da AVVENIRE
10 aprile 2024
Bruxelles.
L’Europa approva il Patto sui migranti.
«È il fallimento della solidarietà»
Via libera del Parlamento europeo a tutti i testi. Metsola: «Abbiamo fatto la storia». Perego (Migrantes): «La deriva della politica comunitaria. Trascurata la vera accoglienza»
Il Parlamento Europeo ha approvato a maggioranza tutti i testi del patto Ue sull’asilo e la migrazione, nella miniplenaria a Bruxelles. I dieci testi che compongono il patto (dalla procedura comune di protezione internazionale nell’Ue alla risposta alle situazioni di crisi e forza maggiore fino alla gestione dell’asilo e della migrazione, con le procedure di rimpatrio alla frontiera e gli accertamenti nei confronti dei cittadini di Paesi terzi alle frontiere esterne) sono passati tutti con margini abbastanza consistenti. Quello più stretto, risposta alle situazioni di crisi e forza maggiore, è stato approvato con 301 voti favorevoli, 272 contrari e 46 astenuti.
«Dopo quasi un decennio di blocco, il Parlamento ha adottato il patto, una completa rivoluzione delle leggi Ue sulle migrazioni. È fatta. L’Europa gestirà le migrazioni in modo ordinato, alle nostre condizioni» commenta via social il vicepresidente della Commissione Margaritis Schinas. Parole rimarcate su X dalla presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola: «Abbiamo fatto la storia, abbiamo creato un solido quadro legislativo per gestire la migrazione e l’asilo nell’Ue.
Sono passati più di dieci anni di lavoro. Ma abbiamo mantenuto la parola data, e trovato un equilibrio tra solidarietà e responsabilità. Questa è la via europea».
Di segno totalmente opposto la reazione della Cei, con le parole del presidente della Commissione che si occupa dei problemi dell’immigrazione e presidente della fondazione Migrantes Gian Carlo Perego: «Questo Patto segna una deriva nella politica europea dell’asilo e il fallimento della solidarietà europea, che sembra infrangersi come le onde contro i barconi della speranza. Confidiamo – dice Perego – che l’art. 10 della nostra Costituzione rimanga come presidio sicuro per tutelare i richiedenti asilo. Le prossime elezioni europee saranno un banco di prova importante per rigenerare l’Europa a partire dalle sue radici solidali e non piegarla a nazionalismi e populismi che rischiano di dimenticare la nostra comune storia europea».
Il Patto europeo sui migranti richiedenti asilo e rifugiati approvato al Parlamento europeo a Bruxelles, osserva l’esponente della Cei, «avrebbe dovuto modificare le regole di Dublino, favorire la protezione internazionale in Europa di persone in fuga da disastri ambientali, guerre, vittime di tratta e di sfruttamento, persone schiacciate dalla miseria, con un impegno solidale di tutti i Paesi membri dell’Unione europea nell’accoglienza, il ritorno alla protezione temporanea come si era visto con gli 8 milioni di migranti in fuga dall’Ucraina, un monitoraggio condiviso tra società civili e Istituzioni del mar Mediterraneo per salvare vite nel Mediterraneo. Invece l’Europa, mentre continuano le tragedie nel Mediterraneo, a maggioranza di voti si chiude in se stessa, trascura i drammi dei migranti in fuga, sostituisce la vera accoglienza con un pagamento in denaro. E pretende ancora di più dai Paesi di frontiera, come l’Italia: controlli più veloci, ritorni nel primo Paese di sbarco di chi si muove in Europa senza un titolo di protezione internazionale, rimpatri facilitati in Paesi terzi non sicuri, chiudendo gli occhi su esternalizzazioni dei migranti. Indebolendo, non da ultimo, la tutela delle famiglie e dei minori» conclude.
L’allarme delle Ong
Amnesty International accendeva i riflettori innanzitutto sul rischio violazione dei diritti umani. «È più che mai evidente che questo Patto farà regredire di decenni la legislazione europea in materia di asilo, esponendo molte più persone, in ogni fase del loro viaggio, a grandi sofferenze», ha dichiarato Eve Geddie, direttrice dell’Ufficio Istituzioni europee di Amnesty International. Il pacchetto di proposte rischia di esporre soprattutto i più fragili, come donne e bambini «al rischio di una detenzione de facto alle frontiere dell’Unione europea».
E proprio per quanto riguarda i più piccoli, Save the Children metteva in guardia: «Serve proteggere i bambini che cercano un futuro migliore in Europa. La decisione avrà un impatto duraturo, era fondamentale che venissero fatte le scelte giuste» sottolinea l’organizzazione umanitaria. Eppoi c’è anche la questione della natalità zero e della mancanza di manodopera che mette in ginocchio l’Italia ma non solo. «Nell’inverno demografico che caratterizza numerosi Paesi europei, l’immigrazione rappresenta una risorsa da valorizzare – sottolinea Daniela Pompei, della Comunità di Sant’Egidio –. L’Europa avrebbe dovuto puntare sulle vie legali, favorendo la migrazione regolare. Auspichiamo perciò che i corridoi umanitari, realizzati con successo dalla società civile per chi fugge dalle guerre, vengano presi a modello anche per le migrazioni economiche». «Inoltre – conclude la responsabile servizi a migranti, rifugiati e rom della Comunità – di fronte alle troppe morti nel Mediterraneo, si devono attuare operazioni di salvataggio in mare».
Qualsiasi riforma della politica di asilo e migrazione, sottolineava la Ong Mediterranea Saving Humans, «deve mettere al centro le persone ed essere guidata dai valori europei di dignità umana, solidarietà e libertà». «Siamo molto preoccupati che alcune disposizioni del Patto Ue sulla migrazione e l’asilo – in particolare quelle previste dal regolamento sullo screening e dal regolamento procedure – perpetuino gli approcci fallimentari del passato e ne aggravino le conseguenze – aggiunge Laura Marmorale, presidente della Ong impegnata nei soccorsi in mare –. Il Patto rischia di tradursi in un quadro giuridico disfunzionale, costoso e crudele, che lascia irrisolte le questioni critiche e causa una maggiore sofferenza per le persone in cerca di protezione».
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da www.huffingtonpost.it
13 Aprile 2024
Perché la strategia
Meloni-von der Leyen sui migranti
è un fallimento colossale
di Ghazi Ben Ahmed
Questa politica di “esternalizzazione” dei controlli migratori equivale a sostenere direttamente dei dittatori per fare il “lavoro sporco” e diventare le guardie costiere dell’Ue in cambio di una rendita mascherata da programma del Piano Mattei, senza alcun riguardo per le cause profonde della migrazione
(di Ghazi Ben Ahmed, presidente del Mediterranean Development Initiative)
L’Italia, sotto la guida della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, si trova ancora una volta al centro di una grande controversia, testimoniando il fallimento clamoroso della sua politica migratoria dai tratti fascisti. L’arrivo recente di oltre 1500 migranti clandestini sulla piccola isola italiana di Lampedusa, situata al largo delle coste tunisine, in solo un giorno e mezzo, sottolinea l’entità della crisi socioeconomica e umanitaria in corso. Questa situazione, lungi dall’essere un caso isolato, rivela le profonde falle di un approccio di breve termine voluto da Meloni e finanziato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in materia di gestione dei flussi migratori alla vigilia delle elezioni europee di giugno.
Questa politica di “esternalizzazione” dei controlli migratori equivale a sostenere direttamente dei dittatori per fare il “lavoro sporco” e diventare le guardie costiere dell’Ue in cambio di una rendita. Questa strategia, che consiste nel concludere accordi migratori ad hoc con regimi autoritari in Libia, Tunisia ed Egitto, nella speranza di contenere l’afflusso di migranti (e di inviare loro un segnale negativo), sta fallendo miseramente. Questo approccio si rivela essere un fallimento colossale, non solo sul piano umanitario, ma anche in termini di efficienza e di gestione dei fondi pubblici europei.
La visita di Meloni a Tunisi, il mercoledi 17 aprile, con l’obiettivo di esigere dal governo tunisino di fermare il flusso di migranti almeno fino alle elezioni europee di inizio giugno, contro una rendita mascherata da programma del Piano Mattei (un’altra farsa di Meloni), sottolinea l’urgenza e la disperazione dell’Ue di fronte a questa crisi. Questa mossa, sebbene pragmatica, illustra perfettamente l’impasse in cui si trova l’Europa grazie a Meloni/von der Leyen: tentare di negoziare accordi con paesi la cui stabilità politica ed economica è precaria, trascurando al contempo le cause profonde della migrazione.
Il fallimento della politica di esternalizzazione dei controlli migratori dell’Ue non fa che esacerbare una crisi già critica, mettendo in luce l’assenza di una politica migratoria europea coerente, umana ed efficace. È imperativo che l’Ue ripensi il suo approccio, ponendo l’accento sulla protezione dei diritti umani, la solidarietà internazionale e lo sviluppo sostenibile, piuttosto che su misure repressive e accordi precari. La crisi migratoria non è solo una sfida logistica o di sicurezza; è soprattutto una crisi umanitaria che richiede una risposta complessa e multidimensionale.
Nel contesto attuale, il dibattito sulla migrazione in Europa è spesso polarizzato tra due estremi, ciascuno con le proprie lacune e conseguenze sulla vita dei migranti e della diaspora in situazione regolare.
Da un lato, c’è la naïvetà e l’inattività di alcune fazioni della sinistra, che, benché partano da un’intenzione di apertura e solidarietà, possono talvolta portare a una mancanza di politica coerente. Questa lacuna non fa altro che aggravare la situazione dei migranti, regolarizzando il loro status senza tuttavia offrire soluzioni sostenibili o integrate. La mancanza di azioni mirate per integrare efficacemente i migranti nelle società di accoglienza può rendere la loro vita quotidiana più complessa, esacerbando le sfide legate all’impiego, all’educazione e all’integrazione sociale. Questo approccio, sebbene ben intenzionato, rischia di creare condizioni favorevoli alla marginalizzazione, alimentando così il discorso e lo sfruttamento degli estremi e ripercuotendosi su coloro che sono ben integrati.
Dall’altro lato, la brutalità e le invocazioni dell’estrema destra, per cui il fine giustifica i mezzi, offrono una visione riduttiva e pericolosa della gestione migratoria. Le politiche propugnate da questi gruppi sono spesso caratterizzate dalla chiusura delle frontiere, dalla detenzione e dal respingimento dei migranti, con il pretesto della protezione dell’identità nazionale e della sicurezza. Questo approccio, lungi dal risolvere i problemi, non fa che aggravare la crisi umanitaria, violare i diritti umani e ignorare le cause profonde della migrazione, come i conflitti, la povertà e il cambiamento climatico.
Di fronte a questi estremi, l’Unione Europea si trova a un bivio. Per avanzare, deve elaborare una politica migratoria equilibrata e pragmatica, che riconosca sia la necessità di proteggere i diritti dei migranti sia la sicurezza dei cittadini europei. Una tale politica dovrebbe includere misure europee congiunte per rafforzare la cooperazione con i paesi di origine e di transito, al fine di limitare i flussi migratori irregolari mentre si aprono vie legali per l’immigrazione. Ciò richiede un dialogo costruttivo e accordi di cooperazione che vadano oltre il semplice aiuto finanziario, per affrontare le radici della migrazione: migliorare le condizioni di vita, creare opportunità economiche e sostenere le riforme politiche e sociali.
Di fronte all’aggressione russa, l’Unione Europea deve rafforzare la sua posizione di sicurezza e prepararsi alla transizione verso un’economia di guerra. Una gestione efficace e strategica delle migrazioni è essenziale in questo contesto, poiché risponde ai bisogni cruciali di manodopera in settori chiave come l’agricoltura, l’industria, i servizi e persino le forze armate. I migranti non solo forniscono la manodopera necessaria per sostenere queste industrie vitali ma aiutano anche a mantenere la competitività economica e la capacità di difesa dell’Europa.
Investire nell’integrazione dei migranti regolari è quindi fondamentale. Facilitare il loro accesso all’educazione, alle formazione, al mercato del lavoro e ai servizi sociali permetterà un’inclusione sociale effettiva, essenziale per la coesione interna e la stabilità durante i periodi di tensione geopolitica. Questa integrazione rapida ed efficace massimizza non solo il loro contributo economico ma rafforza anche la resilienza sociale a lungo termine.
Inoltre, una politica migratoria proattiva deve essere vista come un pilastro della strategia di sicurezza nazionale ed economica dell’UE. Essa dovrebbe non solo compensare il declino demografico ma anche aumentare la produzione economica in tempi di crisi. Una politica migratoria europea visionaria dovrebbe quindi trattare la migrazione come un’opportunità strategica per dinamizzare la diversità culturale, la crescita economica e la coesione sociale, trasformando così le sfide migratorie in vantaggi per rafforzare la postura di sicurezza e economica dell’Unione.
Pertanto, è imperativo che l’Ue riconfiguri la sua percezione e la sua gestione delle migrazioni, non come una minaccia, ma come una leva cruciale del suo arsenale per la preparazione a un’economia di guerra e la resilienza nazionale. Questo approccio non solo rafforzerà la sicurezza economica, ma anche la stabilità globale dell’Unione Europea in un contesto internazionale incerto.
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