Aggrappati a qualche rottame
L’EDITORIALE
di don Giorgio
Aggrappati a qualche rottame
Siamo almeno onesti intellettualmente: come non riconoscere che la società attuale difetta di qualcosa di essenziale? Checché se ne pensi, l’essenziale non è la somma dei particolari.
Lo capiamo da soli: ai particolari non vogliamo rinunciare, e per essi siamo pronti a scendere in piazza. Le vedete queste piazze riempite talora di gente che non sa che cosa vuole? Parla bene, parlando di valori, e poi razzola male, vivendo di particolari inutili.
Il problema è che non vogliamo pensare all’essenziale, la cui mancanza è riempita dalla presenza dei particolari, che urlano ai quattro venti i loro diritti, che si disperdono in deserti aridi.
L’essenzialità è il nostro essere, ma all’essere chi ci pensa? A poco a poco ci si abitua a farne senza.
Già la parola “essenzialità” fa paura, appena la sentiamo. Essa ci ricorda qualcosa come tirare la cinghia, crisi, o altro di simile.
Si pensa che essenzialità sia una parola inventata da filosofi o da mistici, ovvero da gente che si diverte a discutere per discutere, senza mai venire a capo di nulla di concreto. Ma sono proprio loro da ascoltare, perché rappresentano il grande Pensiero, capace di mettere in crisi anche una massa di imbecilli.
Loro ci parlano, e noi, sordi occidentali, anneghiamo nei nostri piaceri, anche aggrappandoci all’ultimo, irrinunciabile: un brandello di sfizio o gingillo o patacca appariscente.
E voi credete che la religione o la politica ci parli di quell’Essenziale, senza cui non vale la pena di vivere?
No, la religione e la politica ci danno solo surrogati, che amareggiano lo spirito, che è nel profondo del nostro essere. Più che amareggiarlo (lo spirito è spirito, e, per fortuna, è insensibile ad ogni cosa), lo si nasconde, coprendolo di una montagna di futilità.
I partiti poi litigano a più non posso (altrimenti quale sarebbe il loro scopo?) per creare, dentro di noi, un vuoto tale da costringerci a cercare altrove compensazioni consolatorie, ma in realtà mortificatorie.
E così crediamo di essere almeno in parte soddisfatti, aggrappati a qualche rottame di false speranze.
7 dicembre 2019
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2
E’ proprio vero Don Giorgio, siamo aggrappati a rottami di false speranze. Ma dove stiamo andando e perché? Quanti passi indietro abbiamo fatto da quell’uomo, che inventò la ruota per servirsene e non per esserne schiacciato, triturato, annientato? La malvagità di questo mondo è un atto di volontà collettiva, a riprova che la Provvidenza agisce e ordina, perché il balordo tentativo di mettere le mani al collo del nostro stesso spirito, che non essendo carne non può essere preso per il collo, è l’ennesima prova lampante di quanto l’uomo agisca in modo scomposto ed irrazionale.
Quest uomo privato di senso e direzione, straniero a se stesso e canaglia con il prossimo, è uno spettacolo osceno, un atto contro natura e contro la natura. Sarà pure da interpretarsi per simboli, ma questo darsi un senso solo di carne e psiche è la fotografia del cittadino modello, alienato da se stesso, indaffaratissimo nella costruzione della torre di babele.