Tra realismo e qualche utopia

L’EDITORIALE
di don Giorgio

Tra realismo e qualche utopia

Quando voto, cerco sempre di votare il minor male del momento. In occasione delle consultazioni referendarie, scelgo talora anche di votare “non votando”, sì perché il legislatore prevede anche il non voto, e ne tiene conto, stabilendo che, perché il referendum sia valido, è necessario che si rechino alle urne metà degli aventi diritto al voto più uno. Perciò, se non vado a votare un referendum, e lo faccio coscienziosamente, nessuno mi deve accusare di essere assenteista. Come cittadino, posso esercitare il mio diritto al non voto.
Premesso questo, dico chiaro che, finora – e non credo che oramai ottantenne mi lascerò infinocchiare – non ho mai avuto un partito di appartenenza, e tantomeno una tessera di partito o di un movimento ecclesiale: appartengo solo alla mia coscienza, prima anche dell’appartenenza alla Chiesa-istituzione.
E dico che, se mi dichiaro ancora politicamente di sinistra, è solo per dire che non sono della destra fascista o xenofoba come la Lega. In realtà, la sinistra in cui credo in pratica non esiste, e non saprei nemmeno come definirla, tanto è ideale. Perciò preferisco tenere i piedi per terra, essere cioè realista, pur tenendomi qualche utopia nel cuore. L’utopia serve per non fossilizzarmi o per accontentarmi di vegetare.
Sto dalla parte dei diritti, ma anzitutto dei doveri che fondano i diritti. La parola “diritto” oramai sulla bocca di tutti mi fa paura, e mi irrita: richiama un mondo di egoismi tanto individualisti da frammentare ogni concetto di fratellanza e umanità.
Non difendo gli operai per partito preso, o i poveri come massa anonima da strumentalizzare secondo le evenienze e le ricorrenze onde tirare l’acqua al proprio mulino, con il rischio di lasciarli ancor più poveri, dopo averli illusi.
E neppure mi dichiaro ecologista per farmi bello come se gli ambientalisti difendessero veramente l’habitat del Creato: sì, a parole si riempiono la bocca di rispetto per la natura, e poi, come dice l’etimologia del termine “eco”, dimenticano la casa in cui quotidianamente sono costretti a vivere. Parlano di far chiudere i pozzi di petrolio e poi in famiglia hanno due o tre auto, pronti a regalare un’altra al figlio appena costui diventa maggiorenne.
Sì, sto diventando sempre più realista, forse perché mi sto avviando al tramonto, e di fregature ne ho prese da parte dei soliti populisti scansafatiche da salotto, che vorrebbero cambiare il mondo, senza tirar fuori le mani di tasca.
E, nello stesso tempo, mi sto immergendo nella mistica, leggendo libri dei grandi mistici orientali e occidentali, per lasciarmi incantare da un mondo che non appartiene a questo povero mondo. Lo so: a che serve, se poi si è costretti a vivere in questo mondo tanto materialista da distruggere ogni alito dello spirito interiore, ovvero del proprio essere?
Essere realisti ed essere mistici non è una contraddizione? Dipende. Mi tengo cara questa contraddizione, e, pur esteriorizzato per forza di cose in un mondo alienante ed alienato – è il “necessarium” a cui nessuno sfugge – mi godo un po’ la speranza di poter gustare nel profondo qualche attimo di vera spiritualità, o di quel divino che non ha strutture religiose, ma che è un patrimonio dell’Umanità. Non posso evadere dalla necessità deterministica, ma, nello stesso tempo, non posso farmi opprimere, come direbbe Simone Weil, dalla “pesantezza” della realtà esistenziale.  
Se ad essere realisti ci si può compromettere con questo povero mondo esteriorizzato, la grazia mistica potrebbe aiutarci a riprenderci qualche spazio vitale, che è nostro, anche se, più scendiamo nel mondo dell’essere, la cavità o il fondo dell’anima, più scopriamo di appartenere al Tutto cosmico. Per me è così, anche se è poco quello che riesco a sottrarre alla banalità di questa precaria e maledetta esistenza terrena. La “pesanteur” vorrebbe ogni giorno condizionarmi e distruggermi dentro. 
19 marzo 2016 
EDITORIALI DI DON GIORGIO 1
EDITORIALI DI DON GIORGIO 2

3 Commenti

  1. Giuseppe ha detto:

    Caro don Giorgio, condivido in gran parte le tue considerazioni e mi sento sulla tua stessa lunghezza d’onda quasi totalmente. Mi riservo qualche piccolo spazio personale perché non siamo tutti uguali ed ognuno di noi, oltre alla sua esperienza di vita, ha avuto ed avrà la sua buona dose di fregature e, a volte, anche di piccole soddisfazioni. Ti rinnovo perciò tutta la mia stima e l’apprezzamento per la tua ostinazione nell’essere coerente con le tue idee e la tua coscienza.

  2. Alberto ha detto:

    Scusa don giorgio
    Solo per conoscerti di più se possibile
    Ma di amici ne hai ?
    Nel senso di persone che ti aiutano e che tu segui come testimoni di una bellezza del vivere questa tua esistenza ?
    Grazie

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