Oleksandra Romantsova. “Voglio sentir dire: l’Ucraina deve vincere, giustizia deve essere fatta”

da www.huffingtonpost.it
13 Aprile 2024

Oleksandra Romantsova.

“Voglio sentir dire: l’Ucraina deve vincere,

giustizia deve essere fatta”

di Huffpost Italia
La premio Nobel per la Pace sulla Stampa: “Se Kiev non vince, la Russia diventa un vostro problema”. E aggiunge, rivolta all’Italia: “Lo sapete come vi vedono i russi? Non come una grande democrazia, come un grande supermercato. I diritti umani non sono astratte regole morali, sono una struttura, aiutano a prevenire la guerra”
“Se l’Ucraina non vince, la Russia diventa un vostro problema”.
È la provocazione con cui il premio Nobel per la Pace Oleksandra Romantsova, intervistata dalla Stampa, ha chiuso l’intervento al Pordenone Docs Festival.
“Lo scenario che viviamo non lo ha prodotto Putin – dice – Stalin non è mai stato giudicato per i danni che ha fatto, il sistema di oggi ha ereditato il suo mondo e ogni stortura è diventata norma”.
Per Romantsova “dire basta guerra è futile, voglio sentir dire: l’Ucraina deve vincere, giustizia deve essere fatta”. Poi afferma: “Putin non è perfetto. Ha molte risorse, ma ogni dittatore a un certo punto si sente così sicuro da sbagliare”.
La Nobel non usa mezzi termini. E alla giornalista che le chiede, come si interrompe la catena di errori?, risponde.
“Prendendosi la responsabilità. Non esistono società ideali. Vanno rispettate le differenze, ogni volta che viene scelta una verità unica si apre la strada all’aggressione. Nessuno in Ucraina si permette di dire che la Russia deve cambiare, tocca a loro, ai loro cittadini occuparsene. Noi lottiamo perché non vogliamo essere inglobati in quello schema. Se andassero via e liberassero la nostra gente penseremmo ad amore e famiglia, non a modificare la visione di Putin”.
Come si torna alla sicurezza in una terra contesa?
“Abbiamo pessimi vicini in effetti… Russia, Bielorussi, Transnistria, la Turchia dall’altra parte del mar Nero. Sono necessari nuovi accordi, la pace sarà più complicata da difendere dello stato precedente alla guerra. Dovremmo occuparci di come essere protetti dal lato oscuro dell’Intelligenza artificiale, ancora siamo alle prese con l’aggressore del secolo scorso. Bloccati”.
Anche la sua generazione si sente bloccata?
“Ho 38 anni, sono nata con l’Unione Sovietica e l’ho vista crollare, ho vissuto tre rivoluzioni, una pandemia e una guerra che dura da dieci anni. La mia generazione è occupata a restare viva”.
Quindi lei, prosegue la giornalista, Nobel per la pace, che lavora nei diritti umani, pensa che un dialogo sia impossibile?
“Interagiamo con singoli eroi che rischiano la vita, non vedo una massa consapevole. Hanno subìto il lavaggio del cervello, sono figli della propaganda, la stessa che arriva anche in Italia. Lo sapete come vi vedono i russi? Non come una grande democrazia, come un grande supermercato. I diritti umani non sono astratte regole morali, sono una struttura, aiutano a prevenire la guerra. In Russia non rispettano i diritti umani. Prima di attaccare noi, hanno massacrato la libertà interna”.
Che cosa aiuterebbe?
“Eliminare Putin e il suo sistema”.
***
dal Corrioere della Sera
Roma, 14 febbraio 2024

Michele Santoro,

come Buffalo Bill in un tragico galoppo

di Fabrizio Roncone
I suoi passaggi in tv adesso suscitano amarezza. E la propaganda per la sua lista alle Europee «Pace Terra e Libertà» sembra nascere dal fatto che non si rassegna a non avere più un programma da condurre
“Mi sembra che non riuscendo a ottenere risultati in altri ambiti, il Governo fa la voce grossa sull’ordine pubblico, in maniera più efficace e autoritaria. Questo scarto mi preoccupa. Se le città migliorassero davvero i loro standard di vita, tramite un intelligente gestione delle forze di polizia, allora sarebbe una cosa che capirei. Eppure vedo che sulle autostrade che per esempio i tir vanno come gli pare e piace. Ci siamo eccitati per le pennellate degli ambientalisti con vernici lavabili, ma sui trattori che stavano bloccando tutta l’Italia nessuno ha detto nulla sul fatto che bloccavano il traffico. L’ordine vale per tutti? O vale solo per certe categorie? L’ordine deve essere giusto e per tutti” lo ha detto Michele Santoro, a margine della conferenza con cui ha annunciato la formazione della iista “Pace terra e dignità” che sarà presentata alle elezioni europee.
Michele Santoro, più che un giornalista o un conduttore, è stato un grande condottiero del piccolo schermo. Talento pazzesco, fazioso e appassionato, furbo e spregiudicato. Molto popolare, molto amato, molto odiato: le sue trasmissioni – per anni – hanno raccolto ascolti enormi e scatenato polemiche roventi, perché o stavi con Michele o contro Michele, però poi tutti se lo dovevano comunque vedere Michele, e sentire, anche se ad un certo punto le trasmissioni diventavano comizi pieni di populismo, il primo vero populismo della nostra tivù. Che però è diventato leggendario perché aveva un senso, uno scopo finale. Giusto o sbagliato, era chiaro che ce l’aveva. Per questo, adesso, i passaggi di Michele, le sue ospitate nei talk scatenano una certa dose di amarezza. Un po’ per il tempo che passa, con le rughe e i capelli non più di quel bel rosso mogano. Ma molto di più perché Michele sembra la parodia di sé stesso.
Un Buffalo Bill che si esibisce per spettatori nostalgici o solo incuriositi, che si fermano a guardare uno che urla, paonazzo: «Il giornalismo s’è ridotto a descrivere Putin come un mostro e un mentitore! Invece non è un mostro e non sempre racconta balle!»
Michele, davvero? Michele, ma perché? Perché s’è messo a fare propaganda politica, impregnata di pacifismo demagogico, alla sua lista per le Europee (candidati Vauro e Odifreddi, più il sostegno di Jo Squillo), una lista chiamata “Pace Terra Dignità”, che significa tutto e non significa niente, o forse significa solo che Michele non s’arrende, non si rassegna al fatto che un programma non glielo danno più, perché c’è un tempo per ogni cosa, perché è la vita, e pure Totti che era Totti, con le buone o con le cattive, alla fine ha capito che non poteva più giocare a pallone. Michele cerca invece ostinatamente di risalire a cavallo e prova a ripartire in un tragico galoppo. Anche Buffalo Bill, dopo una stagione da formidabile esploratore e cacciatore di bisonti, finì a esibirsi nelle arene dei circhi, con spettacoli in cui fingeva d’essere ancora nelle praterie americane. Portò il suo spettacolo – Wild West Show – persino a Roma. Dove, l’8 marzo del 1890, perse la celebre sfida nella doma dei puledri contro i butteri arrivati da Cisterna di Latina, guidati da un certo Augusto Imperiali. Caro Michele, pensaci.

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