Omelie 2024 di don Giorgio: TERZA DI PASQUA

14 aprile 2024: TERZA DI PASQUA
At 16,22-34; Col 1,24-29; Gv 14,1-11a
Ho già parlato del Libro “Atti degli apostoli”, ma non è facile parlare dell’entusiasmo che suscitava la Buona Novella” tra i primi cristiani. Certe esperienze bisogna viverle, per saperne qualcosa. Non basta descriverle, dal di fuori.
Pur con tutti i loro difetti e i loro limiti (non è che diventando cristiano facendosi battezzare uno diventi santo di colpo, anche se i primi credenti, oltre che “fratelli”, erano chiamati “santi”, ovvero i consacrati ad essere santi), erano pieni di una grazia particolare, lo Spirito santo, che dava quasi le ali al loro agire.
Nel primo brano della Messa Luca negli “Atti” descrive un episodio che non può non commuoverci e non farci riflettere. Qualcuno dirà: siamo un po’ fuori del mondo; ma forse, se lo è, è perché oggi del Cristianesimo primitivo è rimasto neppure una foglia di fico che possa coprire almeno le nostre vergogne. Siamo noi credenti che siamo usciti di testa.
L’apostolo Paolo, a Filippi, colonia romana della Macedonia, si trova presto in difficoltà. Una commerciante di porpora, Lidia, si era convertita al cristianesimo con la sua famiglia ed ha accolto Paolo a casa sua per ospitalità, “costringendolo”.
Notate già la presenza di una donna, e sono numerose le donne che troviamo recitare una parte importante nel libro “Atti degli apostoli”: altro che patriarcato o maschilismo già presente nel primo Cristianesimo; successivamente, quando la Chiesa inizierà a strutturarsi in una religione di dogmi e di schiavitù morali, assumendo un volto sempre più maschilista, allora inizierà un cammino di emarginazione della donna non solo nei ruoli istituzionali, ma anche nella sua dignità di Donna, dimenticando l’Ideale femminile che è Maria Vergine, Teototòkos, Madre di Dio fin dall’eternità.
Perché quella ricca donna “costringe” Paolo ad accettare l’invito a prendere dimora nella sua casa? Qui dovremmo parlare del forte senso di autonomia di Paolo, che è sempre stato restio a dipendere dagli altri, anche lavorando in proprio per mantenersi senza chiedere l’elemosina a nessuno. Qui si aprirebbe un lungo discorso sulle varie sovvenzioni statali o non statali magari pretese da una Chiesa, che per il fatto di essere anche una struttura, e che struttura, ha sempre bisogno di contributi in denaro. Se ricevere offerte dovesse costituire un legame in libertà o autonomia, dovrei rifiutarle. Ecco perché una Chiesa materialmente povera sarà più libera spiritualmente.
Ma succede che una schiava di una famiglia ricca, che faceva l’indovina, procurando molti soldi ai suoi padroni, insegue per la strada Paolo, continuando a gridare come fosse una nuova discepola: «Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunciano la via della salvezza»: Paolo, intelligente e previdente qual era, non gradisce la cosa e la fa tacere. Infatti, i padroni di quella schiava, defraudati di facili guadagni, accusano Paolo per la sua religione giudaica.
Chiariamo una cosa. All’Impero romano non interessava la religione in sé, era tollerante, ma quando una qualsiasi religione creava problemi di ordine pubblico, allora interveniva per ripristinare l’ordine. Da notare: i primi cristiani non furono mai perseguitati in quanto credenti, ma perché creavano disordini, e sappiamo che basta poco per creare disordini, e succederà che con l’avanzare delle eresie, ritenute pericolose per la pace dell’Impero, saranno gli stessi imperatori cristiani a organizzare i cosiddetti Concili, proprio perché la Chiesa cattolica condannasse gli eretici, che creavano disordini anche sociali.
Non so se è una leggenda, ma ho letto che nel panteon romano erano presenti tutte le divinità pagane, ovvero gli idoli (un modo ingannevole per tenere buone le popolazioni rese schiave dall’impero romano), ma non c’è mai stato un posto per una immagine del Cristo fondatore del Cristianesimo, proprio in quanto ritenuto sovversivo, a causa di una Buona Novena che predicava uguaglianza per tutti, mettendo perciò a rischio l’Impero romano fondato sulla schiavitù. Ecco perché bastava poco accusare i primi cristiani di creare disordini, per poi processarli e ucciderli.
Messi dunque in carcere Paolo e Sila (Sila o Silvano, cittadino romano, convertitosi al cristianesimo, compagno di viaggio di Paolo), nonostante la flagellazione e le percosse, mantengono un atteggiamento sereno: pregano e cantano inni fino a mezzanotte.
Anche qui, che serenità interiore avevano i primi cristiani: mantenevano la gioia del loro credo anche se venivano perseguitati. Verrebbe da dire: benedette le persecuzioni se servono a purificare e a restituire ai cristiani la gioia della loro fede. Gli stessi compagni di carcere ne sono meravigliati, anzi affascinati poiché Paolo e Sila dimostrano, in prigione, una libertà di cuore ed una disponibilità inconcepibili per un prigioniero.
Ed ecco: un improvviso terremoto fa cadere le catene e scardina le porte, dando una opportuna occasione per la fuga dei prigionieri. La legge romana era severa: se un carceriere non fermava i fuggitivi, andava incontro a un castigo drammatico. E infatti, quando il carceriere si rende conto delle porte spalancate, nella sua disperazione vorrebbe suicidarsi. Ma Paolo si preoccupa di lui e lo salva dalla angoscia, rimanendo in carcere. La conseguenza è la conversione di questa famiglia riconoscente.
Questo racconto vuole suggerire un comportamento inusuale. Ci ricorda che un contegno cristiano va inventato di volta in volta, pagando sulla propria pelle anche la rinuncia a una libertà esteriore: ciò che importa è essere liberi nello spirito. Paolo non solo rinuncia a fuggire fisicamente dal carcere, ma invita gli altri prigionieri a rimanere. A lui interessa unicamente sfruttare la possibilità che ha di annunciare a quei prigionieri la Buona Novella, la vera libertà che parte dallo spirito, anche se il corpo è prigioniero di strutture carnali.
Quando anche io parlo di una società carnale di schiavitù carnali, so benissimo che non basta liberarci da queste schiavitù carnali, se poi lo spirito rimane schiavo di un ego che vuole sempre mettere a tacere la libertà dello spirito.
Anche Paolo viveva in una società violenta, ma ha cercato di scoprire le vere alternative nell’itinerario del suo messaggio evangelico. Si chiedeva che cosa fosse la cosa più importante: sciogliere unicamente le catene fisiche o carnali o invece liberare lo spirito dalle catene di un ego diabolico? Certo, è giustizia impegnarsi nei vari campi assistenziali e sociali, e qui la Chiesa è sempre stata di modello, e lo è tuttora, ma non basta: occorre l’annuncio di quella Buona Notizia che è una esigenza di libertà interiore, di puro e libero pensiero o intelletto che è Luce, e qui la Chiesa è sempre rimasta in uno stato di allarme, preoccupata di reprimere la libertà di pensiero o di spegnere l’intelletto. E allora, ecco la domanda: che cos’è il Cristianesimo puro? Una religione assistenzialista o non è quella Buona Novella che ci libera dentro, nel nostro spirito? È dalla libertà interiore che partirà una rivoluzione anche sociale e politica.

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