da www.ilcambiamento.it
17-04-2020
Città e campagna
ai tempi del coronavirus
di Paolo Ermani
Ci hanno fatto credere che la città fosse la soluzione a tutti i problemi, dipingendo la campagna come un mondo sottosviluppato popolato di sempliciotti. Ma davvero lo credete? E dove credete possano risiedere il futuro e la speranza?
Per convincere la gente ad ammassarsi nelle città, diventare consumatori e servire la società industriale, la televisione è stato il mezzo principale; non solo per pubblicizzare i prodotti industriali ma anche per mostrare la superiorità della gente di città a quella di campagna.
L’immagine che viene data da sempre della campagna è infatti quella di un luogo abitato da persone ignoranti e sempliciotte che non sanno come stanno le cose. Sketch a non finire e prese in giro costanti del povero e ingenuo campagnolo messo a confronto con i cittadini impegnati nella costruzione del “progresso”.
E così ci hanno fatto credere che la città fosse la soluzione di tutti i problemi, piena di vita, di attrazioni, cultura, non precisando però che si trattava di vita artificiale e di attrazioni varie o cultura, a cui difficilmente avremmo avuto la possibilità di accedere. Presi come si è nel dover lavorare tanto, rimanere imbottigliati nel traffico e alla fine delle giornate avere a malapena la forza mentale e fisica di continuare a farsi bombardare il cervello dalla stessa televisione che ci propina il modello criceto nella ruota, per cui ricominciare daccapo ogni giorno.
Inoltre, abitare in città significa dipendere da tutto questo, comandato da chi vive appunto nel venderci quel tutto. Poi però il problema lo abbiamo, eccome. Nel momento in cui c’è una qualsiasi crisi andiamo in tilt, come si sta verificando attualmente.
Allontanandosi dalla campagna quindi dalla natura, non solo si perdono aspetti importanti e le relazioni con i veri cicli vitali ma anche tante competenze; e quindi poi bisogna pagare qualcuno che intervenga nel momento del bisogno.
Il cittadino è infatti molte volte come un disabile sociale che ha bisogno di ogni cosa dall’esterno per vivere, ha sempre bisogno di qualcun’altro, perché lui deve preoccuparsi solo di guadagnare soldi e di pagare.
Forse si dimentica che il tanto dileggiato contadino sapeva (e sa) fare un po’ di tutto, ha conoscenze e capacità che un cittadino si sogna.
Forse si dimentica che la manualità ha un’importanza fondamentale per lo sviluppo dei giovani e non. Non sappiamo più costruire o aggiustare nulla con le mani, non sappiamo coltivare, non sappiamo cavarcela in praticamente nessuna situazione, se non con l’aiuto di esperti o addetti del mestiere. Quei mestieri che i giovani non vogliono più imparare perché facciamo loro credere che con un click risolveranno tutti i problemi della loro vita, anzi che con un click diventeranno milionari e non ci sarà nemmeno bisogno di lavorare.
Ma chissà, forse in questi giorni le persone che fanno file di ore al supermercato magari pensano che avere un orto non sarebbe male oppure ritornano ai bei tempi in cui la nonna faceva i manicaretti con tante cose buone del campo e guarda caso tantissime pubblicità odierne si rifanno ai sapori genuini di una volta…
Ma se questi sapori di una volta erano tanto genuini, perché non si “ritorna” a una volta? Considerando che i sapori spacciati per genuini dei prodotti industriali non saranno mai genuini come quelli di una volta. Ed è veramente interessante notare come ci magnificano i prodotti industriali moderni e allo stesso tempo la genuinità di un tempo passato: c’è un chiaro corto circuito, c’è contraddizione palese nella questione. Eppure che l’aria buona, la vita e il cibo sano siano fra gli elementi che contribuiscono tra l’altro a rafforzare le difese immunitarie, lo capisce chiunque; proprio quegli elementi che invece venivano ridicolizzati nella rappresentazione televisiva della campagna, tranne poi usarli o meglio dire manipolarli come termini, quando si deve pubblicizzare un prodotto industriale.
Avere oggi la possibilità di essere a contatto con la natura come quei tanto presi in giro contadini oppure poter coltivare anche solo un orto, per piccolo che sia, fa certamente la differenza fra chi in questo periodo è costretto murato vivo in condomini, palazzi giganteschi, appartamenti vari in città, pagati o affittati spesso a peso d’oro, a cui va tutta la mia solidarietà.
Per il futuro è il caso di dare meno credito alle Milano da bere e simili, che fanno pensare che ci sia chissà quale vita laddove mancano le basi stesse della vita.
Quando si uscirà da questo incubo potrà essere utile rivedere i parametri di importanza e rimettere al centro alcuni aspetti fondamentali. Pensare che forse un ritorno alla terra non è una bestemmia e non produce delle macchiette televisive, così come non è insensato cercare di rendere le città il più verdi e resilienti possibile. Rifiutando in questo modo ciò che i venditori di fumo e cianfrusaglie ci hanno tentato di estirpare dal DNA e cioè che la Natura è Madre e a quella dobbiamo tendere.
Bel articolo, molto condivisibile. Terrei a precisare, proprio per prendere le distanze dalle “Mele Verdi” televisive, che fare i contadini oggi non vuol dire solo “fare l’orto”. Anzi spesso non abbiamo nemmeno il tempo per farlo.
Fare i contadini oggi vuol dire combattere contro una burocrazia soffocante che ti obbliga a far campare sulle tue spalle decine di persone che fanno lavori inutili spacciati per controlli sul tuo operato di agricoltore. Poi ce li hai tutti addosso se irrighi con troppa acqua, poi se non irrighi, poi se macelli i vitelli, poi se usi le sementi di un tipo, poi se usi quelle autoctone, poi se tagli gli alberi, poi se non li tagli. Insomma migliaia di persone che dicono ai contadini come si fa a fare il contadino.
Quando scoppia una epidemia, però, siamo la prima categoria citata come “strategica” nel DPCM. Eh già, perché il legislatore, pensa subito alla bistecca! Forse ancora prima he al virus.
Lo sradicamento geografico, poi culturale, poi morale e infine spirituale sono tutti tasselli di un disegno diabolico… Quello evocato in questo articolo è oggettivamente un biglietto di sola andata, lo sradicamento delle competenze…
Del resto, è prassi del capitalismo quella di fare terra bruciata. Scuola ed università contemporanee, quando va bene… producono disoccupati, molto più spesso purtroppo manodopera per i capitalisti, ovvero automi senza etica e morale, pronti a tutto, potenziali mengele attivabili autorizzando una settimana di ferie in agosto. Soggetti che non vedono, non sentono e non parlano mai… che scendono in piazza solo per reclamare qualche ghianda in più…
Fiaccata nel corpo corrotto da vizi e bisogni indotti, depressa da relazioni umane inconsistenti e pronte a fermarsi al primo newton di attrito della realtà, molle per assenza di difese etiche e morali, con una mente ingolfata da pensieri nocivi, sciocchezze e nozioni socialmente distruttive, incapace di sopravvivere in natura, magari indebitata con un mutuo dalla culla alla tomba… quando potrà mai pentirsi questa manovalanza alienata e complice?
ll ‘c’ho famiglia’ dei nuovi cannibali è diventato il nuovo ‘heil hitler’, tutti sull’attenti quando si parla del dio danaro, omertosi più dei mafiosi sul posto di lavoro, girati dall’altra parta quando un povero viene messo a testa in giù e bastonato fino alla morte… il paradigma è ultra-nazista “meglio un bambino morto in alto mare che un telefonino cellulare in meno in casa”.
Qualcosa mi fa pensare che una sola ondata di coronavirus… non aggiusterà proprio niente, questa torre deve implodere su se stessa.