Auguri anche al cardinale Angelo Scola

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di don Giorgio De Capitani

Perché no? Non posso fare gli auguri anche all’arcivescovo di Milano, che ha tra le mani una delle più grandi diocesi del mondo?

Una grossa responsabilità da far tremare le gambe!

È vero: c’è il Signore che provvidenzialmente veglia sui suoi pastori! Per fortuna, altrimenti la Diocesi milanese sarebbe già a pezzi. Ma, se non è ancora a pezzi, è anche perché grandi vescovi del passato hanno saputo guidarla con saggezza e lungimiranza.

Tuttavia, non si può vivere unicamente di rendita: Milano ha bisogno oggi di ancor più saggezza e lungimiranza.

Dire grande diocesi è dire anche grande struttura, e le grandi strutture richiedono fermezza e determinazione. Ma non basta: più le strutture sono grandi, più grande deve essere la loro anima. Poi succede che crollano sotto il loro sproporzionato peso. Ma non si impara mai la lezione: s’inventano altre strutture, e così via. 

La Diocesi milanese, in questo, è sempre stata all’avanguardia!

Un grande vescovo cosa dovrebbe fare? Preoccuparsi dell’organizzazione della Diocesi, far sì che tutto funzioni come una grande macchina?

Certo, la Diocesi è anche una struttura, e deve funzionare bene, a partire dai suoi capi. Ma se lo Stato non è anzitutto una azienda, tanto meno lo sarà una Diocesi. È qualcosa di più, di oltre, qualcosa d’altro.

Non insisto. Non è il momento. Anche perché ho già detto e ripetuto le mie convinzioni in proposito.

Se devo fare oggi gli auguri al cardinale di Milano è solo perché vorrei che “con semplicità” facesse anche solo un breve ma schietto esame di coscienza: come sta andando la sua diocesi? come si sta comportando con i suoi preti? che cosa lo sta preoccupando? che tempo sa dare alla gente comune? che cosa privilegia nel suo apostolato milanese? non gli viene in mente di cambiare tattica? In breve, la Diocesi milanese, nelle sue organizzazioni e nei suoi preti, non avrebbe bisogno di una virata, da intendere non nel senso strutturale, ma profetico?

Scusi, eminenza, non ho ancora capito perché non ha accettato la mia proposta: ovvero che potessi rimanere ancora a Monte a condurre la piccola comunità, senza per forza farla rientrare negli schemi della Comunità pastorale. Di che cosa ha avuto paura? Delle mie idee o del mio modo di vedere la fede, e perciò la pastorale?

Lei, Eminenza, ha rigidamente bloccato un percorso diverso dalla solita pastorale, senza voler cogliere la “possibilità” di una via d’uscita dall’impasse in cui si trova oggi la Diocesi milanese. Certo, “una“ possibilità a cui potevano aggiungersi altre.

Come può il vescovo della più grande diocesi non permettere qualche eccezione, visto poi che l’eccezione non creava grossi problemi alla struttura? Temeva che l’eccezione diventasse la regola? Ma, secondo Lei, qual è la regola di Cristo?

Eminenza, come può non capire che così la Diocesi non potrà uscire dall’immobilismo? Come può parlare di libertà dello Spirito santo? Come può parlare di Umanesimo? Scusi, Lei sta coscientemente equivocando sulle parole, buttando fumo negli occhi! Lei, purtroppo, sa quello che dice!

Ma la gente non abboccherà. Noto che la gente comune si sta svegliando dal coma, e sta prendendo coscienza: vuole una Parola vera, non accetta più di essere drogata dal sacramentalismo più bieco e di essere comandata a bacchetta.

La gente comune, appena si sveglia, e occorre naturalmente svegliarla, ama percorrere strade nuove. Lo dico per esperienza. Lo dico perché sono più che convinto che la vera rivoluzione nella Chiesa non partirà dalla gerarchia, ma dalla base.

Saranno le piccole Comunità di base a risvegliare lo Spirito santo, a stimolare il Vangelo autentico. Un vescovo “intelligente”, che sa leggere i segni dei tempi, coglie al volo le opportunità della rinascita.

Lei, Eminenza, non vuole né vedere né capire e tanto meno ascoltare le voci nuove.

Se continua così, glielo garantisco, si vedrà crollare addosso tutto quel finto castello che Lei intende costruire, più nella sua mente che nella realtà. La realtà è già sotto gli occhi, se Lei non è cieco del tutto.

Se Le faccio gli auguri, è perché spero che Lei rinsavirà. Si preoccupi di meno dei grandi avvenimenti (l’Editto di Costantino, l’Expo ecc.), ma dia l’anima e il corpo per la Diocesi e per i suoi preti, prestando più attenzione alle voci “scomode”.

Se Lei non vuole proprio capire, noi abbiamo il diritto e il dovere di obiettare in coscienza. Prenda i provvedimenti che vuole: non ci faranno paura. 

In questo Natale, per me così essenziale e nudo, sento ancor più vive le parole del prologo di Giovanni: Cristo è stato rifiutato “dai suoi”. Anche oggi è così: sono ancora quelli di casa a tradirlo. In fondo, non si sta male ad essere lontani.  

 

 

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