Omelie 2023 di don Giorgio: NATALE DEL SIGNORE

25 dicembre 2023: NATALE DEL SIGNORE
Is 8,23b-9,6a; Eb 1,1-8a; Lc 2,1-14
Quando preparo, solitamente con qualche settimana di anticipo, l’omelia per il Giorno di Natale, ho sempre qualche difficoltà, nel senso che vorrei evitare di cadere nelle solite lamentele contro il cosiddetto consumismo che sa sfruttare ogni occasione pur di imporre le sue regole, oppure di farmi troppo prendere da facili emozioni che soprattutto il Natale suscita, essendo forse la festa più sentita dal mondo anche non cristiano.
Non solo il Natale è sempre diverso, perché di anno in anno il Mistero ci dice qualcosa di nuovo, ma ogni giorno è Natale, se è vero che la Nascita di Gesù, come dicevano i grandi Mistici medievali, è la rigenerazione del Logos eterno nel grembo di ogni essere umano.
La Liturgia parla di fede nel Mistero natalizio, ed è appunto la Fede che fa rivivere nel nostro essere il Mistero della Nascita mistica del Figlio di Dio.
Fede è anche un insieme di riti, di canti, di letture, ecc., ma è soprattutto quella che intendeva Gesù, quando diceva che ne basterebbe un granello per spostare le montagne.
Vivere il Natale come emozione, sentimento non basta, occorre cogliere il Mistero nella sua essenzialità. Ecco perché si parla di Luce.
Il profeta Isaia annuncia: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”.
L’evangelista Giovanni nel Prologo scrive: “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta… Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo…”.
L’autore della Lettera agli ebrei scrive: “Il Figlio di Dio è irradiazione della gloria del Padre”.
Sì, è anche giusto, giustissimo parlare di un Natale di gioia, di pace, ma se si rimane avvolti nelle tenebre la gioia e la pace saranno solo effimere, di un momento: passato il Natale, tutto torna nelle tenebre.
Forse perché non crediamo che il Natale è Luce, mettiamo luci ovunque, addirittura illuminando paesi e città, ma anche questo è effimero, solo esteriorità: passato il Natale, tutto torna ad essere buio.
Anzi, paradossalmente, più siamo nel buio fisico, più si fa viva la nostra luce interiore, che è quella Fede, purissima, nel Mistero divino che è irradiazione della Luce infinita.
Un ricordo personale che è anche nostalgia: quando anni fa la Messa di mezzanotte era qualcosa di speciale, di unico, di intensamente atteso, era qualcosa di mistico andare a Messa nel buio, attratti dalla chiesa ancora in penombra, o meglio attratti da un Mistero che, in quella chiesa, ci avrebbe illuminati nel nostro essere.
E allora possiamo comprendere anche il significato delle parole, sempre del Prologo, quando Giovanni scrive: “Giovanni (il Battista) non era lui di per sé la luce, ma testimone della luce”. Ma per noi cristiani che cosa significa essere testimoni della luce? La luce non è come un testimone, ovvero bastoncino che porto in giro per il mondo, da un paese all’altro, da una città all’altra. Pur non essendo luce di per sé, perché solo Dio lo è, Luce eterna, siamo anche noi luce, almeno come quella scintilla divina che è in noi: un riflesso, forse più di un riflesso, dell’Intelletto divino.
Questo per dire che c’è troppo di “nostro” nel Natale, nel senso che tutto sembra girare attorno a noi, e il cerchio si chiude in una giornata o in qualche giornata.
Auguriamo Buon Natale a tutti, senza magari comprendere ciò che significa “buono”. C’è stato qualche parroco anni fa che aveva invitato la popolazione a sostituire l’aggettivo “buono”, da lui ritenuto pagano, con l’aggettivo “santo”. Pur in buona fede, anche come reazione all’usanza convenzionale di augurarsi un Natale che aveva perso ogni senso cristiano, quel parroco non aveva capito che l’aggettivo “buono” è carico di un senso che riguarda proprio la Buona Novella, ovvero la notizia o l’annuncio che riguarda il Bene, da cui buono, che è l’Unico Necessario.
Ma, non si può essere testimoni della Buona Notizia, o del Logos che ha assunto la nostra carne umana, senza essere dentro di noi illuminati dall’Intelletto divino.
Se è vero che, come dicono i Mistici medievali, dentro ognuno di noi c’è una scintilla divina, occorre liberarla dal soffocamento carnale, a causa di un ego spietato che ci riempie di cose per lasciarci al buio.
Nel terzo brano della Messa Luca scrive: “C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce”.
Il terzo evangelista fa notare che quei pastori vegliavano di notte il loro gregge: non potevano non notare il bagliore della luce emessa dagli angeli del Signore.
Nel nostro mondo interiore sembra che ci sia perenne notte, per questo preferiamo uscire “fuori,” e stare nel mondo carnale, dove tutto sembra una luce diffusa da una sorgente di corrente fisica.
Già l’Ora o il Giorno di Dio è l’Eterno presente, sorgente di Luce divina. Il tempo e lo spazio sono illuminati dalla Grazia, che è Luce e Vita, e si rigenera nel grembo del nostro essere, quando diamo spazio e tempo alla Presenza divina.
Certo, essere testimoni della Luce in un mondo carnale che vive di luci esteriori, impegna tutto il nostro essere, quando ci liberiamo da ogni impedimento che copre quella scintilla divina che “siamo”, riflesso dell’Intelletto divino.
Ma il vero problema sta nel togliere l’inganno, rappresentato dal fatto che il mondo in cui viviamo è illuminato sempre a giorno dalle false luci di un progresso che vorrebbe sostituire l’essere con l’avere. L’essere, come tutti sanno, è invisibile agli occhi fisici, mentre l’avere è carnale, perciò tangibile tremendamente ingannevole: attrae, suscita anche stupore, crea desideri stressanti, e toglie all’essere la sua possibilità di farsi “valere”.
E chiariamo una volta per tutte: il Figlio di Dio, o il Logos eterno, non si è incarnato per diventare “fisicamente”, cioè carnalmente, la luce del mondo, anche se è stato anche come carne un tale rivoluzionario da essere condannato a morte.
Ha rivelato a Marta, sorella di Maria, prima di ridare vita al corpo del fratello Lazzaro da quattro giorni nel sepolcro: “Io sono la via, la verità e la vita”. In quell’Io sono c’è nella sua essenzialità trinitaria il Logos eterno, e in quanto Logos eterno, Cristo è la via, la verità e la vita. Il fascino del suo ministero pastorale proveniva come luce dal fatto di essere il Figlio di Dio. Il nostro fascino di credenti non sta nella nostra carnalità, ma nel nostro essere misticamente rigenerati per opera dello Spirito santo. Fino a quando tutto gira attorno al nostro ego, questo mondo resterà sempre nelle tenebre.

2 Commenti

  1. Marta ha detto:

    Buon Natale,

    Il nuovo parroco di Cernusco ora è stato nominato ed è Don Stefano Rocca.

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