Omelie 2024 di don Giorgio: SECONDA DI QUARESIMA

25 febbraio 2024: SECONDA DI QUARESIMA
Dt 5,1-2.6-21; Ef 4,1-7; Gv 4,5-42
Seconda di Quaresima: già da come viene denominata, domenica della samaritana, non può non mettere in qualche difficoltà chi ha scritto parecchio sull’incontro di Gesù con la donna di Samaria, proprio perché ritengo tale incontro una delle pagine più esaltanti di tutta la Bibbia, tanto più che Giovanni, colui che ha osato fissare il suo sguardo sulla luce invisibile ed eterna come l’aquila fissa il sole, con grande maestria ha saputo farne un capolavoro non solo letterario, ma anche teologicamente e misticamente superlativo.
Qual è allora la mia paura? Cadere nel rischio di rendere banale un incontro che meriterebbe tutta una vita per approfondirne quel messaggio che è il cuore del Mistero divino ed è il cuore della nostra fede.
Una cosa andrebbe subito chiarita, ed è una contestazione per una lettura e rilettura dell’incontro, secondo una visuale del tipo moralistico. Ed è ciò che ha fatto la stessa liturgia proponendo ancora oggi come primo brano il decalogo, forse tenendo conto della vita sregolata della donna che ha avuto più mariti. Un accenno c’è nelle parole di Gesù, ma solo un pretesto per provocare quella donna per spingerla a volare alto.
Siamo sempre al solito punto: fermarsi alla morale, dimenticando che la morale dipende dall’intelletto, ovvero dalla verità eterna. Ed è qui il cuore del dialogo di Gesù con la samaritana, ed è di una inaudita gravità limitarsi all’aspetto moralistico come se tutto dipendesse dall’osservanza di una legge carnale. Lo stesso san Paolo è stato chiarissimo: la legge umana è resa vana dalla nuova legge, quella dello Spirito, la Legge della Grazia.
Ho parlato di “inaudita gravità” restare ancora ancorati all’osservanza di una legge umana, quando Cristo ha rivelato alla donna, appartenente a una popolazione maledetta dagli ebrei, la verità più sconvolgente su Dio e sul come adorarlo.
Cristo ha detto in modo chiaro: più che i templi o le chiese in muratura, da prendere comunque sempre in senso relativo, ovvero come mezzi, è lo spirito il vero unico tempio: lo spirito del nostro essere, dove Dio va adorato in spirito e verità.
Il dialogo si svolge attorno a un pozzo materiale, ma che richiama un altro pozzo, quello divino. Si parla di acqua fisica, che richiama la vita eterna. Si parla di un’ora, che non è del crònos, o del tempo che passa, ma è l’Eterno presente. Si parla di un tempio, da intendere nel senso spirituale. Si parla di Dio che non è privilegio di nessun popolo perché è di tutti, al di là di ogni credo religioso. Si parla di spirito e di verità, sì perché verità e spirito sono la stessa cosa. Gli stessi pensatori greci, pensiamo a Platone, e gli stessi neoplatonici, pensiamo a Plotino, tutti pagani, avevano una concezione elevatissima di Dio: per loro Dio è il Bene Sommo, Unico Bene, chiamato semplicemente Uno.
Nessuno vorrebbe negare che siamo composti anche di corpo e di psiche, ma non per questo non possiamo non tendere a quell’Uno, che è il Bene Sommo, l’Unico Bene Necessario, il Bene Assoluto, sciolto da ogni condizionamento umano, perciò radicalmente libero. Siamo tutti usciti dall’Uno e all’Uno dobbiamo tornare, il che significa che dobbiamo percorrere un cammino di continua purificazione, per evitare di nutrire legami con il tempo che ci consuma e con l’ego che ci fraziona, separandoci all’Uno.
Che significa purificazione? Significa che occorre spogliarci di ogni superfluo, come un peso che ci trascina verso il basso, fuori di quel Pozzo, dove, più scendiamo più ci avviciniamo al Mistero divino, che è purissimo Spirito.
Sì, parlare dell’incontro di Gesù con la donna di Samaria è anche parlare di un pozzo, dell’acqua, di un secchiello, di una carrucola, di una sete del corpo, ma Giovanni ha voluto farci riflettere su quell’occasione o opportunità che Dio offre a tutti di dissetarsi all’acqua che zampilla per la vita eterna. Diciamo meglio: Cristo ha parlato di Grazia, dono divino, che è offerta a tutti per dare allo spirito il suo respiro eterno.
Come quando moltiplicherà i pani, Cristo dirà: “Io sono il pane della vita”, così ora con la donna di Samaria rivela: “Io sono la Grazia”. “Io Sono”: ecco perché dice: “Viene l’ora, ed è questa…”. Io Sono l’Eterno presente. Ogni istante, ogni ora è “questa”.
Parlare di Grazia non è un di più per quanti hanno tempo da perdere, non è un’aggiunta alla morale, come se: prima bisogna essere buoni e giusti, e poi pensare alla grazia.
Quando penso a certe espressioni, che ancora oggi vengono dette e ripetute, come ad esempio il sacramento della riconciliazione (una volta si diceva semplicemente “confessione”) ci dona la grazia perduta con il peccato, provo un forte disagio come quando sento una grossa bestemmia; e la bestemmia più imperdonabile, così ha detto Gesù Cristo, è quella lanciata contro lo Spirito santo, ovvero contro la Grazia divina.
Se dobbiamo parlare di Grazia, e allora parliamo di Grazia preveniente: che significa? La Grazia divina non è opera o il prodotto di un sacramento, ma è l’Eterno presente, perciò è sempre in azione. Ci previene nel nostro agire, perché prendiamo coscienza di ciò che siamo e di ciò che di conseguenza dovremmo fare.
Cristo ha invitato la donna samaritana non tanto a offrirgli acqua fisica, ma a scendere lei stessa nel Pozzo, ovvero a rientrare in sé, per scoprire la Sorgente dell’acqua viva, che è la Grazia. E la Grazia non possiamo perderla, casomai agiamo come se la Grazia non ci fosse: fare a meno della Grazia è il peccato imperdonabile contro lo Spirito santo.
Mi ricordo un mio vecchio parroco di Perego, don Giovanni, che ai parrocchiani ripeteva nelle sue omelie domenicali: “Siete dis-graziati”, e davanti a chi lo contestava per l’offesa, si giustificava richiamando l’etimologia della parola “dis-grazia”, ovvero “volete fare a meno della grazia”. Come dargli torto?
Ma forse oggi l’accusa contro una massa che si dice cristiana solo perché ha ricevuto il battesimo sarebbe questa: la vostra colpa più grave è perdere le occasioni di quel Dio che semina la sua grazia dappertutto, o meglio semina opportunità che, come diceva Simone Weil, sono trappole con cui Dio ci cattura. E allora facciamoci catturare da Dio, così come ha fatto la donna di Samaria che, dopo i primi rifiuti, ha ceduto scendendo nel Pozzo divino ad attingere l’acqua zampillante per la vita eterna.
E allora possiamo dire che Cristo ha teso una bella trappola a quella donna. Una trappola che ha funzionato. Ma purtroppo succede, anche per i cristiani di oggi, che ci si lasci facilmente catturare da altre trappole, quelle dell’inganno; ma la colpa è solo di chi si lascia ingannare, oppure non è anche colpa di pastori alla mercé di una vacuità davvero allucinante? Pastori trottole che parlano solo nel vuoto, in una società che avrebbe invece bisogno di qualcuno che parlasse di un pozzo, nascosto nel deserto, da scoprire se non vogliamo vivere nutrendoci di sabbia sterile.

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