Non so se fossi papa che cosa farei a Natale!

papa natale

di don Giorgio De Capitani

Direi le solite parole di pace e di speranza, parlerei dei soliti straccioni e dei poveracci, magari ogni anno riscoprendo un’altra categoria fortemente disagiata, tanto per commuovere gli uomini, a cui “la buona volontà” è solo un alibi per sentirsi i privilegiati del messaggio celeste?

Non so esattamente che cosa farei a Natale, se fossi papa!

Probabilmente rimarrei anch’io vittima della religione dei buoni sentimenti.

La gente in fondo è questo che desidera.

Anche se tu, papa, provocassi parlando di emarginati, nessuno reagirebbe male. È Natale! Forse anche Matteo Salvini, davanti a un succulento pasto, digerirebbe con gusto il tacchino… egiziano.

A Natale tutto è permesso, anche versare una lacrima di commozione, tra una risata satanica e una bestemmia, subito dopo la confessione natalizia.

Tutto è lecito, anche prendere a pedate un bambino perché fa un capriccio, e disturba gli ospiti.

Caro papa, che cos’è per te il Natale? Sii sincero!

Che significa per te che Cristo si è incarnato? Lo sai che da duemila anni il mondo non ha ancora capito il messaggio natalizio?

Tu sei capo supremo di una Chiesa, che ha forse capito meno dei miscredenti un Mistero che avrebbe dovuto da subito trasformare il mondo. Come è possibile continuare a tradire Cristo incarnato?

Proprio a Natale, caro papa, avresti dovuto, almeno quest’anno, chiedere scusa al mondo intero delle brutalità di una Chiesa, gerarchia e popolo, che ha disonorato l’essere umano, senza vergogna e senza pietà, in nome dei buoni sentimenti di una ipocrita giornata, che serve a salvare il sedere di cristiani blasfemi.

Fàtti un esame di coscienza, caro papa. Da quando sei stato eletto alla cattedra di Pietro, la faccia della Chiesa ha iniziato a risplendere. Il mondo ti ha ammirato. Il consenso è andato alle stelle. Ma, ecco l’esame di coscienza: che cosa da allora è cambiato? Non sto parlando del mondo esterno alla Chiesa: sto parlando del mondo interno alla Chiesa.

Nulla o quasi nulla è cambiato. Gerarchia e popolo continuano per la loro strada. Tu parli, accarezzi, conquisti la gente, e la Chiesa non cambia.

Quando dico o scrivo queste cose, mi contestano come se contestassi il papa, così bravo, così buono, così moderno, così aperto, così umano…

Non contesto papa Francesco: ho gioito anch’io alla sua elezione. Ma ciò che vorrei suggergli è questo: che stia attento alla sua popolarità, perché è rischioso coprire la realtà, e la realtà è che la Chiesa non sta cambiando. Anche i cosiddetti progressisti, anche gli spiriti ribelli, si stanno illudendo. Attenzione: la Chiesa non è il papa! Il papa da solo può fare ben poco. Tocca alla base muoversi, e non limitarsi a dire: Bravo papa, avanti!

Caro papa, perché non dici queste cose al mondo intero, ovvero che non è la tua simpatica persona che salverà la Chiesa, e tanto meno il mondo?

È Natale! È il giorno della realtà, della cruda realtà. Basta sentimentalismi fuori posto, basta ipocrisie, basta illusioni droganti.

Il Natale è contemplazione, ed è vero.

Il Natale è stupore, ed è vero.

Il Natale è fede profonda, ed è vero.

Il Natale è nudità dell’essere che si fa carne, restando nudità. Dio mio, che significa?

Altari sovraccarichi di statue luccicanti e di fiori profumati d’incenso, cerimonie solenni e canti corali, luci e paramenti, omelie noiose e riciclate… dov’è la Parola fatta carne?

Lusso, lusso e lusso… E tu, caro papa, parli di povertà? Ci starebbe anche, ma non sai che i ministri della religione passano con grande disinvoltura dalla povertà materiale alla povertà in spirito? Ma come puoi parlare ai poveri di carne?

Perché, almeno una volta, proprio a Natale, non sferzi la Chiesa nella sua ricchezza?

Perché, proprio a Natale, non togli la maschera di una religione, ancora al servizio del potere?

I poveracci continueranno a bussare alle nostre porte, il giorno dopo il Santo Natale. Continueranno a sbarcare sulle nostre coste.

Perché, caro papa, non sferzi i potenti proprio il giorno di Natale? Il tuo grido risuonerebbe come quello di Abele contro Caino.

Il mio grido di povero prete in pensione non conta più nulla; mi prenderebbero per matto, e finirei ancor più sul libro nero di Angelo Scola.

Tocca a te, questo sì, far sentire alta la tua voce di condanna, e così anche la mia voce prenderebbe fiato, anche dalle grate di una prigione. 

 

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