A Monsignor Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, tutta la mia solidarietà!
da il Corriere di Bologna
22 febbraio 2019
LA DENUNCIA
Zuppi:
«Minacciato per il sì alla moschea a Bologna»
Intervistato da radio Camplus, l’arcivescovo, parlando di haters e odio online, ha rivelato di aver subito pesanti attacchi per le sue aperture verso l’Islam
di Mauro Giordano
«Ho ricevuto tante lettere anonime con insulti, anche pesanti, quando dissi che non vedevo nulla di male alla realizzazione di una moschea a Bologna». A raccontare questa vicenda privata ai microfoni di Plus Radio, emittente online della rete di studentati Camplus, è stato l’arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi, rispondendo a una domanda dei ragazzi dedicata all’odio online e agli haters. «Quando arrivai in città, da poco è passato il terzo anniversario, venni subito interpellato su questo tema, la moschea – ha spiegato Zuppi agli studenti universitari – Ho percepito che l’argomento era abbastanza sentito ma ho risposto spontaneamente dicendo che non ci vedevo nulla di male. Questo perché arrivando da una città come Roma, dove una realtà simile è presente da cinquant’anni, l’ho sempre vista come una cosa naturale. Non lo avessi mai detto…ma su queste cose non me la prendo. Capita di ricevere insulti, e sulla moschea di lettere ne ho ricevute molte».
La moschea, una questione scottante
Il tema, in effetti, ha più volte acceso anche i banchi del consiglio comunale, e lo ha fatto anche quando Palazzo d’Accursio ha siglato con il Centro di cultura islamica di via Pallavicini una permuta per il diritto di superficie della durata di 99 anni. Zuppi d’altronde è stato un grande innovatore sotto le Due Torri nel rapporto e nel dialogo con la comunità islamica bolognese e sia sui social network, ed evidentemente con mezzi più tradizionali, è finito nel mirino per queste sue posizioni. Proprio l’utilizzo delle piattaforme di condivisione e l’odio online sono stati altri punti toccati. «Io uso solo WhatsApp, non so se possa essere considerato un social, ma lo trovo utile – ha risposto l’arcivescovo – Posso essere mezzi utili ma anche pericolosi, dipende dall’uso e non li demonizzerei. Diventano problema quando diventano l’essenza del nostro essere e quindi “Vivo perché comunico, ma non comunico quello che vivo”. L’odio c’è, è innegabile, ma credo sia dovuto perlopiù al fatto che non ci si rende conto di quello che si scrive. Si manifesta di più di quello che si pensa, prevale l’istinto. E c’è questa tendenza a doversi per forza schierare».
La passione di Zuppi per Guccini e De Gregori
La chiacchierata del monsignore con gli speaker radiofonici, che hanno così inaugurato la loro rubrica di interviste, ha toccato molti altri aspetti della vita privata di Zuppi, come la sua scelta di farsi prete e la carriere, e questioni legate alla Chiesa in generale e all’Arcidiocesi di Bologna. L’arcivescovo ha espresso i suoi gusti musicali («I cantautori italiani, da De Gregori a Guccini, fino a Springsteen, di quelli più moderni ne conosco pochi») e ha ammesso di non sapere chi siano Fedez e Chiara Ferragni, nonostante «mi abbia molto incuriosito scoprire come da un blog si sia creato questo interesse e una carriera imprenditoriale». La canzone preferita, pensandoci un po’: «Dio è morto». Toccando il rinnovamento portato avanti da Papa Francesco e in modo più approfondito le difficoltà della Chiesa nell’intercettare le nuove generazioni e gli adattamenti della società invece «la Chiesa spesso viene percepita come vecchia perché forse ormai non riesce a comunicare su alcuni temi. La fatica della Chiesa è quella di comunicare la dottrina, ma è necessario anche spiegarla, se adattarsi significa cambiare diventa un bel problema perché non si può cambiare l’essenza».
La Faac
Ultimo punto toccato la gestione della Faac, la multinazionale dell’automazione lasciata in eredità alla Curia dall’imprenditore Michelangelo Manini, morto nel 2012. «Come deciso dal cardinale Carlo Caffarra che ha seguito tutta la fase dell’eredità, la gestione è affidata al trust e io preferisco non sedermi mai in consiglio d’amministrazione – ha sottolineato Zuppi – Quelle tre persone controllano che vengano seguite le nostre linee, dedicate al welfare e a un livello lavorativo, soprattutto negli stabilimenti esteri. Tutti utili sono usati per la carità e un altro fulcro della nostra gestione è la ricerca. Si tratta di una esperienza attraente perché c’è la differenza tra imprenditore e speculatore. Fare impresa per il benessere di tutti credo sia un messaggio importante».
Caro Don Giorgio, questo è il mio ultimo commento. Mi sono reso conto che il suo sito è già di un certo tipo e che gli articoli proposti invitano a pensare. I commenti che compaiono sono tutti in linea con tale impostazione, per cui si rischia di ripeterci. Preferisco esprimere quello che penso quando mi devo confrontare in tutte le varie occasioni di incontro con altre persone che non si sognerebbero di vedere il suo sito.Per quanto riguarda l’articolo sull’Arcivescovo Zuppi, il problema non è la vigliaccheria o meno, il problema è l’ignoranza fomentata dalla politica, dalla scuola e dalla Chiesa. Gli esseri pensanti fanno paura, per cui meglio un livello di scuola come quello italiano, un livello di politica che parla alla pancia e un livello di Chiesa che è pura esteriorità e regole.
Ancora una volta Matteo dimostra una libertà di pensiero che oltrepassa i muri ottusi in cui i bigotti vorrebbero rinchiudere la chiesa di Gesù Cristo…
“Ho visto la gente della mia età andare via, lungo le strade che non portano mai a niente cercare il sogno che conduce alla pazzia nella ricerca di qualcosa che non trovano nel mondo che hanno già. Dentro alle notti che dal vino son bagnate, lungo le strade da pastiglie trasformate, dentro le nuvole di fumo del mondo fatto di città: essere contro ad ingoiare la nostra stanca civiltà e un dio… che è morto. Ai bordi delle strade, dio è morto, nelle auto prese a rate, dio è morto, nei miti dell’estate, dio è morto! Mi han detto che questa mia generazione ormai non crede In ciò che spesso han mascherato con la fede, nei miti eterni della patria o dell’eroe, perchè è venuto ormai il momento di negare tutto ciò che è falsità. Le fedi fatte di abitudine e paura, una politica che è solo far carriera, il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto,
l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto e un dio che è morto, nei campi di sterminio dio è morto, coi miti della razza dio è morto, con gli odi di partito dio è morto.
Ma penso che questa mia generazione è preparata a un mondo nuovo e a una speranza appena nata, ad un futuro che ha già in mano, a una rivolta senza armi, perché noi tutti ormai sappiamo che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge, in ciò che noi crediamo Dio è risorto, in ciò che noi vogliamo Dio è risorto, nel mondo che faremo Dio è risorto!
(Francesco Guccini 1967)
“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purchè non si tratti di riti contrari al buon costume”.
L’articolo 19 della Costituzione italiana riconosce la libertà religiosa a chiunque risieda nel territorio nazionale, sia cittadino che straniero (erga omnes). Ne deriva il divieto di discriminazione per motivi religiosi così come previsto dall’art. 3. Solidarizzo con l’arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi e capisco la passione per Guccini e De Gregori. E’ un atto di giustizia e ai vigliacchi (perchè sono solo vigliacchi chi minaccia attraverso lettere anonime) canto: “Viva l’Italia liberata … derubata e colpita al cuore … assassinata (dai vigliacchi con le loro lettere anonime) … che lavora … (con le bandiere (non con la bandiera) … Viva l’Italia, l’Italia che resiste.” (Francesco De Gregori).