La Siae: una storia di clientele, spreco e inefficienza

siae poaoli
Della SIAE non posso che parlarne male. Non ho alcun motivo per parlarne bene. Ho mille motivi per parlarne malissimo.
Ho sempre ritenuto la Società Autori una specie di mafia, qualcosa di losco. Gestita da ignoti. Non ho mai saputo dove andavano i soldi.
Quando ero a Introbio a fare il prete, in occasione non mi ricordo di quale calamità, il Governo o chi per esso aveva dato ordine a tutti i gestori dei film di devolvere per quella giornata l’incasso per l’emergenza. Ho dovuto pagare la pellicola e spese varie, e ho dovuto pagare anche la Società Autori. Alla domanda: “Scusate, voi non contribuite?”. Risposta. “Noi siamo una categoria a parte!”.
Quando ero a Cambiago, in oratorio proiettavo qualche film per i ragazzi. La pellicola, in bianco e nero, mi costava minimo 5 mila lire, a colori il doppio o il triplo o il quadruplo, dipendeva dal film, se era di successo oppure no. I bambini pagavano 50 lire. Come facevo a starci dentro? Cercavo di denunciare qualcosa in meno. Un giorno uscirono quelli della SIAE, mi beccarono, ma la cosa interessante è questa: non mi fecero pagare la  multa, ma mi obbligarono a fare un contratto con una Ditta distributrice dei film, quelli naturalmente più scadenti. Il contratto era di 40 o 50 filmetti.
Sempre a Cambiago, allora si usava organizzare gite e al termine una cena in qualche ristorante, dando poi la possibilità di ballare. Una sera sono arrivati quelli della SIAE e pretendevano che io pagassi la tassa, senza sapere se poi i ragazzi ballassero oppure no.  Anche le intenzioni andavano tassate!
A Monte, ho fatto rappresentazioni teatrali, a ingresso libero. La SIAE ha voluto molti soldi. Ma la cosa che mi ha fatto arrabbiare era questa: la tassa aumentava se il testo era di  autori classici. Come dire: rappresenta testi stupidi, e paghi poco!
Durante la festa del paese, il 15 agosto, c’erano alla sera trattenimenti musicali con complessivi che ci costavano un po’ di soli. La gente non pagava il biglietto. La SIAE pretendeva che noi dichiarassimo l’incasso della ristorazione. Non sapevo che anche il mangiare avesse diritti di autore!
Si discute ancora se far pagare  i canti in chiesa.  La banda quando suona nelle processioni paga i diritti d’autore. In oratorio per mettere un po’ di musica si deve pagare. Ultimamente, la Curia ha fatto una convenzione con la Siae: una tassa annuale come forfait, nel caso in cui ci fosse una festicciola con un po’ di musica, per evitare di andare tutte le volte alla Agenzie Siae per la dichiarazione.
***
da Lettera43.ot

La Siae:

una storia di clientele, spreco e inefficienza

Dai guai dell’ex presidente Paoli alle accuse al direttore Blandini. Tutte le grane dell’ente per i diritti d’autore. Che ci costa 179 milioni di euro l’anno.
di Guido Mariani
25 Febbraio 2015
La presunta evasione fiscale di Gino Paoli  non è esattamente un “granello di sabbia” e il cantautore ha rassegnato le dimissioni dalla presidenza della Siae.
L’artista aveva assunto l’incarico il 17 maggio 2013 dichiarando guerra alla pirateria che, aveva detto, «continua a depredare gli autori e gli editori dei contenuti creativi, con gravi conseguenze economiche, sociali, culturali».
Secondo la Finanza però ha nascosto al Fisco italiano 2 milioni di euro.
ACCUSATO PURE BLANDINI. Contemporaneamente sono arrivate anche le accuse, queste però tutte da vagliare, rivolte a Gaetano Blandini, il direttore generale della Siae, da parte di Giuliano Soria, ex patron del Premio Grinzane.
Nel corso del processo d’Appello a suo carico (14 anni in primo grado per uso illecito di soldi pubblici e maltrattamenti) ha dichiarato di aver elargito a Blandini viaggi gratis quando questi era dirigente del ministero dei Beni culturali (Mibact).
Paoli si è subito difeso: «Sono certo dei miei comportamenti, non ho commesso reati».
Blandini inveve ha spiegato di non aver «mai usufruito di alcunché» anche perché «fui io a eliminare definitivamente ogni sostegno al Grinzane».
POLEMICHE SULL’EFFICIENZA. Per queste vicende comunque soffrirà anche la Società italiana degli autori ed editori (Siae) che ormai da anni è al centro di polemiche sulla sua efficienza, sul suo ruolo e sulla sua reale efficacia nella tutela dei diritti degli artisti.
La presidenza di Gino Paoli (nominato dal Consiglio dei ministri su indicazione del Consiglio di sorveglianza della Siae) era stata salutata da alcuni come una ventata d’aria fresca.
PRIVILEGIATI I SOLITI NOTI. L’autore del Cielo in una stanza venne presentato dai vertici dell’ente come «persona al di sopra di ogni discussione, rispettata e stimata da tutti e, aspetto fondamentale, che gode della più completa fiducia degli autori italiani».
In realtà per molti era stata una vittoria dei soliti noti e di un sistema che privilegia gli artisti più ricchi e affermati rispetto agli indipendenti.
Un ente storico diventato il classico carrozzone all’italiana
La Siae fu fondata nel 1882 ed era l’espressione del meglio della cultura italiana di fine ‘800.
Il primo Consiglio direttivo vedeva assieme Edmondo De Amicis, Francesco De Sanctis, Giosuè Carducci e Giuseppe Verdi.
Fra i suoi fondatori c’erano anche Arrigo e Camillo Boito, Ermanno Loescher, Cesare Lombroso, Edoardo Sonzogno e Giovanni Verga.
È PUBBLICO DAL 1942. Diventò un ente pubblico nel 1942 per poi assumere l’attuale definizione giuridica di «ente pubblico a base associativa».
Si è trasformata col tempo nel classico carrozzone all’italiana.
Prima che Paoli ne assumesse la  presidenza soffriva di gigantismo e clientelismi familiari. Così appurava un’inchiesta di Sergio Rizzo sul Corriere della sera del giugno 2012.
TENIAMO FAMIGLIA. «Una grande famiglia», veniva definita: 527 dei 1.257 assunti a tempo indeterminato – cioè il 42% – vantavano legami di famiglia o di conoscenza.
Figli, nipoti, mariti e mogli di dipendenti ed ex dipendenti, ma anche congiunti di mandatari, di sindacalisti e perfino di soci, figli e congiunti di compositori e parolieri.
Dei 559 entrati alla Siae per chiamata diretta, 268 risultavano parenti, lo stesso accadeva per 57 dei 128 reclutati tramite il collocamento obbligatorio, per 55 dei 154 che avevano superato le selezioni speciali e 147 dei 416 assunti per concorso.
MINACCE AI DIRIGENTI. Un ufficio di collocamento familiare a cui la nuova gestione aveva tentato se non altro di mettere mano. Ma non senza problemi.
Nel luglio 2014 il direttore Blandini sporgeva denuncia alla polizia per minacce. Episodi che il dirigente collegava ai suoi tentativi di colpire il clientelismo.
«Guidare in tempi difficili un’azienda di 1.300 persone», spiegò nell’occasione, «realizzare efficienze operative e ricondurre i conti in attivo significa anche scardinare inique rendite di posizione consolidate nel tempo, assumendo i provvedimenti conseguenti e generando quindi reazioni incontrollate quanto dissennate».
89,5 MILIONI DI PERSONALE. Il costo del personale è rimasto, come si legge nel bilancio di previsione 2015 a 89,5 milioni di euro: è in flessione rispetto al 2013 di 500 mila euro, ma in aumento rispetto al 2014 di 1,4 milioni.
La Siae oggi ha 10 sedi regionali con funzioni di coordinamento e controllo in ambito regionale, 30 filiali che gestiscono il portafoglio prodotti e servizi della propria circoscrizione e circa 490 circoscrizioni mandatarie con funzioni di sportello e di controllo del territorio.
Lunga storia di perdite, monopolio e favoritismi
La Siae costa complessivamente, sempre secondo le stime del bilancio di previsione, 179 milioni di euro, in crescita di circa 3 milioni rispetto al 2014.
L’ente comunque per il 2015 stima di incassare 705 milioni di euro di cui 587,5 provenienti dai diritti d’autore, contro entrate di 588 milioni degli anni 2013 e 2014.
PASSIVO DI 22,5 MILIONI. Il margine operativo – inteso come differenza tra il valore e i costi della produzione – si attesterebbe così a un passivo di 22,5 milioni (nell’ultimo bilancio pubblicato quello del 2013 era di 27,3 milioni).
Si stima comunque per il 2015 un avanzo di 7,4 milioni di euro dopo le imposte, sempre però che vengano rispettati gli obiettivi sintetizzati nel bilancio preventivo e definiti «ambiziosi».
L’ente ha però una lunga storia di perdite operative: 21,4 milioni nel 2006, 34,6 nel 2007, 20,1 nel 2008, 20,9 nel 2009, 27,2 nel 2010.
NON C’È CONCORRENZA. Il problema però sta anche nel ruolo dell’organismo e di come funziona.
La Siae opera per la tutela gli interessi di autori ed editori riscuotendo e dividendo i compensi derivanti dalla rappresentazione e dalla riproduzione delle opere d’ingegno.
È in condizione di monopolio poiché, a differenza di altri Paesi, non sono possibili scelte alternative.
Ci si può associare (l’iscrizione rimane volontaria) o affidare all’ente un mandato e l’organizzazione si occupa di tutte le questioni economiche, facilitando un lavoro che per un autore risulta di fatto impossibile.
ISCRIZIONE TRA LE PIÙ CARE. La quota di iscrizione risulta una delle più alte d’Europa: 282 euro per il primo anno e 152 euro per gli anni successivi.
L’unica buona notizia è per  gli under 30: dal 2015 possono iscriversi gratuitamente.
Il meccanismo di ripartizione dei diritti d’autore è oggetto di critiche da sempre, poco chiaro e antiquato.
Non prevedere alternative al copyright e impedisce anche la completa libertà dell’autore di disporre gratuitamente della propria opera, tanto da proibire la concessione senza diritti anche alle manifestazioni benefiche.
TUTELATI I BIG, IGNORATI I MINORI. La maggior parte degli iscritti non percepisce inoltre nulla nella redistribuzione dei diritti, gran parte non riesce neppure a compensare la quota di iscrizione.
La voce più rilevante quando si parla di diritti è costituita dalla musica: 429 milioni di ricavi in diritti previsti per il 2015. Ma i criteri di rilevazione, di riscossione e di redistribuzione dei diritti lasciano fuori i circuiti e gli artisti minori, premiando i big.
Quei grotteschi episodi sul copyright
La Siae trascura la massa degli autori minori, ma raccoglie quote ovunque.
Riscuote il cosiddetto “equo compenso”, un sovrapprezzo sui dispositivi tecnologici poiché atti a riprodurre opere d’ingegno.
Nelle domande più frequenti (Faq) sul sito dell’ente sono elencati tutte le situazioni in cui sono dovuti soldi alla società: non solo eventi di beneficenza, ma anche feste di nozze, party di compleanno, segreterie telefoniche musicali e riproduzioni in sale d’aspetto.
«I compensi dovuti per l’utilizzazione di brani musicali nel corso di feste private (matrimoni, battesimi, compleanni ecc.)», si legge, «sono differenziati a seconda che il trattenimento avvenga con o senza festa da ballo».
SI PAGA PURE PER L’INNO. Questo ha generato anche episodi grotteschi. La Siae ha chiesto i diritti per le partiture dell’inno nazionale: la musica è libera da diritti, ma alcune edizioni delle partiture sono soggette a copyright.
In Val di Fiemme venne chiesta una quota a una festa di ultra novantenni che cantavano in coro canti di montagna.
Alla luce di questi fatti, le vicende fiscali che riguardano l’ormai ex presidente, per quanto private, non mancheranno di suscitare indignazione. Ed è plausibile che “il granello di sabbia” possa trasformarsi in una valanga.

4 Commenti

  1. Massimo Siddi ha detto:

    Scusami Guido ma la SIAE è “ente pubblico ECONOMICO a base associativa”. svolge alcune funzioni di tipo istituzionale ma tutta la sua attività è di tipo privato, l’ambito cioè entro la quale opera è di “diritto privato”. E’ una “normalissima” azienda privata iscritta alla Camera di Commercio. Non c’è nessuna giustificazione da parte mia nel comportamento di SIAE ma attenzione a come la si guarda perché potremmo avere un’idea non esatta

  2. GIANNI ha detto:

    Diciamolo a chiare lettere, si tratta di una sorta di sindacato di stato che privilegia taluni e non solo non promuove altri, ma, anzi, talora li osteggia.
    Praticamente, con la scusa del copyright, come successo altre volte in Italia con altre scuse, si è creata una sorta di organismo corporativo ed autoreferenziale.
    Per certi versi, una sorta di istituzione analoga all’ordine dei giornalisti, anzi, peggio ancora.
    Proporrei per legge l’abolizione sia di SIAE che di ordine dei giornalisti.
    Peraltro, si faccia attenzione alle date, non è un caso che la SIAE sia divenuta pubblica durante il ventennio fascista.
    Praticamente sono enti che assolvono una funzione non direi pubblica, quanto piuttosto dirigistica, clientelare, nonchè impositiva.
    Ad esempio occorre il famoso bollino SIAE su certi prodotti, e praticamente è una sorta di bollo fiscale.
    Vogliamo poi considerare, per quanto riguarda l’ordine dei giornalisti, tutti i casi di limitazione e opposizione al libero pensiero?
    Il compito dello stato non dovrebbe essere quello di opprimere o di farsi pagare il pizzo, ma quello di controllare e coordinare, ma una distorta concezione del pubblico ha portato a questi ed altri veri e propri mostri istituzionali.
    Si consideri solo l’elenco di enti inutili e le cui finalità sono ancora in parte mal comprensibili.
    Non si tratta forse di una sorta di parastato malavitoso e clientelare che contribuisce a comprimere libertà di espressione ed economia?
    Per tornare alla SIAE c’è solo una cosa positiva: che gli autori non hanno obbligo di iscrizione.
    Ci mancherebbe solo quello….!!

  3. Giuseppe ha detto:

    Che il diritto d’autore sia protetto mi sembra sacrosanto. Che debba esistere un organismo che ne percepisce i proventi, invece, mi lascia alquanto perplesso. Siamo in Italia, il paese degli enti inutili e, spesso, abbandonati a sé stessi, dove ogni giorno nasce una corporazione, un’associazione di tutela di qualcuno, un ente “benefico” o un circolo ricreativo… ovviamente tutti soggetti ad adempimenti e norme di legge, anche se, come tutti sanno: “fatta la legge trovato l’inganno”… è quasi una regola. Non per niente capita sempre più di frequente che questi enti finiscano per assumere connotati clientelari ed omertosi, quando addirittura, tramite strani intrecci e connubi di interesse, non cadono nelle grinfie della malavita e delle organizzazioni mafiose.
    Oltretutto, come ci ha raccontato don Giorgio, una società come la SIAE ha un monopolio assoluto nella gestione degli spettacoli e di eventi assimilabili, ed esige un vero e proprio “pizzo” anche per occasioni ed avvenimenti privati, ma assimilabili comunque a quelli controllati per legge. Sebbene riconosca la mia ignoranza in materia, a quanto mi risulta, i diritti SIAE andrebbero corrisposti anche quando si proietta un film o si ascolta della musica in casa propria, tant’è vero che il prezzo di acquisto o di noleggio di una videocassetta o un’audiocassetta, e altri supporti simili, è gravato dell’imposta specifica. E, probabilmente, se si dovesse usufruirne in compagnia di un gruppo di amici e conoscenti, secondo la SIAE si dovrebbe far pagare loro il biglietto, altrimenti si potrebbe incorrere nel reato di evasione fiscale…