Siamo un popolo masochista e idiota

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Siamo un popolo masochista e idiota

Non so se esista un altro popolo come quello italiano che si compiace di auto flagellarsi in continuazione. Trecentosessantacinque giorni circa all’anno. Ventiquattro ore circa ogni giorno. Lascio stare di contare i minuti e i secondi.
Sì, perché non c’è nulla che vada bene in Italia, anche ciò che all’estero è invece ritenuto degno di apprezzamento. Noi sgangherato popolo, invece che appoggiarsi a qualcosa di valido, non abbiamo pace finché non troviamo almeno un pelo nell’uovo.
Ci sono giornali che si divertono ogni ora a pubblicare zizzania, anche se il campo è stracolmo di buon frumento. Ad esempio, quelli del Fatto Quotidiano fanno la stessa cosa che faceva un direttore di giornale insieme alla sua redazione. Alla sera, prima che il giornale uscisse, si trovavano, discutevano, raccoglievano materiale, poi lo selezionavano, separavano il buon grano dalla zizzania, e alla fine decidevano di pubblicare solo la zizzania.
Anch’io sono super-critico nei riguardi di questa società e della stessa chiesa a cui appartengo. Ma le critiche partono dalle idee che ho della società e della chiesa, e, in base a queste idee-forza, lotto, contesto e propongo.
Invece, non è così per la gran parte dell’opinione di massa: si limita a distruggere, a negare, a contestare. Siamo un popolo del NO per partito preso! Ci sono quelli del No Tav, del No Expo, del No riforma scuola, del No questo o del No quello.
Il no richiede di per sé un si: dico no per un sì a qualcosa in contrapposizione a ciò che non voglio o che ritengo sbagliato. Possibilmente in funzione del bene comune, e non solo per i miei interessi personali.
Invece non è così. La massa urla No, ma quali sono le motivazioni del No? Chiedetelo ad esempio agli studenti o agli stessi professori che scendono in piazza a contestare contro una certa riforma della scuola. Non saprebbero rispondere, se non usando le solite tiritere messe in bocca da qualche caporione che gode di tenere un pugno una massa di pecoroni.
No! No! No! Sono le prime parole dei bambini.
No! No! No! È lo slogan che cresce man mano cresciamo nell’età. Abbiamo nel nostro dna italiano un gusto satanico di distruggere e di auto-distruggersi! E non si vuol proprio capire che distruggere il proprio paese è distruggersi come cittadini.
E pensare che l’autodistruzione parte proprio da quanti si ritengono dotti, diplomati, laureati, professionisti del comunicare. Ed è qui il grosso problema: si prende la propria cultura per far danno, facendosi danno. Ma in tal caso la cultura che cos’è? È come salire tra le nubi, e da lì pretendere di vedere la terra “coperta” dai propri pregiudizi, dalle proprie perversioni mentali. Non si scende mai sotto terra, e vedere dove sono i semi che sono vivaci, pronti a esplodere al primo solco dell’aratro. In ogni caso, che tu lo voglia o no, l’energia della terra è tale che nessuna cecità o perversione umana potrà fermare.
Per fortuna, c’è ancora tanto buon senso tra la gente comune, tra quanti sono rimasti illesi nonostante la nebbia fitta e impenetrabile degli idioti di turno, di quegli idioti che, purtroppo, si fanno valere con il potere mediatico.
9 maggio 2015
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

 

5 Commenti

  1. Giuseppe ha detto:

    Ci sono modi di salutare, ormai diventati di uso comune, che usano espressioni puramente retoriche, come per esempio: «come va?» a cui in genere si risponde: «bene grazie e tu?». Parole per lo giù gettate lì senza pensare al significato, perché diventate un’abitudine. Se infatti scendiamo più nel particolare e poniamo la stessa domanda, magari sotto altra forma, difficilmente la risposta sarà quella, perché è molto probabile che non vada tutto bene e motivi per lamentarsi ce ne siano quasi sempre. Conosco persone con cui è difficile imbastire uno straccio di conversazione, perché se attaccano a parlare non la smettono più, e oltretutto il più delle volte lo fanno per lamentarsi senza alcun riguardo per gli interlocutori che, forse avrebbero anche più ragioni di farlo, ma hanno il buon senso e il buon gusto di non angustiare gli altri con i propri crucci. È vero, basta guardarsi un po’ intorno per sentire una litania continua di lamentele e imprecazioni, a volte immotivate, perché siamo tutti un po’su di giri e poi, tutto sommato, ci piace piangerci addosso. Se il mondo e la società in cui viviamo non ci piacciono e non ci soddisfano, addossiamo la colpa agli altri, perfino a Dio, perché non ci rendiamo conto che se c’è qualcosa di sbagliato, anche noi abbiamo fatto la nostra parte e ne siamo corresponsabili. Siamo esseri umani, creature per costituzione estremamente fragili e basta poco a disorientarci e confonderci, mettendo a dura prova il nostro equilibrio interiore. Del resto, non c’è bisogno di scomodare Leopardi, che almeno del suo malessere è riuscito a fare una forma d’arte sublime, per rendersi conto che l’insoddisfazione è insita nella nostra natura, così come una tendenza alla malinconia e altri tipi di disagio che tendono a farci vedere tutto nero e non assaporare pienamente i momenti belli e positivi. E anche se vorremmo fidarci del prossimo e guardare con fiducia e speranza all’avvenire, la tentazione di crogiolarci nel nostro scontento e nei nostri malumori è sempre lì a portata di mano e spesso prende il sopravvento.

  2. GIANNI ha detto:

    Condivido pienamente, ed infatti ho sempre pensato che in qualsiasi ambito valga il detto: dalla protesta alla proposta.
    Non perchè io necessariamente condivida le idee di chi quel detto usò in modo rilevante ( mi pare fosse Gianfranco Fini), ma perchè il no puro e semplice poco dice.
    Dice che ci sono problemi, che le soluzioni non vanno, ma non dice come risolvere.
    Ecco perchè, ad esempio, in qualche misura invidio quei politici che dicono non solo cosa non va, ma poi sono anche a conoscenza delle cose, si tratti di scuola o di economia, o almeno, se interrogati, dimostrano che sanno di cosa si parla….
    Sulla politica tante volte ho detto la mia, ritenevo che fosse sbagliata la politica di Monti, in parte questa mi pare corretta ora, e sopratutto amo sottolineare cosa secondo me si dovrebbe fare, ad esempio consentire nuovamente certi poteri alla banca d’Italia, e dismettere tutta una serie di partecipazioni che, direttamente o indirettamente, lo stato ha nella pancia.
    Peraltro che certe scelte fossero errate è evidente anche solo pensando alla Fornero: ora a causa di quella riforma si crea un nuovo problema.
    Ma passiamo alla scuola: a me pare che rivalutare professionalità e meritocrazia non sia errato, e il cosiddetto potere discrezionale dei presidi o di altri, viene contrappesato da istituti di rappresentanza collegiale, poi nessuna riforma sarà mai perfetta.
    Sul no expo è evidente l’alternativa, cioè dare soldi a chi ha bisogni di prima necessità non risolti.
    Sul no tav, è invece evidente l’inutilità dell’opera, per cui è chiaro che l’unica alternativa è non realizzare una cosa inutile e dannosa.
    L’alternativa non esiste, nel senso che è un’opera che non risolve problemi, necessità, ma era legata a esigenze di stima di traffico merci e forse passeggeri inesistente al momento attuale, come costruire una strada dove nessuno o pochi passano, per cui non esiste un problema da risolvere con soluzione alternativa.
    Sulla chiesa, è interessante notare come tutti i movimenti confessionali propongano non solo dei no, ma alternative anche concrete:
    ad esempio noi siamo chiesa ha realizzato il sacerdozio femminile, tra le varie cose…….
    Sono tutti esempi del tipo di ragionare che a me piace, cioè appunto non un no fine a se stesso, ma accompagnato da alternative di idee o soluzioni, ecc.
    Poi, certo, ripeto, non sempre si riesce ad essere esperti di tutto, e mi domando come facciano certi politici a sapere di tutto, dalla riforma scolastica all’italicum a…….

  3. Carmine ha detto:

    Caro don Giorgio, condivido quello che dici. Però penso anche che tante volte, in quell’apparentemente “arido” NO, c’è l’implicita proposta ad evitare che qualcosa venga peggiorato o distrutto. Mi spiego con un esempio: “NO TAV”, per chi lo sostiene, potrebbe significare “non voglio che un’opera inutile distrugga un paesaggio con il suo ecosistema” e contiene in se (implicitamente) la proposta a lasciare le cose come stanno. “NO EXPO” potrebbe significare “destinate quel denaro per iniziative più urgenti”. In Italia non ne mancano, penso, ad esempio, alla Sanità, alle Scuole, alla Disoccupazione.

    Spesso il NO banalmente significa: “voi (Governo, istituzioni, ecc.) avete il potere di decidere (siete lì per quello), col NO voglio avere almento il diritto di essere in disaccordo con qualcosa che ritengo possa nuocere alla comunità.

    In altre parole, sono d’accordo che sia sempre meglio accompagnare il NO con una proposta, ma, a volte, il NO rappresenta in se la proposta a non peggiorare o distruggere qualcosa.

    • Don Giorgio ha detto:

      Sul NO Tav si può discutere, ma sul NO Expo?

      • Carmine ha detto:

        Magari sul NO EXPO sarebbe stato meglio motivarne il perchè e controproporre qualcosa di alternativo. Però è anche vero che chi manifestava pacificamente “contro” è stato ingiustamente trascurato dai media, che, preferendo parlare dei black block, hanno dato enfasi alla loro falsa protesta, arida e priva di ogni giustificazione.

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