Le chiese: mezze piene o mezze vuote?

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Le chiese: mezze piene o mezze vuote?

Non solo all’ottimista, ma anche a chi si accontenta di sopravvivere, non vuole problemi di coscienza, preferisce stare nel proprio brodo fa comodo vedere il bicchiere mezzo pieno o quasi, magari immaginando oltre la realtà del mezzo vuoto, addolcendola. Chi vede solo il bicchiere mezzo vuoto, può avere problemi di depressione, e finire poi nella stessa situazione di chi vede il mezzo pieno, accontentandosi della realtà, senza voler far nulla per migliorarla.
Sono convinto che oggi i preti in genere si accontentino delle chiese mezze vuote, rassegnati o addirittura soddisfatti pensando che altrove c’è di peggio. Ecco, sta qui la mia rabbia: nel sentir dire “Altrove c’è di peggio!”. Alla fine, troviamo sempre, in ogni caso, qualcosa di peggiore, e ci troveremo, contenti, anche con una sola persona in chiesa. Non ci sono forse chiese del tutto vuote?
Ci sono momenti liturgici in cui i preti tornano a sperare e a tirare un sospiro. Durante l’Avvento con il Natale e durante la Quaresima con la Pasqua, le chiese in parte si riempiono, per quel retaggio più o meno conscio del Mysterium fidei, che fin dall’antichità ha saputo animare le comunità dei credenti. Ma quel Mysterium, che accompagnava la vita quotidiana del credente lungo l’intero anno liturgico, ora si è accorciato e riguarda un periodo cronologico sempre più restrittivo: l’Avvento verso il suo concludersi, e la Quaresima nel Triduo pasquale.
           
Se dovessi riconoscere, in tutta sincerità, quale sia l’elemento più elettrizzante per riempire oggi, almeno in parte, le chiese, dovrei dire che sono le occasioni folcloristiche dei matrimoni, delle prime comunioni e delle cresime, e, togliendo l’aggettivo folcloristico, ma sostituendolo con un altro non meno formale, le occasioni dei funerali. Già dire folcloristico e dire formale, fa capire quanto sia difficile cogliere anche un solo barlume del Mysterium fidei. E non dimentichiamo che ci pensano gli stessi pseudo-credenti ad essere a loro modo “coerenti”, restando fuori delle chiese: ma sarebbero ancor più coerenti, corretti, educati, rispettosi, più sinceri se dovessero partecipare solo al pranzo.
Ma queste occasioni annuali non bastano a dare la carica alla validità di una parrocchia. Ed ecco che il prete inventa altre occasioni, per riempire in parte le chiese: anniversari di matrimonio, feste in onore di santi e di madonne, celebrazioni anche di eventi civili santificate con una Messa e benedette con l’acqua santa, e poi ci sono associazioni di ogni tipo, gli alpini non mancano mai, ecc.
Ciò che vorrei dire è questo: le chiese “ordinariamente” sono mezze vuote, ma la situazione è ancor più allarmante: dire “mezze vuote” ci permette di essere ancora un po’ ottimisti. La realtà è che le chiese sono quasi vuote.
Ma i nostri vescovi non si accorgono, anche perché loro contano le presenze dei fedeli quando si recano nella chiesa scelta per il loro ingresso in pompa magna, imponendo tra l’altro la soppressione delle Messe nelle parrocchie locali. Ecco perché Angelo Scola ha detto che lo svuotamento delle chiese è una diceria o una leggenda metropolitana. E pensare che, quando l’attuale vescovo di Milano si reca nelle parrocchie, la gente non si sforza più di tanto per incontrarlo, a differenza magari di Dionigi Tettamanzi, che, ancora oggi, da ex trova più gente ad applaudirlo.
Ma forse il problema non è chiesa piena o chiesa mezza vuota. Forse il problema vero è chiedersi il vero motivo per cui la gente si è allontanata dalla fede, mentre, dall’altra, le parrocchie continuano a vivere di feste e di folclore, con l’appoggio di leghisti tuttofare a cui importa il Mistero di Dio allo stesso modo con cui ruttano dopo essersi riempiti la pancia. 
8 agosto 2015
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

 

4 Commenti

  1. Gino ha detto:

    Ma se uno non crede più e decide, in piena autonomia, di non frequentare le chiese o se, al contrario, crede in qualcosa di diverso da ciò a cui, per tradizione, è stato abituato fin da piccolo… Saranno fatti suoi? Sarà libero di pensarla come crede?

  2. Fabio ha detto:

    Concordo su quanto Lei ha scritto Don Giorgio. E’ una fotografia realistica della situazione, e la cosa più triste è proprio l’indifferenza che sembra anestetizzare coloro che hanno sotto gli occhi tale desertificazione. La Chiesa ha fatto tanto per spalancare le sue porte a tutti, e proprio adesso scopre che da queste porte il suo gregge è uscito per andare a cercare qualcosa di più convincente? Ma come è possibile? Appunto: non può e non deve essere ammesso! Quindi avanti, che va tutto bene così, no, non abbiamo sbagliato nulla. E’ colpa del mondo. Ah certo che il mondo è scaltro con le sue proposte e con le sue false luci che oggi, con la tecnologia che c’è, davvero incantano i sensi dell’uomo alla grande.
    Ma forse ci stiamo dimenticando che lo Spirito Santo è la Vera Potenza. Non si può evangelizzare davvero se non nella potenza dello Spirito Santo. Un saluto.

    • luca ha detto:

      Purtroppo la Chiesa non vuole stare al passo coi tempi,le conseguenze sono che è diventata obsoleta.Sommiamo a ciò i vari scandali (lo IOR,appartamenti di lusso,preti in crociera,preti pedofili…) insomma i potenziali fedeli non sono stupidi.se vedono del marcio preferiscono altro.

  3. Giuseppe ha detto:

    Ho vissuto per anni all’ombra della parrocchia, percorrendo tutti i “passi” del cammino all’interno delle attività e delle associazioni che racchiudeva. Sono stato ministrante (o chierichetto come si diceva allora), ho fatto parte dell’azione cattolica, dalla prima infanzia fino alla maturità, ho tenuto riunioni, partecipato ad adunanze e raduni, insegnato catechismo e aderito al circolo universitario che veniva ospitato. Mia madre, tra l’altro, avrebbe tanto desiderato che diventassi prete, e quindi incoraggiava queste frequentazioni, benché fosse evidente che non avessi alcuna vocazione. Basandomi sulla mia esperienza, se la memoria non mi inganna, mi pare che, tranne forse gli anni del dopoguerra e il decennio degli anni ’50 pervasi da un bigottismo contagioso e un po’ eccessivo, il problema dell’abbandono delle chiese fosse sentito già allora, anche se in misura molto più contenuta. In pratica la gente accorreva numerosa, oltre che alla celebrazioni di matrimoni, funerali di persone molto amate e conosciute, prime comunioni e cresime, solo in alcuni giorni speciali, come la domenica delle palme (perché era impensabile fare a meno del ramoscello d’ulivo benedetto da portare a casa come una reliquia) e, naturalmente, il Natale. Ricordo ancora che il parroco della chiesa che frequentavo da bambino, prendeva addirittura accordi con i dirigenti scolastici perché, in occasione della festa patronale, venisse concesso agli alunni un giorno di assenza giustificata, in moda da consentire loro di andare a messa e partecipare alle attività religiose e ricreative appositamente organizzate. Col passare degli anni la cosa si è accentuata, anche perché nel frattempo la chiesa ufficiale cominciava a manifestare segni evidenti di logoramento, e le persone si sentivano più libere da certi vincoli ed erano più propense a rivolgersi a comunità o seguire figure di religiosi alternativi, che rispondevano maggiormente alle esigenze e alle aspettative della gente comune e rivolgevano una particolare attenzione verso gli emarginati e gli indigenti. Oggi, invece, la sete di spiritualità e il bisogno di sacro trova maggiormente rifugio nelle dottrine e nelle filosofie trascendentali provenienti dall’oriente, di cui è facile cogliere gli aspetti più positivi ed affascinanti. Anche perché spesso, vanno di pari passo con le pratiche della medicina non convenzionale e complementare. Tutto ciò, mentre l’apparato della chiesa cattolica, salvo poche eccezioni, ha fatto ben poco per rinnovarsi ed aprirsi ai cambiamenti sociali.

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