L’EDITORIALE
di don Giorgio
Papa Bergoglio:
la strage di Dacca è “un’offesa contro Dio”.
Ma… contro quale dio?
Talora mi chiedo quale senso abbiano certe parole, e perché si continui a giocare sul loro equivoco.
Pensate alla parola “dio”: è senz’altro la più usata e la più strapazzata, tirata da una parte e dall’altra, su sponde diametralmente opposte, dimenticando che c’è un comandamento che risale a Mosè: non “nominare invano” il nome di Dio.
Per inciso. C’è una teologia apofatica e c’è una teologia catafatica: quella apofatica (chiamata anche negativa) evita di parlare di Dio, in quanto Essere inconoscibile; quella catafatica (chiamata anche positiva) vuole sempre parlare di Dio, perché lo ritiene conoscibile oppure crede che Dio si sia rivelato, definendosi o determinandosi in qualche modo. I mistici erano essenzialmente apofatici: dicevano che ci si avvicina a Dio, più si elimina tutto ciò che noi pensiamo di lui. La religione è per natura catafatica: non fa che parlare “invano” di Dio. Così la Chiesa cattolica. Se dovessimo raccogliere tutti i nomi o le definizioni di Dio, il mondo intero non basterebbe a raccogliere tutti i volumi.
E allora ecco la domanda: perché parlare di Dio come se fosse qualcuno che ride o si compiace o gradisce le nostre offerte, che piange per i nostri peccati, che parla o tace, che può essere offeso o bestemmiato? Come si può dire che una strage di innocenti è “un’offesa contro Dio”? Contro quale dio? Chi può garantire che il suo è il vero Dio?
Più che un’offesa a Dio, la violenza compiuta in nome di una religione non è forse la prova che il dio dei suoi carnefici sia un mostruoso marchingegno, partorito da menti pervertite?
Oggi la Chiesa si vanta di onorare un Dio più buono, più misericordioso, più giusto. Ma si tratta sempre dello stesso dio delle crociate, delle inquisizioni, del dio vendicativo e violento dell’Antico Testamento. Che cosa è cambiato? Solo la facciata? Ma essenzialmente è lo stesso dio. Ovvero, non è il vero Dio, che non appartiene a nessuno!
A parte il fatto che la Divinità in quanto Essere spirituale non può offendersi, ma casomai può offendersi il dio partorito dalla religione, per cui ad ogni offesa si risponde con la vendetta: si potrebbe offendere, invece, anzitutto l’umanità come riflesso della migliore bontà o della migliore bellezza.
Il problema è sempre il dio della religione, che è un idolo imbarbarito da una struttura che impone il proprio strapotere. Dio è un pretesto, solo un pretesto per soggiogare la libertà di coscienza. Pensate alla violenza della Chiesa contro i mistici, che rifiutavano ogni mediazione ecclesiastica, perché giustamente credevano nella inviolabilità dell’essere umano, nella sua realtà più spirituale.
C’è sempre un dio che il potere terreno tira in ballo, quando usa la forza per espandersi. Anche gli Stati più atei onorano un loro dio, ovvero l’esaltazione di una ideologia costruita ad arte, personificata nel rivoluzionario o del salvatore, pronto poi a passare dalla parte del potere più violento.
Se almeno Dio si sentisse offeso dalle nostre prevaricazioni di credenti fanatici, forse avremmo la nostra giusta paga, e prima o poi finiremmo tra le fiamme dell’inferno.
E invece siamo così mostruosi nello spirito interiore del nostro essere da gridare vendetta per le stragi compiute da pazzi fondamentalisti di altre religioni, e poi noi occidentali siamo arrivati al punto di onorare un dio-denaro tale da strozzare le speranze di milioni di esseri umani.
Il papa urla contro le violenze degli innocenti, ma chi è innocente in una società, dove ognuno appare “giusto” solo perché sfrutta “dignitosamente”, ovvero con guanti vellutati, i più deboli, vittime tra l’altro della loro coglioneria?
Le vittime delle stragi da parte di violenti assassini vengono improvvisamente elevate sugli altari. Smettiamola di questo bisogno di eroi o di martiri occasionali, quando sappiamo che in questo mondo i giusti forse non raggiungono quella decina che avrebbe permesso al Signore di Abramo di risparmiare dal castigo Sodoma e Gomorra.
Di fronte a certe tragedie, tacere è il primo dovere, come dovere è un approfondito esame di coscienza da parte di tutti. La Chiesa dovrebbe essere la prima a battersi il petto per le sue orrendi stragi del passato.
Il cardinale Angelo Scola, nel suo messaggio rivolto ai familiari di Claudio Cappelli, tra le vittime dell’attentato terroristico dell’1 luglio a Dacca (Bangladesh), tra l’altro ha scritto: «Ancora una volta siamo posti di fronte al tremendo mistero del male e ne siamo usciti sgomenti. Come è possibile che degli uomini giungano a trucidare barbaramente civili innocenti, spezzando legami familiari e sociali. Non sembrano esistere parole capaci di giustificare un male così orrendo».
Già, hai ragione, signor cardinale! Se poi a compiere tali atrocità sono stati uomini di Chiesa, allora viene il dubbio in nome di quale dio abbiano agito. I peggiori criminali della storia credevano in un dio. Forse sarebbe il caso di mettere al bando ogni religione, e forse avremmo un mondo migliore. Il divino l’abbiano dentro. Il problema dell’uomo è di vivere fuori, come un folle, un alienato, in balìa di idoli, proiezioni delle peggiori bestialità. Non si tratta, allora, di addomesticare al meglio il dio-idolo della religione, ma di far rientrare l’uomo nel suo essere interiore, là dove si scopre la sorgente reale della giustizia e della pace. Siamo una massa di alienati: questa è la vera tragedia! Si torna “normali”, ovvero esseri umani, solo rientrando nel profondo della nostra coscienza.
9 luglio 2016
A volte più che credere che Dio esiste, ci si inventa una divinità che risponda alle nostre esigenze e che provveda alle nostre necessità. Una sorta di maggiordomo o di amministratore di condominio che si assume l’incarico di risolvere i nostri casini. In questo, nonostante i secoli di studi teologici e filosofici e di oltre venti secoli di ricerca e di approfondimento, l’umanità dimostra di non essere molto differente dagli antichi greci e romani che tendevano a divinizzare ogni fenomeno della natura, ogni sentimento ed ogni circostanza, immaginando che fossero governati da una divinità dalle sembianze antropomorfe e, come tale, soggetto a stati d’animo, vizi e virtù, simpatie ed antipatie, alla stregua di una persona qualsiasi. Mentre su tutto dominava il Fato, l’onnipotente destino che non risparmiava niente e nessuno. La stessa Bibbia, che pure è ritenuta un libro ispirato, nella sua narrazione ci parla di un dio geloso, guerriero, vendicativo, tutto teso ad aiutare il popolo eletto nel suo cammino per la conquista delle propria identità di nazione e della terra promessa. E nel farlo, sembra quasi non avere alcun rispetto né un briciolo di misericordia per gli altri popoli, la cui presenza potrebbe ostacolare il suo “disegno di salvezza” . Bisognerà attendere che si incarni in Gesù Cristo perché il messaggio d’amore venga finalmente diffuso e trovi la sua consacrazione nell’accoglienza del prossimo, che non necessariamente deve essere un amico o qualcuno che faccia parte del tuo cerchio di conoscenze e affetti, ma potrebbe anche essere un avversario, un diverso, uno straniero, magari immigrato e con un colore della pelle e dei tratti somatici molto diversi e delle abitudini e tradizioni per noi incomprensibili e stravaganti.
Credo che sia impossibile per noi, che siamo figli di questo mondo e che conosciamo solo questa vita terrena riuscire a conoscere Dio e di conseguenza a capirlo. È a questa realtà che riconduciamo tutti i nostri ragionamenti, mentre le nostre esperienze e conoscenze gravitano intorno a lei. Dio è un mistero. E tale resterà fino a quando non ci si troverà in comunione con lui, sempre che esista realmente e non sia frutto delle nostre fantasie e delle nostre menti, che hanno un bisogno ancestrale di credere in qualcosa di soprannaturale che possa giustificare tutto quello che accade sfuggendo alla logica e al nostro controllo.