L’EDITORIALE
di don Giorgio
Milanesi “bauscia” e ridicoli
in attesa del Pontifex Maximus
È una macchina, quella che si è messa in moto e che è in via di arrivo in preparazione alla visita del Pontifex Maximus a Milano il 25 marzo, che farebbe invidia agli stessi antichi romani o agli antichi egiziani, babilonesi e persiani.
Nulla da dire: ancora una volta Milano sa tirar fuori le sue migliori armi, quelle della capacità organizzativa, confacente alla sua natura che si può così riassumere: i milanesi grandi “bauscia”, che se la tirano anche quando stanno sul water.
C’è sempre qualcosa di antiquariato pronto per essere rispolverato e messo in vetrina, da rendere talmente affascinante da illudere non solo gli allocchi, ma anche gli angeli più puri del cielo.
Il grande Indro Montanelli diceva a proposito di Silvio Berlusconi: “Egli è il bugiardo più sincero che ci sia, è il primo a credere alle proprie menzogne ed è questo che lo rende così pericoloso”. Non so se i caporioni ambrosiani siano bugiardi, so che la gente è talmente ingenua o stupida o indifferente (in ogni caso, sempre colpevole) da credere anche alla potenza taumaturgica di un ferro arrugginito, fatto credere come quello del Cristo crocifisso, che il cardinale Angelo Scola mostrerà durante le Vie Crucis quaresimali, nelle sette zone pastorali.
Chiodo autentico o no, non vogliamo riconoscere di essere presi per i fondelli e non vogliamo capire che, nonostante la secolarizzazione sempre più invasiva, noi credenti siamo ingannatori e ingannati.
Ma torniamo all’avvento del Papa. Potrei anche essere d’accordo di fare qualcosa di particolare per l’arrivo di un grande personaggio, ma tra qualcosa e una super macchina organizzativa c’è una bella o brutta differenza.
Che il Papa possa trovare qualche anima pia ancora pronta a battergli le mani, nulla da eccepire; ma che trovi folle eccitate da una vergognosa propaganda, questo grida vendetta al Vangelo più francescano.
Che il Papa entri nel Duomo di Milano e ammiri la straordinaria bellezza del gotico più sublime di una Cattedrale che, come dice il nome, oltre ad essere la casa del Signore, è stata per secoli e secoli la sede (cattedra) di una parola autorevole, nulla da dire, ma che il Vicario di Cristo in terra sappia che “normalmente” oggi il Duomo milanese è vuoto di tutto.
Che il Papa incontri i preti ambrosiani è senz’altro una bella cosa, ma sappia che non saranno presenti quei preti dissidenti, bastonati da un Cardinale che ha fatto di tutto per restare “solo”, con il proprio ego ciellino, circondato da mummie obbedienti e da giovincelli dalla testa fasciata.
Che al Papa si faccia vedere qualche spaccato di una metropoli alla deriva, non può però essere solo una bella facciata: tutti sanno che anche Milano ha i suoi enormi e allarmanti problemi di emarginazione, che vanno ben oltre ciò che faranno vedere al Papa.
Lo sa il Cardinale, lo sa la Curia, lo sa il clero, lo sa, lo sa la gente, ma il Papa non deve sapere. O, meglio, deve sapere che tutto è sotto controllo, anche per il merito di un volontariato efficiente e per quel grande cuore che è la gente di Milano.
Il Papa, nell’incontro con la gente, ascolterà magari lo sfogo di chi ogni giorno lotta tra la gente povera di cose e povera di fede, e avrà già pronta la solita risposta fatta di parole di consolazioni evangeliche. Parole che il giorno dopo spariranno nella nebbia padana, dove gli slogan più suadenti sono di quei leghisti che sanno coniugare chiesa e pancia, alla faccia delle parole di Cristo: “Non di solo pane vivrà l’uomo”, ovvero l’essere umano.
Qualcosa dovrà pur succedere. Nulla passa inutilmente. Che cosa allora resterà della visita del Papa?
Forse la soddisfazione di una Diocesi, che per un giorno è riuscita ancora nell’intento di rimettere insieme i cocci e di farli apparire un’opera d’arte, e di convincere il mondo intero che “Milàn l’è semper un gran Milàn!”.
11 marzo 2017
Chissà che non decida di restarci e stabilire lì la nuova sede del papato. Sicuramente farebbe contenti i milanesi, ma, immagino, anche diversi romani…
Adesso a Milano, domani in Colombia, prima in Brasile e Uruguay, e in Argentina la sua patria..mai ? Mi chiedevo perchè, poi ho letto le vicende del cardinale Bergoglio ai tempi della dittatura militare e ho capito come un viaggio a casa sua, sia per lui molto problematico.