Omelie 2022 di don Giorgio: SECONDA DOPO L’EPIFANIA

16 gennaio 2022: SECONDA DOPO L’EPIFANIA
Est 5,1-1c.2-5; Ef 1,3-14; Gv 2,1-11
Sembra che il primo e il terzo brano della Messa siano collegati dalle parole “il terzo giorno”, che troviamo all’inizio, anche se, inspiegabilmente, sono state tolte dal brano del Vangelo. In realtà, Giovanni scrive: “Il terzo giorno vi fu una festa di nozze…”.
Mentre nel primo brano è chiaro il significato: “dopo tre giorni di digiuno e di solitudine da parte della regina Ester” prima di presentarsi al re, gli studiosi sono divisi nel dare una spiegazione per quanto riguarda il brano del Vangelo.
Anche io sono d’accordo con chi vede “nel terzo giorno” un riferimento alla risurrezione.
Dovrebbe entrare nel nostro comune linguaggio l’espressione “il terzo giorno” a indicare la risoluzione di un problema, naturalmente non in vista di un intervento di carattere politico o religioso, ma di quel Bene Sommo che è l’Eterno presente.
Per credenti o non credenti, anche se non dobbiamo avere una totale sfiducia nelle istituzioni sia civili che religiose, che fanno quello che possono, ovvero nei limiti della loro precarietà, ogni vera risoluzione di un problema esistenziale va al di là di qualcosa di carnale, non può non attingere a quella Sorgente che è il mondo del Divino.
Anche se non dobbiamo enfatizzare la Risurrezione come se il Cristo risorto avesse eliminato il dolore e la morte, realtà che restano ancora tragicamente presenti, tuttavia è nella Risurrezione il seme di Eternità, che dà un senso al dolore e alla morte.
Quanto vorrei che la gente comune ripetesse: ”il terzo giorno”, magari come la fine di un incubo, di una disperazione, di una lunga agonia.
Ma c’è di più. La Liturgia ha collegato i due brani, anche per la presenza di due donne del tutto singolari: nel primo troviamo Ester, nel terzo Maria di Nazaret.
Ester è la protagonista dell’omonimo libro biblico. Ebrea, adottata alla morte del padre dal cugino Mardocheo, un beniaminita esule a Babilonia, fu eletta regina da Assuero (Artaserse I) dopo una gara di bellezza. In occasione d’un aspro dissidio sorto tra Mardocheo e il primo ministro Aman, accusato dal primo di favorire una congiura di corte, Ester ottenne l’abrogazione d’un decreto di strage contro i Giudei di Persia che Aman aveva chiesto per vendetta. Scoperta la congiura, i Giudei poterono anzi assistere, nel giorno stesso in cui era stato predisposto lo sterminio, all’impiccagione di Aman coi suoi figli: di qui avrebbe origine la festa ebraica di Purim.
Dunque, l’intervento di Ester presso il re ha avuto l’effetto di salvare il suo popolo da una strage, così Maria di Nazaret è intervenuto presso il figlio Gesù per salvare uno sposalizio da una situazione imbarazzante.
Ma qui, nel caso di Maria, il confronto assume un significato elevatamente mistico, al di là del racconto in sé. Non dimentichiamo che il brano appartiene al quarto Vangelo. E forse mai abbastanza diremo che l’autore, unitamente comunità ed evangelista, vola alto, al di là quindi di un evento legato a una circostanza del tutto particolare: il venire meno del vino durante un banchetto di nozze.
Gli spunti per riflettere sono molteplici, e tutti richiedono una particolare attenzione, per evitare di cadere in una complessa e fuorviante esegesi.
Anche qui raccogliamo l’invito di scendere nel profondo del Pozzo divino, dove, come Gesù ha fatto con la Samaritana, attingere la Grazia dissetante.
Il quarto Vangelo non si limita a narrare eventi storici, ma fa della storia quel “segno” che rivela la misteriosa presenza del Mistero divino.
Del resto, Giovanni, dopo il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino, scrive esplicitamente: «Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui».
Bisogna partire da qui, dal fatto che si tratta di un “segno”, se vogliamo cogliere il senso del miracolo. Un ”segno” che, specifica Giovanni, ha manifestato “la gloria di Gesù”. Ma la “gloria” è nascosta nel “segno” della Risurrezione.
Alla luce della Risurrezione, i “segni”, ovvero i miracoli di Gesù, “facta et dicta”, vengono alla luce. In Gesù Risorto ogni segno manifesta la gloria divina.
Vorrei soffermarmi sulla presenza di Maria a Cana di Galilea, durante le feste (che duravano anche una settimana) della celebrazione di un matrimonio. Non entriamo nei particolari, che sono solo curiosità.
Maria c’è, ed è la protagonista femminile di estrema importanza. Essenziale. Il miracolo gira attorno alla presenza della madre di Gesù.
Gesù sembra ritardare la sua presenza, per farsi provocare dalle parole della madre: “Non hanno vino”. Maria non aggiunge altro, ma Gesù sente la provocazione, come se la madre gli chiedesse un intervento miracoloso. Ma non è stata né una provocazione, né la richiesta di un miracolo.
Giovanni ha ricostruito quasi enigmaticamente il dialogo alla luce della Risurrezione. Tutto è avvenuto nell’intimo dei due esseri. I discepoli presenti neppure si sono accorti.
Tra Maria e Gesù c’è stata dunque un’Intesa solo interiore. Giovanni cerca di scrivere qualcosa, zoppicando, ovvero lasciando il dialogo quasi monco dell’essenziale.
Ripeto, Giovanni, l’unico tra gli evangelisti a riportare il fatto (non sembrerebbe strano, visto che si è trattato del primo miracolo e che è avvenuto alla presenza dei discepoli di Gesù?), lo ha riletto e ricostruito andando oltre l’evento stesso.
Del resto, Gesù non faceva mai nulla tanto per fare qualcosa. Tutto per lui doveva essere un “segno” rivelatore del Mistero divino.
Dunque, il dialogo è stato di poche parole, apparentemente strane, difficili da spiegare. Ma questo è il Bello: che tra Maria e il Figlio ci sia stata una intesa diciamo problematica o, meglio, altamente dialettica. L’Intesa c’è stata, ma su un piano misteriosamente divino. Sembrano contraddirsi, ma in realtà Madre e Figlio si intendono a perfezione. Gesù si rivolge a sua madre, chiamandola “donna” (da notare che Giovanni nel suo Vangelo non la chiama mai Maria), e un motivo dovrebbe esserci, almeno nelle intenzioni di Giovanni. Donna! La Donna per eccellenza, in cui vedere il grembo trinitario.
Sembra, ma non è solo una mia impressione, che Giovanni abbia voluto dirci una cosa: senza il grembo femminile tutto diventa impossibile allo stesso Dio.
La ragazza di Nazaret ha un nome, che non è tanto Maria, ma Donna vergine e madre.
Nel suo grembo avviene ogni miracolo, quello della Vita. Non importa la trasformazione dell’acqua in vino: ciò che importa è la Vita di un grembo di Donna, che partorisce alla luce della Risurrezione.

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