Tutela del territorio, quanto ci costa un disastro ambientale?

di don Giorgio De Capitani

Come qualcuno sta ripetendo, e giustamente, la lezione purtroppo tragica che ci viene dalla Sardegna non andrebbe dimenticata, come invece si usa fare qui in Italia, dove si passa in tutta fretta dal dramma alla commedia. 

E, se si ama soffermarsi sui drammi, non si sa però distinguere i drammi familiari dai drammi nazionali, puntando sui primi perché sono fonti di tanta morbosità, tipica del popolino più analfabeta, e soffermandosi anche sui secondi, perché c’è sempre qualche singola notizia commovente da sfruttare, e si trova sempre l’eroe di turno.

Sì, non dobbiamo dimenticare l’ultima tragedia che ha colpito la Sardegna, anche perché tutti quanti, dai politici a noi poveri cittadini, ne abbiamo di responsabilità, senza però fare i soliti ipocriti, come il vescovo di Tempio-Ampurias, Sebastiano Sanguinetti, che ha detto che “la mano dell’uomo non è estranea”: ma basta parlare in generale? Chi è questa mano dell’uomo, nel caso specifico della Sardegna? Non si poteva essere più espliciti? Altrimenti tutti dicono: colpa di quello o colpa di quello, colpa della destra o colpa della sinistra, colpa di tutti, ma di nessuno in particolare.

Sì, colpa anche mia di cittadino comune, che talora e spesso fa tali pressioni sulle amministrazioni comunali da ottenere permessi edilizi anche inopportuni per l’ambiente, e per il bene del paese.

Quando, durante le omelie che tenevo nella chiesa di Monte, soprattutto in occasione delle elezioni amministrative, dicevo che la gente solitamente vota i politici “corruttibili”, c’era sempre qualcuno che mi accusava come se puntassi il dito contro qualcuno tra i candidati. Non mi riferivo ai candidati, ma alla gente che pensa, quando vota: “Voto quel tale perché mi darà il tal permesso!”. Dire che si votano i corruttibili non è la stessa cosa che dire che si votano i già corrotti. Si vota colui che “si pensa” o “si vorrebbe” che potrà essere corrotto!

E poi ci sono amministrazioni che, a furia di essere pressate da richieste assurde di cittadini che vorrebbero costruire case ovunque, anche nei posti a rischio, si lasciano alla fine condizionare e convincere. Amministrazioni di destra e di sinistra. I Comuni cosiddetti virtuosi sono ancora rari, e vengono visti come eccezioni privilegiate. La normalità è un’altra, quella di chi amministra senza guardare tanto per il sottile, e il sottile sarebbe il rispetto dell’ambiente. E poi ci sono i soliti raccomandati, le eccezioni che, dietro latifondi (non è una parola superata) giustificati in nome di pseudo-agriturismi, rovinano tutto, nel silenzio generale.

Mi chiedo: che cos’è il bene comune di cui tutti parlano con grande enfasi? È forse la pretesa di cittadini che pensano solo al proprio orticello, fregandosene del vicino o del contesto in cui vivono, o l’avidità berlusconiana dei latifondisti che comperano terre a più non posso, senza rispetto per i diritti dei comuni ciattadini?

Che cos’è il bene comune? Discutere nei salotti televisivi delle emergenze o delle tragedie, solo quando sono cadute sulla testa della gente? Non si ha il coraggio una buona volta di affrontare seriamente i problemi alla radice?

Lo ripeto per l’ennesima volta: a iniziare dal nostro piccolo. Qui inizia la vera rivoluzione. Ma è da qui, dal nostro piccolo, che nascono solo proteste, anche giuste, ma solo proteste in favore di diritti personali o familiari, anche giusti, ma solo pro domo sua; è da qui che nascono i movimenti cosiddetti populisti, vedi Lega o Cinque Stelle, movimenti di protesta per lo più politicamente analfabeti, e attecchiscono tra analfabeti culturalmente parlando. E, la cosa ancor più grave, è che questi movimenti di protesta sono poi tentati di buttarsi in politica, andando al potere. Almeno rimanessero solo movimenti di idee, pur di protesta, come stimolo, come spina nei fianchi del potere. No.

La gente comune ha bisogno di essere risvegliata nella coscienza, individuale e sociale. Una coscienza che non può fare a meno dell’”intelligenza”. E qui il discorso si farebbe lungo. Dico solo che con un granello di coscienza potremmo iniziare a risalire la china, e a salvare questo mondo.



da Il Fatto Quotidiano 

Tutela del territorio, quanto ci costa un disastro ambientale?

di Davide Ciccarese | 20 novembre 2013

La Banca mondiale ha stimato i danni ambientali causati dai disastri dovuti al clima. Citando esattamente le dichiarazioni della Banca mondiale:  “Weather-related losses and damage have risen from an annual average of about $50 billion in the 1980s to close to $200 billion over the last decade”. Si parla quindi di ben 200 miliardi di dollari solo negli ultimi dieci anni. Le varie stime citate dalla banca mondiale, ci sono i danni fatti dal ciclone che ha devastato Odisha in India dove sono morte più di 10.000 persone causando 4,5 miliardi di danni. Poi l’uragano Tomas che devastò St. Lucia, nel 2010, ha fatto perdere oltre il 43% del Pil dei Caraibi. Nel Corno d’Africa una lunga siccità che si è conclusa nel 2011 ha causato perdite per 12 miliardi di dollari nel solo Kenya. E l’elenco continua.

Il valore tangibile dei danni ambientali si può anche calcolare con una certa dose di cinismo. Quello che non viene ancora calcolato e messo nei bilanci, nei budget prima di costruire o utilizzare il territorio è il valore di ciò che l’ambiente produce: il paesaggio può infatti prevenire i danni ambientali. I danni dei disastri ambientali sono così imputabili al danno stesso ma molte volte i danni potrebbero essere contenuti grazie ad un uso più corretto del territorio, sempre che si riesca a fare uno sforzo d’immaginazione. Quanto vale un bosco rispetto ad un autostrada? Vale di più l’autostrada o il bosco? Quanto contiene una frana un bosco e quanto invece un’autostrada?

Oggi forse la risposta non è così scontata per tutti, ma sono convinto che le future generazioni sapranno scegliere meglio di noi, almeno spero. Certo è chiaro che oggi economicamente vale di più un casa o una strada di un campo coltivato come si deve, ma non escluderei che in un futuro le cose si ribalteranno. Negli ultimi 20 anni il valore della terra da coltivare è aumentato del 60% forse qualcosa sta cambiando. Ma non è ancora sufficiente perché in quel valore non è compreso il valore delle così dette “esternalità positive”: la biodiversità, la bellezza della natura, la resilienza degli ambienti naturali ai disastri ambientali ecc.

Provo a dare delle cifre concrete avvicinandomi al nostro territorio. Scrivevo un anno fa nel Libro nero dell’agricoltura che negli ultimi 10 anni si sono costruite 4 milioni di case e nello stesso momento 5,2 milioni di case risultano sfitte. Le conseguenze ambientali e sociali di un’ondata di cemento, sono enormi, secondo i dati forniti dall’Ispra, negli ultimi 20 anni equivalgono a: 5.400 alluvioni e 11.000 frane negli ultimi 80 anni, 70.000 persone coinvolte e 30.000 miliardi di danni.

Ci mangiamo letteralmente il territorio e spesso non ci rendiamo delle conseguenze finché non arriva il conto da pagare. Dovremmo trovare il modo per invertire questo fenomeno, dovremmo trovare il modo di dare un vero valore economico al valore ambientale. La sicurezza della natura, la sua tutela non può più essere omessa dai calcolo economici che facciamo tutti i giorni.

Non possiamo aspettarci che si registrino vittime e danni per capire davvero quale prezzo paghiamo per le nostre scelte ambientali sbagliate. Ciò che sta accadendo nelle ultime ore in Sardegna, come tempo fa in Sicilia oppure in Liguria, ci mette di fronte la necessità di pensare ad un modo diverso di usare la terra. Il cemento e il consumo del suolo sfrenato sono un pericolo per tutti. Fa male pensare a ciò che è successo, tanto male come quando viene cancellato un campo agricolo per farci una strada. Ci sono cose che vanno ben oltre la comprensione delle scelte attuali, perché siamo ancora molto indietro dal riuscire a comprenderlo nelle nostre scelte politiche ed economiche. Penso anche alle molte lotte che vengono fatte per difendere il territorio, credo non si debba perdere l’occasione di ascoltare e dare voce a chi abita il territorio per capire il vero valore che questo rappresenta e che oggi non riusciamo a misurare economicamente.

Parlo di valore economico perché oggi è evidentemente il vocabolario compreso da tutti, domani forse non sarà più necessario parlare di valore economico dei beni ambientali o dei beni comuni. Difendere il territorio non è un’opzione dei pochi è una necessità di tutti che non ha bandiere, né fazioni e né colori. Difendere il territorio è qualcosa che ci deve appartenere dal momento in cui nasciamo qualsiasi sia il nostro percorso di vita sul pianeta. Credo come tutti che la terra sia la nostra assicurazione per il futuro. Proteggerla assieme e dargli valore coltivandola o prendendocene cura ci renderà felici e ricchi. Nel prossimo futuro riusciremo a dare un valore economico a tutte quelle cose che attualmente non lo hanno, parlo dei boschi, dell’aria, della terra coltivata bene e della qualità del cibo. Restiamo vicini alla terra.

 

3 Commenti

  1. coguaro ha detto:

    Dirò in maniera pecoreccia, poichè più efficace e senza fronzoli, questo è un Paese di merda! Sia nel significato materiale che morale! Sarà sicuramente retorica la mia, ma, l’indignazione e la volgarità stanno nell’oggettività delle nefandezze sotto gli occhi di tutti noi da troppo tempo oramai, concretizzatasi in tutti i fatti, misfatti e tragedie che spaccano il cuore e potrebbero essere totalmente evitate se l’onestà esistesse! Mi arrendo oramai, ad un Italia fatta perlopiù da giovani e vecchi imbecilli e semianalfabeti non solo culturalmente ma anche moralmente, che malgrado quello che in venti, trenta o cinquant’anni è successo, non ha vi ha fatto abbandonare la voglia di votare questa accozzaglia di mafiosi e ladri convertiti alla politica, per pura famelica avidità! Molto spesso vi siete venduti, per una cena politica, una regalia personale o raccomandazioni per posti di lavoro! Poi, però si piange, si grida in comizi farsa e di facciata o s’inveisce genericamente, contro il sistema, tanto per dire qualcosa, per far vedere che ci si sa indignare! Ma andate a suicidarvi, consumante solamente energie al pianeta, mentecatti che non siete altro! Continuate a mandare nelle istituzioni coloro che ricambiano assassinando la Nazione! Bravi!!! Geni!!! Dai sondaggi più recenti, stanno rimontando nani, puttane e fenomeni da baraccone più svariati, anzi stanno vincendo e noi ci rimetteremo il culo nuovamente!!! Avete visto cosa hanno combinato no??! Ma, voi nell’animo siete molto simili a loro e purtroppo siete una moltitudine! Sono così schifato che se potrò, abbandonerò al più presto questa Patria, come una casa in fiamme, molto velocemente…prima che crolli tutto!

  2. Giuseppe ha detto:

    La risposta è semplice, perfino scontata se vogliamo. Non ha alcuna importanza quanto ci verrebbero a costare la messa in sicurezza del territorio e tutti quei provvedimenti necessari a salvaguardare l’ambiente restituendogli le sue caratteristiche di accoglienza e vivibilità, anche in situazioni di emergenza, perché ne va della salute delle persone e della loro stessa incolumità. Tanto per cominciare basterebbe bandire il commercio di armamenti e di strumenti di distruzione, anche se per farlo si dovesse mettere mano ad accordi che coinvolgono altri paesi, a partire dalla rinuncia agli inutili e costosissimi F35. Se l’Italia, come è scritto nella carta costituzionale, è un paese che ripudia la guerra, allora è arrivato il momento di dimostrarlo, non solo a parole, ma coi fatti. Non possiamo e non dobbiamo ricordarci del valore della vita umana solo davanti all’interruzione di gravidanze o al rifiuto di accanimenti terapeutici, o, peggio ancora quando il mondo ci crolla addosso, perché la natura esausta si ribella allo scempio della sua armonia che la mano dell’uomo continua a perpetrare.

  3. GIANNI ha detto:

    Certe opere in agricoltura hanno un valore immensamente superiore a quello immediatamente fruibile.
    Quello riconducibile al fatto che le conseguenze di certi eventi potrebbero essere ridotte o annullate, quantificabile come mancati danni.

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