Una rivoluzione che vuole bruciare i libri è una involuzione

Una rivoluzione che vuole bruciare i libri è una involuzione

di don Giorgio De Capitani

Una vera rivoluzione la si fa con qualche libro in mano: il cristiano ad esempio tenendo il Vangelo, quello radicale. E con il Vangelo radicale in mano se ne fanno di rivoluzioni, tutti i giorni. Certo, non basta tenerlo in mano, ma averlo nel cuore e nella testa.

Oltre al Vangelo, i cristiani ne avrebbero di fonti da cui attingere. Ad ogni lettura di un buon libro – di pensatori profondi, di mistici, di profeti ecc. – mi sento come rinascere o, meglio, sento il bisogno di uscire da una vita banale e, come prete, da una pastorale pragmatistica, fatta solo di tradizioni, di cose scontate, di riti senza senso.

Leggere buoni libri è d’obbligo in una società del fare, quando cioè si è oberati da mille impegni che stressano la mente, e lasciano l’anima del tutto sterile.

Ciò che mi spaventa della politica italiana è la mancanza di cultura, intesa nel suo significato più ampio, e non solo come erudizione o sfoggio di titoli accademici.

La maggior parte dei nostri politici leggono poco o nulla, non ne hanno il tempo, e neppure talora la capacità. Si limitano a sapere ciò che interessa per amministrare materialmente il loro paese, senza la capacità intellettuale di andare oltre le cose da fare, senza avere in testa un’Idea di ciò che è la Democrazia, e senza in testa quella Politica che è l’arte del comporre armonicamente il Bene comune.

Già dire Bene comune ci dovrebbe mettere in crisi: che cos’è il Bene comune? Solo far quadrare i conti del bilancio, asfaltare qualche strada o fare ponti e autostrade, fare questo o fare quello, ma senza tener conto di un piano organico, che non è solo strategia di compromessi, ma quel qualcosa di grande in testa, per cui al centro ci sia anzitutto e soprattutto la qualità della vita di ciascuno, nel contesto sociale e globale?

Quando si parla di vita bisogna pensarci bene più volte, per evitare di cadere nella solita banalità. Dire vita e dire esistenza dovrebbe essere la stessa cosa, ma in realtà non lo è.

Parliamo di problemi esistenziali, e la vita passa in sordina. In politica, ciò che conta è il fattore economico, e in religione è il fattore religioso, e allora la vita che cos’è?

Eppure la Politica è l’arte del ben-essere esistenziale, e la Religione è quel contatto col Divino, che è il cuore pulsante della nostra vita. O no?

Come si fa a comprendere che cos’è la vita e il vero ben-essere, quando si rimane sempre al di fuori di noi stessi? Sotto accusa, non solo il mondo politico o quello religioso che fanno di tutto per portarci fuori da noi, ma colpevoli siamo tutti quanti che non reagiamo, o se reagiamo è solo perché la politica e la religione non ci offrono ciò che noi vogliamo, ma sempre nel campo dell’avere.

La politica sbaglia, perché non ci dà questo o non ci dà quello? E allora la contestiamo, ma solo perché non ci dà questo o non ci dà quello. Allo stesso modo, ovvero con la stessa pretesa, contestiamo il mondo della religione. 

Non vogliamo capire che così non otterremo nulla di ciò che riguarda il nostro vero ben-essere. Certo, oggi ci sono dei problemi esistenziali che riguardano il pane, il lavoro, la casa, i diritti civili ecc. ecc. Problemi più che drammatici, talora. Ma non si può restare sempre nel cerchio maledetto di una esistenza ai limite della sopportazione, senza rompere il cerchio, per trovare quella via di salvezza che non solo ci faccia star bene dentro, ma anche star bene fuori.ù

Non sostengo più manifestazioni di massa che protestano in nome di uno pseudo-benessere, per avere questo o per avere quello, per pagare meno tasse, peggio ancora per colpire istituzioni così tanto per colpirle.

Oggi è il momento di riprenderci il pensiero. Oggi è il momento di riflettere seriamente sulla qualità della vita. Oggi è il momento di rivendicare chi siamo e chi vogliamo essere, liberandoci di quel peso di un avere smodato che rompe l’equilibrio del nostro essere.

Con ciò non voglio negare l’evidenza di una esistenza al limite della sopportazione. Vorrei far capire che non se ne uscirà, senza aprirci ad un altro mondo di visuali.

Come si può fare una rivoluzione bruciando i libri? Come dire: bruciamo il pensiero, strappiamoci la coscienza, castriamoci nella mente, riduciamoci a robot che si combattono l’un l’altro con la tecnica e con la forza.

Scherziamo! Le dittature iniziano bruciando i libri, e violentando il diritto di pensare. Nessuno poi si deve sentire tanto intelligente da dire: Ne so abbastanza! Ogni giorno che passa, ad ogni scoperta che faccio nel mondo del sapere, dovrei dire, parafrasando Socrate: Più so, più mi sento ignorante.

Come si possono accettare un mondo politico di analfabeti e un mondo religioso dove sia proibito cercare la verità, o contestatori che vogliono riformare la società bruciando i libri?

Oggi, viviamo in un mondo dove l’analfabetismo culturale è spaventoso. Si legge poco, si citano frasi di pensatori di fama per far bella figura, e poi, è chiaro, tutto si svolge all’insegna dell’ignoranza più grottesca e ridicola.

Quando intervistano gli studenti che protestano, che cosa dicono? Cose banali, senza senso. Quando intervistano gli operai, che cosa dicono? Le solite cose ovvie. Quando la rivoluzione è nelle mani dei forcaioli, quali sono le loro proteste? Voi ne capite le ragioni?

Certo, non si può protestare citando Socrate, Aristotele, Kierkegaard o Nietzsche, ma dietro ci deve pur essere un pensiero. Altrimenti, invece di difenderli calpesteremo i diritti, nostri e altrui. Smettiamola di ridurre tutto a un pezzo di pane, con la pretesa di un miracolo: quello di trasformare anche le pietre. Cristo rispondendo alla tentazione satanica ha detto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma… Riempite pure i puntini di sospensione con tutto ciò che di più nobile avete nell’animo vostro, ma non con le solite banalità, le solite cazzate di chi sta prendendo il posto di satana.   

da L’Espresso

SCINTILLE di Lara Crinò

11 dicembre 2013

I Forconi e ‘bruciate i libri’, che brutta storia

Durante una delle tante proteste che negli ultimi giorni hanno inquietato l’Italia sotto l’etichetta vaga di Forconi, a Savona un gruppetto di manifestanti ha minacciato e insultato il proprietario di una libreria e i suoi dipendenti. Come ha raccontato il libraio, prima gli hanno intimato di abbassare le serrande, come già urlato agli altri commercianti della stessa strada, poi qualcuno ha avuto la bella idea di gridargli ‘Bruciate i libri’. Spinti dalla corrente, i manifestanti si sono poi allontanati. E’ un piccolo episodio molto inquietante.

Dopo aver visto il video, ho digitato su Wikipedia Rogo di Libri‘.

Ecco cosa ci dice:

“Il rogo dei libri è la pratica, spesso promossa da autorità politiche o religiose, in cui si distruggono libri o altro materiale scritto. Questa condotta è legata al fanatismo ideologico e di solito accompagna molti conflitti bellici. La pratica è generalmente pubblica, e accompagnata da forme cerimoniali, ed è motivata da obiezioni, contingenze e convenienze morali, politiche o religiose nei confronti del materiale pubblicato“.

Ed ecco alcuni degli episodi storici riportati:

Il rogo dei libri e l’assassinio di accademici nella Cina di Qin Shi Huang, anno 212 a.C.; molti intellettuali che disobbedirono all’ordine furono sepolti vivi.

Nell’anno 642 il generale Amr ibn al-As, comandante delle truppe arabe che avevano appena conquistato l’Egitto, distrusse la biblioteca di Alessandria e i libri in essa contenuti su ordine del califfo Omar.

Alla fine del secolo XV si produsse in Firenze un importante rogo di libri e opere artistiche di considerabile valore, essendo ritenuto materiale immorale, conosciuto come “Falò delle vanità“, promosso da Girolamo Savonarola.

Il rogo dei manoscritti Maya ed Aztechi a causa dell’inquisizione in Messico, per ordine di Diego de Landa.

I Bücherverbrennungen nazisti, di opere di autori ebrei o comunque ‘degenerati’. Tra i più celebri quello della Bebelplatz di Berlino il 10 maggio 1933.

In Cile dopo il colpo di Stato dell’11 settembre del 1973 i militari cileni sequestrarono e bruciarono migliaia di libri di politica.

Il 29 di aprile del 1976, Luciano Benjamín Menéndez, capo del III Corpo dell’Esercito a carico della riorganizzazione Nazionale (Colpo di stato Argentino) ordinò un rogo collettivo di libri, tra i quali si trovavano opere di Proust, Garcia Márquez, Cortázar, Neruda, Vargas Llosa, Saint-Exupéry, Galeano.

Basta? Non so chi erano questi ragazzi che hanno urlato ‘Bruciate i libri’, posso solo dire perché mi fanno paura. Perché vogliono bruciare ciò che ci può salvare. Se abbiamo, in questi anni, sbagliato in qualcosa è nel non studiare abbastanza, nel non essere abbastanza preparati, tutti insieme, al futuro che ci aspettava. Da ignoranti – di scienza, di economia, di politica, di finanza – abbiamo accettato di essere guidati da una classe politica incompetente, incapace di “agganciarci all’Europa” come diceva oggi Enrico Letta in parlamento, perché a sua volta quei politici non avevano letto abbastanza o non avevano letto per nulla. Ci siamo impigriti, ci siamo allontanati dai libri che fanno crescere, ci siamo rifugiati nel giorno per giorno. Mentre altrove, nei paesi che oggi consideriamo artefici delle nostre sfortune economiche – la Germania della Merkel, la Cina rampante – le giovani generazioni studiavano come matte. E così ci ritroviamo ancora, decenni dopo i roghi nazisti, decenni dopo la Cambogia di Pol Pot, che per qualcuno sono i libri e chi li legge i veri nemici. E non la nostra stessa ignoranza.

 

3 Commenti

  1. giovanni non padano ha detto:

    Non a caso girano vignette con libri infilzati sui forconi.

  2. Giuseppe ha detto:

    Oggi chiunque faccia parte dello star system o riscuota un po’ di successo, anche per motivi banali, ha già scritto almeno un libro. O meglio, probabilmente qualcun’altro lo ha scritto al suo posto, perché lo fa di mestiere, solo allo scopo di aumentare la popolarità del personaggio in questione. In effetti, sono convinto che senza l’aiuto di queste persone che gli americani chiamano “editors”, e che debbono accontentarsi di restare nell’ombra, la maggior parte dei libri di persone famose non esisterebbe. Si tratta di un lavoro encomiabile, che richiede non solo la capacità di saper esprimere dei concetti, ma soprattutto di saperli mettere per iscritto, specialmente se si considera la difficoltà di semplificare idee e opinioni altrui, e che magari neanche sono condivise. Insomma non esistono solo libri scritti da autori bravi e famosi, che sono sempre in cima alla classifica delle vendite, o testi universalmente conosciuti la cui popolarità riesce ad abbattere le barriere del tempo e dello spazio, perché rappresentano spesso le basi del sapere e della civiltà, ma anche libri che, forse, nessuno leggerà mai, ma non per questo sono meno importanti. Un libro, qualsiasi libro, è come un frutto, è il risultato di un lavoro, a volte oscuro, ma che ha richiesto un bel po’ di tempo e fatica di una o più persone. Ecco perché, fosse anche solo per questo motivo, merita sempre il nostro rispetto.

  3. GIANNI ha detto:

    L’intenzione di bruciare i libri sottende due possibili atteggiamenti.
    Quello, doloso, cioè volontario e consapevole, di chi sa che i libri rappresentano un’alternativa alle proprie idee.
    Non a caso il rogo viene invocato da chi intende imporre la propria visuale, come ad esempio nelle dittature.

    Altro atteggiamento è quello invece colposo, cioè di coloro che commettono un errore, non rendendosi neppure conto che l’alternativa allo stato di cose che vorrebbero combattere si trova spesso, invece, indicato proprio nei libri.
    Quando, ad esempio, io invoco una diversa politica monetaria rispetto alle politiche dei governi italiani che si sono susseguiti nel tempo, trovo alimento e riprove delle mie tesi in primis in diversi scritti, testimonianza di un approccio diverso.

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