Il Presidente Sergio Mattarella, la forza mite della saggezza
www.huffingtonpost.it
Il Presidente Sergio Mattarella,
la forza mite della saggezza
Gianluca Passarelli
Professore di Scienza Politica – Sapienza Università
19/06/2019
Un uomo prende in braccio un altro uomo, morto, suo fratello. Il gracile corpo pur provato dal dolore e dalla fatica trasmette forza, consapevolezza, determinazione, e dignità. Nulla è cambiato da quel maledetto giorno di gennaio del 1980 quando Sergio Mattarella si caricò sulle braccia non solo il fratello amato, Piersanti, ma la sua Storia e il suo futuro.
La politica è fatta di regole, elezioni, istituzioni ed eventi. La svolgono però gli uomini (e ancora troppe poche donne), con le loro caratteristiche personali. Sergio Mattarella è giurista raffinato, professore di diritto parlamentare, prima che politico di rango.
L’attività tra le fila della Democrazia cristiana si distingue per il rigore etico e morale, il cui apice si ha con le dimissioni nel 1990 da ministro della Pubblica istruzione per dissenso sull’approvazione (con voto segreto e voto di fiducia) della Legge Mammì, quella che regolava il sistema televisivo che diventerà poi cruciale nella storia politica recente e che sanava le reti tv del rampante Silvio Berlusconi. Correva l’anno del Governo Andreotti. La coerenza condusse, portò Mattarella a rimarcare le distanze dal cosiddetto De Gasperi di Arcore. E perciò si oppose alla concentrazione di potere, all’incompatibilità da rimarcare tra “la condizione di presidente del Consiglio e di padrone di tre tv nazionali e di molti giornali”.
Partecipò attivamente all’elaborazione ed approvazione della legge elettorale (che porta il suo nome) che traghettò il Paese dalla prima alla seconda fase del sistema dei partiti. Quando emerse l’ipotesi di un sistema che prevedesse l’elezione diretta del capo del Governo, segnalò che si trattasse di un errore. La lucidità dell’analisi. Inoltre, da Presidente ha messo in fila gesti, parole, atti coerenti con la sua Storia e quella della Costituzione.
Le nomine dei senatori a vita segnano un lucido disegno di simbolismo civico curato con certosina e chirurgica abilità, le parole – come pietre miliari – pesate, cercate, amate. I silenzi, la pazienza strategica, la calma, l’autocontrollo.
Il discorso di insediamento, l’omaggio alla Corte Costituzionale, al CSM, il richiamo ai valori fondanti della repubblica, alla necessità di ridurre le disuguaglianze. La crisi economica “prolungatasi oltre ogni limite ha aumentato le ingiustizie, ha generato nuove povertà, ha prodotto emarginazione e solitudine”: una frase che racchiude tutta la prima parte della Costituzione. E poi la dolce sensibilità e la chiarezza storica quando ricorda Stefano Tachè, un bimbo morto durante l’attacco alla Sinagoga di Roma. Chapeau.
La storia politica, umana, culturale e professionale del Presidente Mattarella è dunque segnata da passaggi cruciali, che indicano unanimi la sua coerenza e la sua determinata ferma saggezza.
Nel contesto politico e sociale italiano il presidente della Repubblica appare a volte come un marziano, a volte come un eroe moderno. Per rendergli onore bisogna considerarlo un servitore della Carta (è stato anche Giudice della Consulta), delle istituzioni, un repubblicano. Un marziano indicherebbe una landa desolata, aridità civica e politica; l’eroe moderno viceversa rimanderebbe un Paese da salvare, e già Brecht fa dire a Galileo che è felice quello che non ne ha bisogno.
Troppi arruffapopolo, troppa incompetenza, troppa sciatteria, troppa superficialità. E quando i barbari varcano la soglia del Palazzo immaginando che il gesto basti loro per mondarsi e diventare cittadini, attende paziente che il trambusto nella stanza dei giochi sia finito e passa a rimettere ordine. Lo fa sul piano internazionale, per tutelare e rappresentare “l’unità nazionale”, sul piano nazionale per mantenere coesa la comunità e i suoi cittadini, tutti.
Per carità di Patria tace quando avventati scellerati chiedono l’impeachment (non sapendo di cosa parlino). Moral suasion, lavorio diplomatico, ma anche invio di truppe e uso di corazzate all’uopo, ché la mitezza non sia confusa con debolezza. Il rispetto della Costituzione e il tentativo di attuarla, i moniti e le lezioni di civismo repubblicano impartite il 2 giugno, il 25 aprile, sempre.
Ho avuto l’onore di incrociarlo – “benvenuto Signor Presidente!” -, da giovane e impacciato neo-ricercatore alla Sapienza quando inaugurò le celebrazioni per l’anniversario dell’omicidio di Vittorio Bachelet. Molti giornalisti assiepati e astanti, bramosi di una dichiarazione durante la prima uscita pubblica del Presidente neo-eletto. Sergio Mattarella rimase in silenzio. E perciò disse tutto.
Sulle spalle dei giganti bisogna essere abili non solo a salirci, ché già costa fatica, ma soprattutto a rimanerci e a meritare di farlo.
L’Italia, la sua classe dirigente, non solo i rappresentanti politici, devono sforzarsi di meritare un talento come il Presidente della Repubblica.
Un esempio da imitare, ogni giorno. Il tempo che è dato di vivere è una sfida per ciascun essere umano, ciascun italiano. È bene però sapere che se il Presidente della Repubblica in Italia può molto e che se l’inquilino del Colle è particolarmente adeguato come nel nostro caso non può da solo però fare miracoli.
Il fatto che abbiamo un Presidente come Sergio Mattarella, vuol dire che Dio ancora non ci ha abbandonati.
Un milione di like
L’ultimo galantuomo della politica italiana, oggi per lo più composta da buffoni nani e ballerine. Un gigante che vince con la sua semplicità, la sua storia personale e la sua proverbiale moderazione, che non è affatto accondiscenza, ma autorevolezza.