VERSO UNA NUOVA COMUNITÀ CRISTIANA DI BASE: Al Dio ignoto/7

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di don Giorgio De Capitani

Leggendo gli scritti dei mistici più radicali e anche di filosofi e scienziati fuori del comune, non solo si ha l’impressione, ma la certezza che esiste un piano, quello della fede, che è al di sopra degli altri campi, talmente al di sopra da non esserci alcuna possibilità di un passaggio.  È assolutamente necessario fare quel “salto”, che è il tema di fondo, presente negli scritti di Søren Kierkegaard.

Non so se sia giusto avere delle riserve nei confronti della scienza, della filosofia e della teologia. È importante distinguere, che non significa separare, la scienza dallo scienziato, la filosofia dal filosofo, la teologia dai teologi. Ci è istintivo identificare lo scienziato con la scienza, ecc., e ciò succede quando diciamo: la scienza dice, la filosofia dice, la teologia dice. Ho fiducia nella scienza in quanto tale, ma non di per sé negli scienziati, e così via.

Non dimentichiamo che, nel passato, lo scienziato era contemporaneamente matematico, fisico, medico, psicologo, filosofo e anche teologo. Le scoperte ad esempio nel campo strettamente fisico comportavano un riflesso negli altri campi. Pensate alla concezione meccanicistica dell’universo che ha condizionato per tre secoli i vari rami della scienza e della filosofia. Proprio su questo vorrei ora soffermarmi, facendomi aiutare da Fritjof Capra, fisico e saggista moderno, di cui ho letto alcuni libri, tra cui “Il Tao della fisica”, il più famoso, inoltre: “Il punto di svolta” e “Per una nuova saggezza”. Ve li consiglio.

Premetto subito alcune cose. Anzitutto, Fritjof Capra ha la grande dote di riuscire a comunicare al lettore, anche di cultura media, argomenti non sempre di facile comprensione. Inoltre, per la sua apertura scientifica anche alle mistiche orientali, non è ben visto dai cosiddetti scienziati puri. Terza, e ultima osservazione: non ho la capacità scientifica di giudicare il pensiero di Capra; dico solo che lo ringrazio vivamente per avermi aperto gli occhi, e di avermi offerto l’opportunità di cogliere qualche intuizione, che mi è servita ad accostarmi anch’io al fascino del mondo orientale, senza per questo cadere nella moda esoterica o del new age. So ancora valutare l’autenticità di un messaggio universalistico, senza tradire la mia fede cristiana.

Nei suoi scritti, Fritjof Capra non fa che demolire a colpi di piccone la teoria meccanicistica, secondo la quale l’universo è una macchina e nient’altro che una macchina. Funziona come una macchina, secondo le leggi della meccanica. Autori e sostenitori: Descartes (Cartesio), Bacone, Newton ecc. Niente di più orrendo che si potesse pensare! Tutto programmato. Immaginate le conseguenze nei vari campi, dalla fisica all’astronomia, dalla biologia alla psicologia e alla medicina. I principi della meccanica furono applicati a tutte le scienze della natura umana e alla società. Lo stresso essere umano rimase vittima di una simile concezione meccanicistica: sia individualmente che nelle relazioni sociali. La concezione meccanicistica comportò, anche per l’autorevolezza di Newton, l’arresto per alcuni secoli delle scoperte scientifiche. Sembrava che non si potesse più uscire dal cerchio. Pensate solo ai danni enormi che una simile visione determinò sulla natura. Fu soprattutto Bacone che modificò profondamente il rapporto con la natura. Egli intese la scienza come mezzo per dominare e controllare la natura. Cito le parole di Fritjof Capra: «La natura, nella sua concezione, doveva essere “rincorsa nelle sue peregrinazioni”, “costretta a servire” e resa “schiava”. Essa doveva esser “messa in ceppi” e scopo dello scienziato doveva essere quello di “strapparle con la tortura i suoi segreti”… L’antico concetto della terra come alma madre fu radicalmente trasformato negli scritti di Bacone, e scomparve dl tutto quando la Rivoluzione scientifica procedette a sostituire la concezione organica della natura con la metafora del mondo come macchina” Scrive ancora Capra: “Il mutamento drastico nell’immagine della natura da organismo a macchina ebbe un forte effetto sugli atteggiamenti della gente nei confronti dell’ambiente naturale».

Poi venne finalmente la grande scoperta che rivoluzionò di nuovo la scienza, bloccata dalla macchina del mondo newtoniana. Iniziò con Albert Einstein e si arrivò alla scoperta della teoria quantistica. Semplificando al massimo, possiamo dire, usando sempre le parole di Fritjof Capra, che «in contrasto con la concezione meccanicistica cartesiana del mondo, la visione del mondo che emerge dalla fisica moderna può essere caratterizzata con parole come organica, olistica ed ecologica… L’universo non è più visto come una macchina composta da una moltitudine di oggetti, ma dev’essere raffigurato come un tutto indivisibile, dinamico, le cui parti sono essenzialmente interconnesse e possono essere intese solo come strutture di un processo cosmico».

Fritjof Capra insiste nel dire che non si può più parlare di costruzione, ma di rete. Il mondo è percepito come una rete (da qui il suo libro “La rete della vita”), in cui ogni singola parte dipende da tutte le altre parti e nessuna è più fondamentale. La rete richiama relazione. Dunque il mondo è una rete di relazioni. Il concetto di relazione diventa più importante del concetto di struttura o di entità dell’oggetto: si tratta di un cambiamento radicale dall’oggetto alla relazione. Scrive Capra: «Questa visione ci fa molta paura, perché è molto diversa dalla nostra tradizione scientifica, intellettuale, filosofica. Ma è la visione dominante, per esempio nella tradizione buddhista e taoista, si ritrova in molte tradizioni mistiche orientali». Continua Capra: «Per i saggi taoisti, tutti i fenomeni nel mondo facevano parte della Via cosmica, il Tao, e le leggi seguite dal Tao non erano state date da alcun legislatore divino, ma erano inerenti alla sua stessa natura. Le principali scuole del misticismo orientale concordano quindi con la concezione della filosofia del bootstrap, secondo la quale l'universo è un tutto interconnesso in cui nessuna parte è più fondamentale delle altre, cosicché le proprietà di una parte qualsiasi sono determinate da quelle di tutte le altre. In questo senso, si potrebbe dire che ogni parte "contiene" tutte le altre e, in realtà, una percezione di mutua incorporazione sembra essere una caratteristica dell'esperienza mistica della natura. Come dice Shri Aurobindo: "Per il senso supermentale non vi è nulla di realmente delimitato: esso si fonda sulla percezione del tutto in ogni cosa e di ogni cosa nel tutto”. Questa idea del tutto in ogni cosa e di ogni cosa nel tutto ha trovato la sua elaborazione più ampia nella scuola Avatamsaka del Buddhismo Mahayana che viene spesso considerata il punto più alto e conclusivo del pensiero buddhista». «… Così si esprime Sir Charles Eliot: "Si dice che nel cielo di Indra esiste una rete di perle disposta in modi tale che, se ne osserva una, si vedono tutte le altre riflesse in essa. Nello stesso modo, ogni oggetto nel mondo non è semplicemente se stesso ma contiene ogni altro oggetto, e in effetti è ogni altra cosa. In ogni particella di polvere, sono presenti innumerevoli Buddha"».

Vi invito a meditare queste parole: «Quando la mente è turbata, si produce il molteplice, ma il molteplice scompare quando la mente si acquieta”. Le ha scritte Asvahosa, primo grande poeta indiano vissuto probabilmente all’inizio del 2º sec. d. C. Di famiglia brahmanica, si convertì al buddismo. È il rappresentante più antico del dramma classico indiano e autore, fra l'altro, di un poema di alta ispirazione artistica, il Buddhacarita ("Le gesta del Buddha"), tradotto in cinese e in tibetano, pervenutoci monco nell'originale sanscrito).

Di Fritjof Capra, invece, mi piace ricordare la sua esperienza mistica, che egli descrive nel suo libro “Il Tao della fisica”: «Cinque anni fa ebbi una magnifica esperienza che mi avviò sulla strada che doveva condurmi a scrivere questo libro. In un pomeriggio di fine estate, seduto in riva all’oceano, osservavo il moto delle onde e sentivo il ritmo del mio respiro, quando all’improvviso ebbi la consapevolezza che tutto intorno a me prendeva parte a una gigantesca danza cosmica. […] Sedendo su quella spiaggia, le mie esperienze precedenti presero vita; “vidi” scendere dallo spazio esterno cascate di energia, nelle quali si creavano e si distruggevano particelle con ritmi pulsanti; “vidi” gli atomi degli elementi e quelli del mio corpo partecipare a quella danza cosmica di energia; percepii il suo ritmo e ne «sentii» la musica: e in quel momento seppi che questa era la danza di Śiva, il Dio dei Danzatori adorato dagli Indù».

Tutto sembra tornare là, alle sorgenti del grande fiume, ovvero alla grande mistica orientale, che ha preceduto le più grandi scoperte scientifiche e che ha resistito a qualsiasi tentativo di soppiantarla. Mentre la scienza ha subito arresti e ha preso forti cantonate, la mistica orientale è ancora qui a insegnarci l’eterno segreto della nostra felicità.

Potrà essere anche discutibile, però a me piace il connubio tra scienza e mistica, per la semplice ragione che l’essere umano è “uno”, e non può essere suddiviso in diversi scompartimenti, e per la ragione che la scienza non può arrogarsi il diritto di sentirsi superiore a qualsiasi altra scienza, e tanto meno a quel mondo misterioso che la scienza non riesce a far suo.

(7/continua)

 

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