L’EDITORIALE
di don Giorgio
Non mi voglio giustificare e tanto meno scusare,
ma solo chiarire…
L’ho sempre sentita pungente l’accusa riguardante il mio modo di comunicare, che ricorre a parole anche volgari, e a espression anche di odio.
Che dire in mia difesa?
Forse non mi basta distinguere la persona dal suo ruolo professionale o politico o religioso. Senz’altro non è bastato al giudice di Lecco, che mi ha sempre condannato, senza fare un minimo sforzo per superare l’equazione: parolaccia o giudizio negativo uguale a offesa alla persona.
Non mi sono servite in tribunale le mie calorose parole chiarificatrici. In Italia la legge punisce a occhi chiusi senza distinguere il ruolo dalla persona che riveste quel ruolo. In altre Nazioni del mondo, ad esempio in America, le cose stanno ben diversamente. Ricordate ciò che ha detto Robert De Niro nei riguardi di Donald Trump?
Risentitelo
L’attore americano non è stato querelato, perché in America si può dire tutto ciò che si vuole contro le istituzioni e i loro rappresentanti.
Forse in Italia la legge, così restrittivamente chiusa, cieca e ottusa, nonché balorda, rispecchia la mentalità della gente comune, la quale, quando legge o sente un giudizio violento contro un politico, si scandalizza, poco importa se poi le stesse persone, nella loro vita privata, sbottano ogni giorno contro il vicino di casa, tirando fuori dal repertorio le parole più infami, e anche le dicerie più scandalose dal repertorio di un gossip carnale incontrollabile.
Eppure, mi sembra così elementare la distinzione tra il ruolo e la persona che lo ricopre che, ogniqualvolta sono accusato di esagerare o di non rispettare il fatto che sono un prete, allora mi arrabbio, perché non riesco a far capire la cosa più elementare.
Lo ripeto? Un conto è il personaggio, e un conto è la persona; un conto è il ruolo e un conto è il tizio, caio o sempronio.
Ho sempre combattuto, senza peli sulla lingua, il personaggio, senza mai toccare la persona. Forse una eccezione ci sarebbe: Silvio Berlusconi, il quale, tra le altre porcate, è riuscito a identificare la sua persona con il suo ruolo di politico, per cui il Berlusconi persona e il Berlusconi personaggio erano la stessa cosa, creando così una eccezione alle parole di Giovanni XXIII: “Non si dovrà però mai confondere l’errore con l’errante”.
Parto con l’esempio di un personaggio famoso, Adriano Celentano: come cantante lo rispetto, anzi mi piace; come opinionista è criticabile, non sempre accettabile; come attore è riprovevole. Tre giudizi diversi, della identica persona. Se dovessi dire che Celentano mi fa schifo come attore, sarebbe forse un’offesa alla persona, come se potessi distinguere la persona in tre parti?
Del resto, Cristo stesso ha avuto parole dure, durissime (le famose invettive contenute nel capitolo 23 del Vangelo di Matteo) contro gli scribi e i farisei, tra l’altro definiti “serpenti, razza di vipere”. Perché non andate a leggere la pagina di Matteo? Espressioni già usate dallo stesso Giovanni il Battista.
E allora perché non querelare anche Gesù Cristo e il Battista?
E che dire dei profeti, quando si scagliavano contro il popolo eletto, Israele, accusandolo di adulterio, ovvero di tradimento dell’Alleanza divina? Come reagirebbero certi politici italiani, se li dovessi accusare di prostituzione, in quanto traditori di ogni senso democratico e di quel bene comune che è un Valore che dovrebbe stare in primo piano nel compito di un politico?
La mia prima condanna, emessa dal tribunale di Lecco, è stata a causa di un querela inoltrata dalla giornalista della Rai Grazia Graziadei, perché avevo riportato sul mio sito le parole, tra l’altro molto brevi, con cui Vittorio Arrigoni (ucciso poi a Gaza il 15 aprile 2011) aveva accusato la giornalista di essersi prostituita al potere minzoliniano, facendo un servizio scandaloso sulla sentenza Dell’Utri Marcello.
Ma, ecco la domanda che potrebbe sembrare più razionale e saggia: perché usare un linguaggio violento, quando si potrebbe dire le stesse cose in un altro modo?
Rispondo seccamente: ognuno ha il suo stile comunicativo, e io ho il mio; il mio carattere mi porta più a contestare duramente, con colpi allo stomaco, l’ipocrisia di certi politici, e se lo faccio è solitamente davanti a una telecamera o quando scrivo articoli sul mio sito, dove tra l’altro, in alto sulla homepage, c’è un bollino rosso.
Il problema è un altro: con certa gentaglia che ha il pelo, diciamo una foresta, sullo stomaco, non basta fare certi “normali” ragionamenti, anche perché ci sono casi in cui, essendo impossibile ogni dialogo dialettico, non rimane che la forza verbale.
Questo mio metodo ottiene qualche effetto? Penso di sì, se mi querelano.
Ma vorrei dire ancora di più. Ho sempre lottato anche contro la struttura della Chiesa, e se talora me la son presa con il papa, i vescovi, tra cui quello di Milano, anche in questo caso l’ho sempre fatto contestando il loro ruolo istituzionale, ma le mie emarginazioni (da 7 anni sono qui chiuso in casa) sono state una punizione del fatto che ho sempre espresso le mie idee come spirito libero.
E allora mi pongo la domanda: non è che sia proprio il libero pensiero a far scatenare da una parte (campo civile) la querela, e dall’altra (campo ecclesiastico) la scomunica?
L’offesa alla persona è solo un pretesto per far fuori uno spirito libero.
Capisco la gerarchia della Chiesa, che vive di auto-difesa nella sua cieca ortodossia, ma non capisco il Tribunale giudiziario italiano che non rispetta la libertà di pensiero.
Qui entriamo nel cuore del problema: al di là di un modo mio di esprimermi, anche se non da tutti accettabile, perché sarebbe poco politicamente e religiosamente ”corretto” (e qui l’ipocrisia supera la mia “indecenza linguistica”), perché non vedere la mia passione per la difesa di una causa nobile, che è sotto gli occhi, tranne naturalmente degli attori del potere, a cui vorrei togliere anche le mutande per far vedere a tutto il mondo le loro “vergogne” (in senso biblico!), visto che per certi politici ciò che conta è il sesso potere o il potere sesso, e altre parti del corpo, pensate al ventre, come quel tubo digerente da riempire per rispondere alle esigenze carnali di un popolo, a cui preme solo soddisfare i bisogni fisici?
E non capire che il mio lottare è in vista di una ripresa di quel Pensiero, interrotto da secoli e secoli di condanne sia nel campo civile che in quello religioso, questo è la vera tragedia, e non quel ridicolo grottesco anche criminale voler condannare ciecamente e stupidamente uno spirito libero, solo perché verbalmente eccede, ma se lo fa è solo nell’intento di colpire con più durezza il comportamento di ”personaggi” politici o religiosi, che altrimenti, con un linguaggio da pietoso cristiano, se ne fregherebbero, anche se so benissimo che, di fronte alla suscettibilità carnale di questi “personaggi”, arriverà una qualche querela come la solita vigliaccata di chi sa che la legge italiana li proteggerà e li salverà da spiriti liberi decisi a tutto.
Si condanna una parolaccia e si difende un comportamento criminale di un politico? Ma dove siamo? E che significa democrazia?
Libertà di pensiero e libertà di parola sono per me la stessa cosa, ma non è la stessa cosa che un personaggio politico o religioso si difenda sempre con querele, quando lo si attacca nel suo ruolo, che dovrebbe rappresentare quella dignità professionale, per cui ha ricevuto un mandato: servire il bene comune o il bene divino.
E mi rendo conto che, nonostante la mia chiarezza, sarò di nuovo attaccato. Ci sarà ancora qualcuno che mi dirà: Ma lei non è forse un prete, e come tale dovrebbe essere caritatevole e non esprimersi dando giudizi sulla persona?
A questo punto ti manderò all’inferno, e agirò come sempre: ascoltando la mia coscienza, solo la mia coscienza!
20 febbraio 2021
Non è che sia proprio il libero pensiero a far scatenare da una parte (campo civile) la querela, e dall’altra (campo ecclesiastico) la scomunica?
Questo è il limite della nostra società, quella di voler sempre omologare le persone non lasciando spazio al libero pensiero. Una società che vuole avere tutto sotto controllo e che isola deliberatamente chi ha una minima facoltà di pensiero. Il motivo è chiaramente la paura!
Non accettare il dialogo, il confronto è il segno di una regressione culturale pazzesca.
La Chiesa purtroppo è vittima di decenni di incoerenze; dove la presunzione di preti che si credono “Dio in terra” ha portato a trasformare un messaggio di azione in cultura, in tante belle parole. Quante persone si allontanano davanti alla presunzione ed arroganza di tanti preti!
Ci si limita a parlare, a spronare….le azioni concrete però latitano e soprattutto manca l’esempio. La giustificazione è sempre la stessa “sono uomini anche loro”…chiaramente da usare solo quando fa comodo, per il resto sono venerabili in ogni azione.
Il cardinal Schuster già nel 1954, poco prima di morire, notava come la gente era diventata insensibile davanti alle parole delle omelie ma come, davanti ad un Santo, tutti raccogliessero il richiamo a radunarsi. Ecco perchè riconosceva come unica strada per una autentica testimonianza, una vita in santità.
Quello che però fa dispetto è come l’opera di molti pastori sia nella ricerca di qualche colpo ad effetto, di una spettacolarità che stride davanti alla testimonianza evangelica. Come se servisse il colpo spettacolare per rendere “vera” la parola di Dio. Anche questo è “l’inganno” del maligno che spinge egoisticamente ad una ricerca di approvazione personale e non ad una sincera interpretazione della Parola.
Chi si spinge ad onorare il Vangelo, a non nascondere il messaggio in virtù di un tornaconto personale, finisce ai margini. Isolato dalla gente e dalle istituzioni.
Segno che le persone ricercano una fede a misura personale sforzandosi di fare la volontà dell’uomo (spesso del prete) piuttosto che quella di Dio.
Uscendo da Messa il commento è sempre rivolto a ciò che ha fatto il prete; a come è stato bravo il prete. Un pensiero che rimane un giorno, due e poi si dissolve per sempre. Della parola di Dio non c’è traccia e non c’è alcun cambiamento nella vita dell’uomo.
Ci si nutre dell’evento che si dissolve in poco tempo. La vita continua a correre in un binario parallelo che mai si incontra con quell’ora a settimana che è un momento dovuto e spesso obbligato.
Ma va bene così, si riempie la pancia del prete, si mantiene la massa controllabile e si evita di far vivere l’incontro salvifico tra il popolo e il Dio interiore.
Tutti i profeti son stati odiati dalla gente; ad alcuni addirittura veniva intimato di non parlare perchè portavano sfortuna ogni volta che aprivano la bocca.
Giovanni il Battista è stato decapitato per il fastidio che provocavano le sue parole. Tra tutte le cose che si potevano chiedere, proprio la testa di Giovanni volle. Perchè il ronzio dei suo ammonimenti infastidiva, rendeva la vita apparentemente triste, pesante.
Meglio spegnere il cervello, chiudere le orecchie e lasciare che l’uomo viva e muoia nella mediocrità. Ci penserà il prete a trovare parole ipocrite per elogiare anche una vita priva di sapore.
Purtroppo la storia si ripete da millenni esempio furono due monaci taoisti
due monaci tizio e caio esprimevano il loro pensiero nei confronti de l ‘imperatore tizio elogiava le virtu caio invece i vizi.Tra i due monaci c era dissidio a tal punto che si lasciarono.Passarono dieci anni e casualmente si ritrovarono caio disse a tizio: Ho visto che hai fatto carriera sei diventato guida spirituale dell imperatore io invece rimasto come prima tizio gli rispose non preoccuparti ho convinto l’imperatore a costruire tanti monasteri e un posto x te c e sempre.