VERSO UNA NUOVA COMUNITÀ CRISTIANA DI BASE: Al Dio ignoto/2

 

di don Giorgio De Capitani

So benissimo che parlare di certi argomenti ai credenti di oggi – la cui fede per la grande maggioranza può essere definita “liquida”, ovvero ondeggiante, impalpabile, sempre però entro i limiti di una rigida struttura religiosa, una specie di stagno stagnante –, è un’impresa estremamente ardua: non capiscono, non seguono, e, ancor peggio, deridono. Probabilmente non ci arrivano: per loro il cielo è fatto solo di fatue stelle che brillano di luce artificiale; vivono in un mondo di cose, banalizzate a tal punto da immedesimarsi con loro. Anche Dio è ridotto ad una cosa: ad un idolo, oggetto-immagine delle loro più squallide passioni, o così freddo e imperturbabile da spegnere qualsiasi battito d’Infinito. Al dio-oggetto corrispondono solo oggetti. Un dio coseificato e coseificante!

Fermatevi per un attimo, e con sincerità rispondete: Siete soddisfatti del dio in cui dite di credere? Riuscite almeno a immaginare un Dio diverso? Già il fatto che non accettate di mettere in discussione il dio della religione, a cui appartenete, non vi fa riflettere?  Dio chi è per voi? È così scontato da non permettervi qualsiasi critica? Nessun dubbio?

Anche se apriste tutte le porte e le finestre della vostra religione, non sarebbe ancora sufficiente: rimarreste in casa, aspettando che esse si chiudano. Vi dà fastidio l’aria nuova, vi irrita il bagliore della luce. E correreste subito a bloccare la casa, per paura che il vostro dio cambi forma, appaia in tutta la sua nudità di oggetto-idolo.

Parlando di Mistica come una tra le possibilità per uscire dalla banalità del dio-idolo, non intendo identificarla con questo o con quell’altro autore mistico. Non mi piace sentirmi un fan. Essere in sintonia con qualcuno che ritengo aperto al Mistero divino non significa fermare la ricerca che, proprio perché è ricerca, rimane aperta a qualsiasi tentativo, da qualsiasi parte provenga. La Mistica non è prerogativa di nessuno: fa parte della sete infinita che c’è in ogni essere umano. L’autore del Salmo 42 invoca: «Come una cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio. L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio?». Il mondo è pieno di corsi d’acqua. Perché abbeverarmi ad una sola?

Fatte queste doverose premesse, vorrei continuare nel tentativo di uscire dalle strettoie della religione, per cogliere di Dio quel quid che mi faccia gustare l’anelito all’Infinito.

Non c’è solo la Mistica. E non c’è solo la Natura o il Creato: comunque, tutto dipende da cosa intendiamo per Natura o per Creato. Sì, viviamo sulla terra, ma la terra è un puntino  nell’Universo. La nostra arroganza ce lo fa dimenticare. Ci sembra di essere i padroni del mondo, quando non siamo neppure signori di noi stessi. Parliamo di fratellanza, ed è già tanto se ci sentiamo e viviamo da fratelli nel nostro piccolo. Essere fratelli comporta una visione più ampia della nostra vita. Già il fatto di essere ospiti sulla terra, pellegrini, di passaggio, senza alcun diritto di proprietà, ma solo affittuari, amministratori, con l’impegno di consegnare nel miglior modo possibile ai posteri ciò che abbiamo ricevuto, ci dovrebbe responsabilizzare, invece che farci prendere dall’ansia di accaparrarci più cose, come se fossero qualcosa di dovuto o di meritato. In base a quali criteri? Una vera fraternità non può fare a meno della Gratuità. Vale la pena ripeterlo. Non siamo abituati a sentirci dire che, se non viviamo di Gratuità, non possiamo sentirci fratelli. Torneremo su questi temi.

Vorrei ora allargare la visuale, oltre ciò che noi chiamiamo Terra. Facciamo parte o, meglio, siamo parte di un Universo, inimmaginabile anche alla più estesa fantasia. Non è questione di sentirci un puntino infinitamente miserevole, ma di essere in realtà un tutt’uno con il Tutto. Che cosa comporta? Penso che la risposta sia solo all’inizio, e che siamo ancora molto lontani dall’intuirne qualcosa, tanto più che non vogliamo porci nemmeno la domanda, abituati come siamo a brucare l’erba del nostro orticello.

Essere parte di un Tutto, nel senso di essere costituzionalmente nel Tutto, ci toglie dall’isolamento, dalla solitudine, dalla finitudine, che ci fanno sentire come un pulviscolo nell’Immenso. Conoscere di essere parte del Tutto non ci dà un’altra dimensione della vita, non ci permette di gustare l’ebbrezza dell’Infinito? Altro che il dio-limite della religione! Altro che adorare un idolo di fattura umana! Ogni qualvolta mi sento un essere nell’Essere dell’Universo – che non sembra mai esaurirsi neppure nelle conoscenze scientifiche: anzi, più la scienza dilata le sue conoscenze, più a sua volta l’Universo si dilata sorprendendo continuamente la scienza – sento i brividi del Divino.

Che significa allora essere nell’Essere dell’Universo? Anzitutto, è difficile esprimere con parole ciò che è veramente l’Universo, che non è una specie di macchina come la scienza ci ha fatto credere per secoli. Basterebbe dire che è vitale, e già ci è istintivo pensare ad un complesso organismo, dove le energie non stanno mai in riposo, ma sono in perenne evoluzione. Ma c’è di più: queste energie non agiscono autonomamente, ciascuna a modo suo, pur governate da una mente comune. L’armonia non sta nel loro funzionamento, ma   nella loro stessa costituzione: l’armonia è il loro Tutto, un Tutto che non è la somma dei singoli particolari. Quando apro una finestra sul mondo, a me piace sognare le cose più belle, al di là di ciò che fisicamente vedo attorno o davanti a me. Se poi ho la fortuna di abitare in un angolo di paradiso terrestre, allora i sogni si tingono ancor più di colori fantasiosi. La Bellezza è sempre oltre le cose pur belle, che La riflettono solo in parte, ma non sono la Bellezza. Ecco perché la fantasia o la creatività non bastano mai. 

Quando la scienza – non posso negare che essa mi sia stata d’aiuto più che la religione – apre finestre sull’Universo, nel senso che ne scopre le dinamiche, andando al di là della sua fisicità, ovvero penetra in quel mondo misterioso che è il cuore pulsante del Tutto, allora mi sembra di rivivere, pensando alle possibilità mai in esaurimento di energie in continua evoluzione, e mi immergo nell’Immenso, di cui l’Universo non è che una scintilla, carica però di vita eterna che si esprime man mano nel tempo.

E noi che facciamo? Vegetiamo sulla crosta terrestre, consumandola a più non posso, senza renderci conto che andremo a concimare la Terra. Se almeno, nel breve (comunque, sempre breve) pellegrinaggio, prendessimo coscienza che non tutto di noi diventerà concime, ma che continueremo a far parte dell’Universo, finché ci saranno possibilità di vita.

(2/continua

9 Commenti

  1. trevize ha detto:

    La foschia si diradò e vidi la luna piena nella notte estiva;
    mi sopraggiunsero ricordi di ciò che lessi e mi venne detto
    e la fresca mente immediatamente si oscurò con nuvole minacciose.

  2. Patrizia 1 ha detto:

    Grazie don Giorgio Lei è una luce nelle tenebre che la Chiesa sta vivendo.

  3. Giovanni ha detto:

    Vorrei segnalare un libro per aprire la nostra mente all’ infinito. Del Prof. Vittorio Marchi : Io,L’Universo,Dio – la grande equazione.
    Grazie per il bellissimo articolo don Giorgio.

  4. Porrati Adolfo ha detto:

    Carissimo don Giorgio, mi sento di dirti ‘avanti così’. Un certo tipo di mondana, burocratica e gerarchica chiesa, non può fare a meno di ‘scimmiottare’ le istituzioni politiche, o dovrei dire partitiche, nel comportarsi banalmente secondo regole emesse dagli apparati centrali, cioè da non mettere in discussione, da non criticare nè contraddire, pena l’allontanamento, l’esilio, la retrocessione, ecc. Se ciò può essere vero per un politico, un manager, uno sportivo, non lo è poi molto per un ‘religioso’. Sto pensando a tante figure di spicco che proprio per il fatto di essere state allontanate (in altre parole ‘fraternamente castigate’: devi pensare, fare e dire quello che noi ti diciamo!), sono invece diventate una spina nel fianco di questo becero sistema di ‘mezze maniche’, rinascendo, fiorendo, seminando e spandendosi dove forse prima nemmeno era possibile pensare. In barba a chi ha operato per smorzare voci, ha ottenuto invece l’effetto contrario! Sto pensando, per citare alcuni tra i più conosciuti esempi a livello anche di massa, a personaggi come don Milani, don Primo Mazzolari, padre David Maria Turoldo, padre Alex Zanotelli ex direttore di Nigrizia. Tutta gente bistrattata, combattuta dalla marea di ‘parrocchetti’, spesso intenti solo nel ‘fare il proprio mestiere’, come ragionieri a cui interessa che i conti tornino alla fine del mese con la raccolta delle decime. Costoro sono saliti in cima a campanili più alti di quelli del proprio orticello, facendo risuonare campane il cui suono ha investito masse sempre più grandi di gente. Un suono fatto di ‘qualità’ del sentire, qualità di ‘fede’, qualità del bisogno dell’uomo di uscire da secolari sonnolenze pseudo religiose, incompatibili con la Parola in cui si dice di credere. Io sono convinto che tu sia una di queste persone, destinata a rompere schemi di vite già scritte fin dalla nascita, a svelare il vero volto di un Dio che non vuole essere inchiodato ogni giorno (perchè così sta lì buono e tranquillo e ‘mi lascia fare’), ma che erompe nella continua Resurrezione, esplodendo nell’esaltante trionfo della vita senza inizio nè fine. Dunque ‘avanti così, don Giorgio’. Ricordo che Davide Turoldo, quando ancora vivo e seguivo in quel di Fontanella di Sotto il Monte, finiva sempre la Liturgìa dicendo ‘la Messa non è ‘MAI’ finita, ‘andiamo’ in pace’. Poveri e miseri quei molti che, ritardatari, si affrettano la domenica in chiesa per assolvere supinamente al ‘duro compito’ settimanale di ascoltare quel quarto d’ora, mezz’ora di Messa stentata, uscendo alla fine frettolosamente, per riappropriarsi con soddisfazione, della propria vita per tutto il resto della settimana, senza pensare che Dio nè va in pensione, nè stacca la corrente come fosse una macchinetta a gettoni, ma che è operante, vivificante e presente ogni secondo di ogni giorno della nostra vita terrena. Ti auguro ogni bene ed un’esplosione di vita nuova all’insegna della missione, non in India, non in Africa, ma magari solo nelle brulle lande di una Brianza o di una Lombardia dove Dio è reso muto da quella che invece dovrebbe essere la sua ‘prima’ rapppresentante in terra. (Speriamo in Francesco). Un saluto fraterno, Adolfo.

  5. Giuseppe ha detto:

    Di fronte all’ignoto, come di fronte all’universo, ci sentiamo impotenti e smarriti. Il limite è nella nostra mente, nei nostri sensi che pur consentendoci di vedere, sentire, toccare e assaggiare sia con il gusto che con l’olfatto ciò che circonda, ci dà la sensazione che sia tutto qui. Il resto non possiamo capirlo perché non ci riusciamo. Se sento dire o leggo che Dio è “perfezione” oppure che è “onnipotente”, sinceramente non sono neanche in grado di capire che cosa significhi, perché la perfezione e l’onnipotenza, come anche l’eternità, sono concetti che non fanno parte del mio bagaglio di conoscenza e della mia capacità di comprendere. Per questo motivo poi l’essere umano cerca di attaccarsi a qualcosa che può capire senza difficoltà e che lo fa sentire meglio, costruendosi un’idea della divinità a lui più congeniale, ma comunque sbagliata, perché umana. E solo il passaggio ad un’altra vita ci renderà, forse, finalmente capaci di capire, o quanto meno di conoscere Dio. San Paolo nella prima lettera ai Corinzi scrive: “quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino, ma quando sono diventato uomo, ho eliminato ciò che è da bambino. Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto.”

  6. diogene ha detto:

    … il cardinal Martini aveva affermato: “La differenza non è tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti”.
    I tuoi pensieri, caro don Giorgio, sono anche i miei! Grazie.
    (Il mio slogan è: “voglio essere relativista!”)

  7. GIANNI ha detto:

    Tra i misteri della religione:
    si dice di domandare le grazie, tramite intercessione della Madonna, o dei santi, o dei parenti defunti, ad esempio per la salute di una persona:
    Pare che talora funzioni.
    Ma perchè per qualcuno si, e per altri no?
    Già solo a partire da tale interrogativo, mi pare evidente come la religione non spiega tutto, in realtà neppure dice la sua, visto che la risposta è..mistero della fede.
    Ci sono sicuramente cose che non sappiamo, altre che non capiamo, e che probabilmente non capiremo mai.
    Tra queste, personamente continuo a non capire la concessione di talune grazie, in particolare per quanto riguarda la guarigione.
    Pare, anche in base a precise analisi mediche, che certe guarigioni siano realmente miracolose, eppure poche, rispetto alle preghiere.
    Allora, se è così, io mi domando anche quanto segue:
    perchè alcune preghiere vengono ascoltate, ed altre no?

  8. PietroM ha detto:

    Caro don Giorgio,
    sappiamo benissimo che tutte le speculazioni conducono ad un Principio deducibile ma non intellegibile, se non intuibile con il cuore. Là, dove l’intelletto non giunge a verità assoluta, ci pensa l’anima a compensare questo vuoto con il DIO DELL’UMANITA’. Unica asserzione possibile.
    Sant’Agostino meditava sul Mistero della Trinità, seduto sulla spiaggia, quando vide che un bambino correva avanti e insietro con una conchiglia piena d’acqua che versava in un buco scavato nella sabbia. Visto che non accennava a fermarsi, Sant’Agostino gli chiese cosa intendesse fare e il bambino gli rispose: “Voglio mettere tutta l’acqua del mare in questo buco”.
    “Vorrai scherzare, non vedi quanto grande è il mare e quanto piccolo il buco? Non ce la farai mai!”
    Allora il bimbo gli rispose: “E tu, come potrai comprendere l’immenso Mistero della SS TRINITA’, con quel minuscolo cervello che hai?”
    Dopo di che, il bimbo sparì.

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