L’EDITORIALE
di don Giorgio
Avvento e… evento
La parola “avvento” si presta a una infinità di interpretazioni, anche profonde e pregevoli, o, meglio, è una parola su cui si può dire tutto e nulla, tanto più che per noi credenti l’avvento richiama l’attesa, e l’attesa richiama l’Atteso.
Sì, credo che l’Avvento richiami tante belle cose, così tante che si può perdere l’Essenza dell’Atteso: indicare tante vie non è sempre utile per trovare l’unica mera. E se la meta è lo stesso Cristo veniente, allora non ci rimane la Parola che ci dice: Io sono l’Unico Bene Necessario, che è Essenzialità, nudità di parole, spogliazione di ogni carnalità.
Ma qualcosa bisogna pur dire. Cristo non si è incarnato per fare silenzio. Certo, è rimasto in silenzio per quasi trent’anni: ha vissuto cioè una lunga vita in modo del tutto privato, di cui nessuno ci ha riferito qualcosa, tranne i Vangeli apocrifi (senz’altro “interessanti”, ma la cui credibilità nel riportare fatti storici è sommersa in una fantasia anche divertente).
Forse aveva trent’anni, più o meno, quando Cristo è apparso sulla scena pubblica, dando inizio al suo ministero pastorale, con quell’imperativo che non dovremmo mai dimenticare: “Metanoèite!”, ovvero cambiate il vostro modo di pensare, e per fare questo rientrate in voi stessi, là dove l’Intelletto divino potrà illuminare il vostro intelletto così da renderlo “attivo”, scintilla divina.
Vorrei in questo articolo soffermarmi su due parole: avvento e evento. Non è la prima volta che spiego la differenza che c’è tra dire avvento e dire evento.
Anzitutto, il termine “evento”. Che cos’è? Evento è un fatto che si è già verificato. Ogni evento è chiuso in un determinato spazio e in un determinato tempo. Per indicare un evento diamo le coordinate spaziali (diciamo che quel fatto è avvenuto ad esempio in una determinata città) e diamo le coordinate temporali (indichiamo l’anno, il mese e il giorno, magari anche l’ora e il minuto). E di un evento indichiamo anche le circostanze, le cause e gli effetti. Lo possiamo fare perché l’evento si è già realizzato.
L’avvento si differenzia dall’evento per la particella iniziale. E-vento inizia con e- o ex, avvento inizia con av- o ad. “Ex” indica che qualcosa è scaturito da, invece “ad” è una preposizione sempre latina che significa movimento. In altre parole, mentre evento indica, come si è detto, qualcosa che si è già realizzato, avvento invece indica qualcosa che deve ancora realizzarsi.
Perché vi ho spiegato ancora una volta il significato di queste parole? Per farvi capire che il periodo liturgico dell’Avvento non è e non deve essere qualcosa di statico, di ripetitivo, non comporta la ripetizione delle stesse cose, degli stessi gesti, degli stessi riti, come se si trattasse di commemorare un evento che è capitato in un determinato anno (più di duemila anni fa) e in un determinato territorio (in Palestina, in un piccolissimo paese, chiamato Betlemme).
Commemorare dunque la nascita di Cristo non può diventare solo un insieme di riti, pur suggestivi, ma coinvolge continuamente la storia: quella in generale e la nostra piccola storia in particolare.
Anche la nostra vita non è da intendere come un insieme di eventi, ma è un continuo avvento: in ogni evento o in ogni fatto c’è qualcosa di sorprendente, da cogliere per il nostro domani.
Il domani, dunque, non è il giorno dopo l’oggi, come se l’oggi si chiudesse a mezzanotte.
Nell’oggi c’è già il domani, se però vivo l’oggi come un avvento. Sì, l’Eterno è già presente come Kairòs, come Grazia. È però presente come Sorgente infinita di Grazie che emanano da un bene sovrabbondante.
Cristo parlava del suo Regno come di un “seme”, ma nel “seme” è già presente il Tutto, in cui tutto è immerso: un Tutto che richiede un continuo distacco perché il nostro grembo sia verginale per essere fecondato dal Seme divino per opera dello Spirito santo.
25 novembre 2023
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