Evento sì, ma per una rigenerazione eterna

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Evento sì, ma per una rigenerazione eterna

Una fede aggrappata carnalmente a un evento, pur straordinario, fosse pure l’incarnazione del Figlio di Dio, è destinata a estinguersi in una pratica religiosa che, con il tempo, si consuma fino ad essere assorbita nel consumismo più dissacrante.
Sempre è fuori posto distinguere, anche per comodità o opportunismo, tra sacro e profano, e non se ne esce in nome di quale laicismo sbandierato come la panacea di ogni dogmatismo religioso.
Con ciò non vorrei negare la storicità di un evento, che è stato l’unico Evento per i seguaci di quel Gesù, in nome del quale si è voluto per convenzione dividere la storia tra il prima e il dopo la nascita di Cristo.
Se l’Evento, ovvero l’incarnazione del Figlio di Dio nel grembo verginale di una ragazza di Nazaret, ha segnato la storia, ci si chiede, come cristiani, che senso avrebbe fare dell’Evento un punto di riferimento, quando gli stessi eventi storici del passato ci insegnano che, staccati da un certo pensiero, che è eterno, sono finiti nel dimenticatoio.
Ed ecco allora la domanda di capitale importanza: l’Incarnazione del Figlio di Dio come evento non rischia la stessa sorte, ovvero di perdersi nell’oblio, anche se tenuto vivo in una sequenza mai interrotta di celebrazioni tra il sacro e il profano, anche per il fatto che sono soprattutto le cose sacre ad essere oggetto di sfruttamento ai fini commerciali?
E non perdiamoci dietro a mille cavilli, come se l’Evento cristiano fosse di una natura diversa dagli altri eventi storici. Certo, c’è evento e evento. Non possiamo mettere sulla stessa bilancia l’Incarnazione di Cristo e Napoleone, e tanto meno pinco pallino che si crede Cristo o Napoleone.
Ma l’Evento del Figlio di Dio che si è incarnato, pur straordinario, pur unico, in quanto evento – lo dice la stessa parola (ex venire) – resterà sempre qualcosa che è legato al passato, alla sua provenienza storica.
L’Evento, nel caso del Figlio di Dio che si è incarnato, non può non farsi avvento, ovvero un evento che si proietta in avanti, nel presente, in ogni presente, nel quale vi è il futuro, come nel seme c’è già il suo sviluppo.
Non vorrei confondere le cose. Non è che l’Evento sia qualcosa di non-perfetto, da completare con i nostri sforzi o il nostro lavoro. Nell’Evento cristiano vi è già il Tutto, tranne che aspetta che in noi, nel nostro essere, si realizzi, man mano che noi ci spogliamo di ogni carnalità tale da non permettere all’Evento di realizzarsi in tutta la sua pienezza di Grazia, e questo lo dobbiamo dire per ogni cosa, per lo stesso Creato, e soprattutto per una società che man mano procede in un materialismo alienato e alienante “proibisce” all’Evento cristiano di farsi “presente” in tutta la sua ri-generazione spirituale.
Quando sento dire anche solennemente che l’Evento cristiano ha trasformato, trasforma e trasformerà la storia, chiarirei: può farlo, l’unico in grado farlo, ma… c’è una essenziale condizione, posta da Dio stesso che sa rispettare le nostre scelte, pur capricciose, deleterie, dissacranti.
Quando sento dire: dopo millenni di depravazione umana, Dio finalmente ci ha mandato suo Figlio, quasi per dire: “Adesso basta, ora metto a posto il mondo a modo mio”, scrollo ancora una volta la testa, in segno di disapprovazione, dicendo: “Siamo veramente di dura cervice!”.
Certo, il fatto che il Figlio di Dio si sia incarnato è un Evento del tutto straordinario, unico direi, ma questo dovrebbe scuoterci e porci davanti alle nostre responsabilità, riconoscendo umilmente che non abbiamo più scuse, come prima quando tutto sembrava nelle mani di divinità capricciose e disumane.
Dopo che il Figlio di Dio, il Logos eterno, si è incarnato che scuse possiamo inventare?
09/12/2023
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