi leoni da tastiera abituati all’insulto, è lui che muove le acque dell’odio. Una querela per diffamazione è il modo per dare un segnale. Quando le persone vengono toccate nel portafoglio capiscono che non possono insultare gratuitamente». Salvini ha replicato via Twitter: «Infrange le leggi e attacca navi italiane, e poi mi querela. Non mi fanno paura i mafiosi, figurarsi una ricca e viziata comunista tedesca! Bacioni».
«Espulsione? Difficile»
L’avvocato Gamberini ha anche detto: «Abbiamo vinto una battaglia ma non la guerra, il procedimento contro Carola continua. Rimane attualmente indagata per il reato di resistenza a pubblico ufficiale e del reato previsto dall’articolo 1100 del Codice della navigazione. Espulsione? Difficile per i cittadini comunitari. Lasciamo perdere la propaganda truculenta che la qualifica come delinquente, quella che è abituato a fare il ministro dell’interno in maniera invereconda e irresponsabile, il giudice ha detto che non c’è nulla, che quella condotta è stata nell’ambito di una risposta ad una situazione drammatica che c’era a bordo. Trattare come nemico principale una barca che ha salvato 50 naufraghi che si avvicina alle nostre coste è davvero ridicolo. Salvini avrebbe autorizzato sbarco il mattino successivo? Questo non era stato assolutamente comunicato a Carola, lei non è abituata ai giochini politici di cui Salvini è maestro». Secondo il legale di Carola Rackete: «La battaglia contro le Ong è una battaglia pregiudicata, si è scelto un nemico. L’ong salva dei naufraghi in male nei limiti delle proprie possibilità, accusare le ong di essere responsabile di un’invasione barbarica è ridicolo. L’ong non fa politica. Abbiamo fornito alla Procura un report dettagliato di come è avvenuto il salvataggio. Il tema è evidente che non può essere quello di dirci: dovete portare i migranti in Libia. Chiunque sa che quello non può essere considerato un porto sicuro».
Il governo usa parole a vanvera, dimostrando di non conoscerne il significato. Si parla di emergenza, di garanzia, di invasione, di connivenze delle ong con gli scafisti. E se da un lato la Libia, così tormentata e senza una vera identità politica viene additata come un posto pericoloso, dall’altra ci si aspetta che la guardia costiera di quel paese sia una sorta di isola felice che accolga i profughi per portarli in paradisi terrestri e in strutture sicure.
L’unica cosa sicura invece è che “la governance” del nostro paese con questo strano connubio tra lega 5 stelle,si regge solo sulle menzogne quotidiane dei suoi esponenti e su strabilianti promesse inattuabili. Roba che in altri tempi avrebbe provocato crisi di governo in serie
Se i nostri vescovi (Mario Delpini in primis) avessero il coraggio di criticare il “grande baro” Salvini consiglierei loro la frase di un arcivescovo del ‘600 francese François Fenelon che aveva osato criticare la politica di Luigi XIV (il re Sole): “Non v’è nulla di più spregevole d’un oratore di professione che usa le sue parole come un ciarlatano usa i suoi rimedi.”