Ecce homo!
di don Giorgio De Capitani
Ancora fino a qualche anno fa ci speravo,
oggi di meno, molto di meno, forse non più!
È vero: un tempo era troppo il dogmatismo istituzionale,
ma trapelava ovunque un Pensiero vivace.
Intelligenze spingevano in profondità,
spiriti liberi scalpitavano.
Sì, ci speravo,
affidandomi a Pastori “illuminati”.
Oggi regnano il caos, la confusione, l’irresponsabilità,
l’amore ossessivo della propria immagine,
l’incoscienza, la stupidità di massa, l’idiozia-sistema,
l’esibizione buonista che solletica la pelle,
illudendo una folla di coglioni cutanei,
che osservano ebeti l’osceno spettacolo,
mentre uno stupito bagliore di erbacce in fiamme
screpola il corpo e l’anima,
lasciando lo spirito interiore privo di quell’acqua vitale
che solo lo Spirito divino può offrire.
Speravo che almeno il giorno di Natale
la sacralità del Mistero del Logos eterno
riuscisse a rinsavire una Chiesa uscita di testa,
dopo due millenni di altalenante alienazione.
Oggi tutto si è stabilizzato in una noia mortale:
neppure una boccata di aria buona,
neppure un venticello ad accarezzare lo spirito interiore.
Il corpo terribilmente ingrossato rantola,
tra sghignazzi di demoni che giocano
a mascherarsi di gente perbene!
All’umano corporeo la pelle viene distesa in ogni sua piega,
lasciata a cuocere ai raggi del sole,
aggravandone scottature e screpolature.
Ecce homo!
Sembra dirci la religione della pelle.
Già! Ecce homo!
E i poveri cristi sono destinati o predestinati
ad una morte inesorabile e magari precoce,
sotto lo sguardo di una folla che neppure reagisce,
rassegnata allo spettacolo indecente.
Ecce homo!
Ed ecco i crocifissi dalla cecità devota di compiacenti
seguaci di una Chiesa che ha perso perfino
il pudore della propria nudità.
Pudende oscene!
Gli onesti, i pochi onesti, distolgono lo sguardo,
ma, ovunque, si offrono nudità di pingui corpi
che sembrano quasi ossessionati di farsi osservare,
godendosi a loro volta nell’osservare altri osceni corpi,
in una frenetica gara di concupiscenze voluttuose.
Nella visione della Valle delle ossa inaridite,
Ezechiele, il più grande profeta dello Spirito,
vede finalmente scendere dall’alto il Soffio divino,
pronto a infondere la vita, ricomponendo i cadaveri,
nelle loro singole parti separate e decomposte,
fino a rimetterli in piedi e a farli camminare.
Oggi perfino i profeti, pseudo-profeti del grosso animale,
sembrano gridare eccitati al miracolo,
ma alle parole di un giocoliere idolatrato dalle folle.
Ed eccoli, questi falsi profeti, proni a leccare il culo
del Principe del fastoso soglio pontificio.
Hanno perso la parola tagliente:
gliela hanno tagliata i troppi ossequi:
si sono lasciati dolcemente castrare!
“Benedetto l’anti-Benedetto!
Osanna al principe degli Osanna!”.
Benedetto e osannato, il Principe invoca da Se stesso
benedizione e pacificazione su tutta la terra.
Eppure speravo che qualcosa succedesse:
che si aprisse almeno uno squarcio di cielo
e scendesse dall’alto il vagito di un Bimbo:
l’inizio di Novità di quel Logos (o Sapienza eterna),
l’Unico a saper parlare al cuore dell’umanità.
Ci speravo, ma anche questo Natale è passato
tra la bolgia di insulsi sentimentalismi
e la stupidità di ritualismi feticistici,
senza dire e senza dare nulla di Nuovo,
lasciando di nuovo, anche quest’anno,
un cuore arido, una aridità di spirito.
Speravo che si aprisse un filo di luce,
e che si insinuasse nell’essere umano,
ma la Chiesa ha preferito accarezzare il grosso animale,
come se nella grotta di Betlemme fosse rimasto solo il bue,
sazio per aver mangiato il fieno della culla vuota.
Ci speravo, e ogni anno siamo qui ad avere
il respiro pieno di acre incenso,
l’unico a godersi il vuoto di chiese e cattedrali,
anch’esse nauseate di una specie di ombre di credenti,
tornati a riprendersi lo stesso posto dell’anno scorso.
Ci speravo, ma…
Il Natale è passato, ed è arrivata la Befana,
una vecchietta che fa da buona strega
per i nostri bimbi che sembrano, ma non lo giurerei,
gli unici a divertirsi tra i balocchi di Natale e i doni delle calze.
Ma, ad ogni anno che passa, questi tesorucci di mamma e papà
sono sballottati in una ruota che gira all’impazzata,
– la ruota del nulla sempre più nulla –
consumati nella loro presunta innocenza
e sottoposti alle regole di una società civile e religiosa
che sa parlare solo di pelle alla pelle,
annullando le esigenze dello Spirito,
aggravando così le problematiche esistenziali,
riempiendo vallate e vallate di nuovi cadaveri,
in attesa del giudizio universale.
C’è tanta poesia ma anche un po’ di trivialità… Un afffresco a tinte fosche, “postmodernista”, del vuoto alienante, della lebbra/sudiciume consumistico-capitalistica, che ci ammorba
Probabilmente la prossima campagna elettorale si prospetta come una delle peggiori al quale abbiamo assistito sino ad oggi, inciuci, cambi di casacca e quant’altro, che solo a pensarci viene già il mal di stomaco.
Me ne terrò debitamente alla larga, tanto so già chi voterò.
Il quadro è desolante, la preoccupazione contagiosa e non sembra esserci nessuno sbocco. È in momenti come questo, però, che il Cristiano deve reagire e trovare la forza di risollevarsi.
«In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.» (Gio. 12.23)
Sono d’accordo, Giuseppe.