Avvento…

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Avvento…

Avvento, periodo liturgico particolarmente “forte” per i credenti nel Logos incarnato, che per noi di rito ambrosiano dura sei settimane (per il rito romano dura solo quattro), e come ogni anno siamo ancora qui, forse sempre peggiorando, a dover contestare quel consumismo che per la sua stessa natura distrugge ogni valore umano, e soprattutto quei valori divini che per noi credenti costituiscono la radicalità della nostra fede.
Siamo credenti o non siamo credenti nel Logos incarnato? Se non siamo credenti, rispettiamo e togliamo le mani dalle realtà in cui non crediamo. Rispetto, perdinci!
Forse noi cattolici non dovremmo alzare troppo la voce, dal momento che sul rispetto non dovremmo fare prediche a nessuno, visto ciò che abbiamo combinato nel passato più o meno recente, dimenticando, in nome di una ortodossia cieca e unilaterale, che l’Onnipotente, creando l’Universo, vi aveva deposto ovunque “semi divini, che San Giustino (II sec.) chiamava “logoi spermatikòi”, “semi (letteralmente “sperma”) del Logos eterno”: un’espressione poi sparita o censurata dalla Chiesa istituzionale, per essere poi ripresa nei Documenti del Concilio Vaticano II.
Dunque, iniziamo l’Avvento, che quest’anno dovrebbe assumere una rilevanza ancor più interiore, e universale, al di là di ogni fede religiosa, visto che di bestialità questa nostra attuale società è talmente impregnata da lasciarci in balìa di una spaventosa frammentazione, nella oscurità di un intelletto “passivo”, che ha spento la luce di quello “attivo”.
Certo, le amministrazioni comunali spendano pure soldi in luminarie natalizie, tutto perché l’uomo cammina al buio, anche di giorno. E voi credete che i nostri sindaci, magari credenti, sappiano che esiste l’intelletto ”attivo”, quello illuminato dall’Intelletto divino? No, per loro esiste solo l’intelletto “passivo”, quello imbevuto di cose e cose, ed è per questo che brancolano nel buio e accendono le luminarie perché così pensano di risolvere anche i problemi esistenziali, personali e dei loro cittadini.
Fossero solo i sindaci! No, la Chiesa stessa, nelle sue più alte sfere, e di conseguenza nella sua parte più popolana, brancola nel buio, perché ha tradito l’intelletto “attivo”, il quale, prendendo luce dal Mistero luminoso divino, poteva danneggiare un sistema carnale che ha sempre sorretta la Chiesa in quanto religione idolatra.
E così oggi assistiamo a una “piccola” Chiesa che, secondo la distinzione di Margherita Porete (bruciata viva a Parigi, il 1 giugno 1310) è quella costituita dalle gerarchie ecclesiastiche, in contrapposizione a quella “grande”, composta dalle anime semplici, nobili, annientate in Dio per la loro umiltà.
E così abbiamo vescovi e cardinali “piccoli”, per la loro grettezza d’animo e pastorale, e abbiamo un papa fumoso e altrettanto “piccolo”, perché spento nell’intelletto “attivo”.
Arriva l’Avvento, periodo “forte”, come lo definisce la stessa Liturgia – “forte” perché da vivere con una profonda intensità di Fede (quella che potrebbe spostare anche le montagne!) – e ad esempio il nostro “piccoletto” non gli dà quell’importanza che meriterebbe una preziosa Opportunità divina. Sembra che il vescovo meneghino viva di “opportunismi”, ovvero di quel poco (anche l’insieme di numerosi pochi) che gli serve per salire qualche gradino in consenso popolare, quando poi in realtà è freddamente isolato, anche quando celebra solennemente funzioni nel Duomo di Milano, che proprio per la sua grandiosità dà ancora più peso al vuoto pastorale e al vuoto di una assemblea di poche persone.
Arriva l’Avvento, e mi pongo una domanda: non è che ad averne assolutamente bisogno sia anzitutto la Chiesa gerarchica di oggi, che da “piccola” possa diventare “grande”, a iniziare dal papa fumoso, dai cardinali magniloquenti, sempre in cattedra, dai vescovi “piccoli piccoli” per la loro statura morale e pastorale, nonché umana, fino ad arrivare alle comunità cristiane, oramai come “pecore senza pastore”, in balìa di mercenari travestiti da agnelli?
Arriverà Natale, e tutto finirà nel fumo drogante di un giorno, celebrato all’insegna di forti emozioni, di buoni sentimenti, di gesti anche plateali di solidarietà per far contento per un giorno un barbone, lavato e rivestito bene, riempiendogli la pancia, per poi lasciarlo a digiuno per un altro anno.
Viva l’ipocrisia, e così il Natale ogni anno finirà nella pattumiera, dove finiranno anche gli avanzi di cibi succulenti, che gridano vendetta al cospetto di Dio.
Dimenticavo: quest’anno parole come “pace e guerra” condiranno bene i nostri banchetti, ma resteranno insipidi per la mancanza di quel sale, che è la Sapienza di Dio che si è fatta carne non perché ci riempissimo la bocca di retorica, ma perché obbedissimo a quel comando di Cristo: “Metanoèite!”, cambiate il vostro modo di pensare.
11 novembre 2023
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