Omelie 2018 di don Giorgio: DOMENICA CHE PRECEDE IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE

26 agosto 2018: DOMENICA CHE PRECEDE IL MARTIRIO DI S. GIOVANNI IL PRECURSORE
2Mac 7,1-2.20-41; 2Cor 4,7-14; Mt 10,28-42
Resistenza… resistere…
Leggendo i tre brani della Messa, una parola sintetizza il pensiero dell’autore sacro, dell’apostolo Paolo e di Gesù Cristo: “resistenza”, a cui corrisponde l’invito/ordine a “resistere”.
La resistenza, parola che ricorda il periodo fascista, ovvero il regime con cui Mussolini  aveva tentato di annullare la coscienza di un popolo, la libertà di pensiero dei cittadini, e che aveva trovato forti oppositori, anche tra i preti di allora (uno su tutti, don Primo Mazzolari), ecco: la resistenza, ripeto, non va mai in vacanza, anche perché i regimi si susseguono, sotto forme diverse, ma sempre in ogni caso mantenendo le caratteristiche che si ripetono, perciò sono delle costanti, di una anti-democrazia, che si appella sempre al voto del popolo, che prima vota i dittatori e poi se ne lamenta, quando, troppo tardi, si accorge dell’inganno.
Ma che significa resistenza?
Ed ecco la domanda: che significa resistenza? resistenza a che cosa?
I tre brani di oggi possono darci degli spunti, ma bisogna andare oltre, sempre alla luce della parola profetica di Dio, della grande filosofia e della grande mistica. Non c’è assolutamente distinzione tra il Verbo o Logos (ovvero la parola profetica divina), la Filosofia e la Mistica.
La Sapienza, ovvero la conoscenza del Bene assoluto, è unica, ovvero una sola realtà, e nella Sapienza troviamo il segreto del nostro autentico vivere, che è libertà, perciò resistenza a tutto ciò che blocca la libertà interiore.
La libertà è la resistenza alle cose e ai loro condizionamenti: in altre parole, la resistenza non è puramente passiva, ma attiva.
Il primo brano della Messa, che racconta la storia dei sette fratelli ebrei e della loro madre che si oppongono a cibarsi di carni suine proibite dalla loro religione, potrebbe sembrare una resistenza passiva: non mangiare quella carne proibita. In realtà, non è così.
Mangiare quella carne significava per un ebreo tradire l’Alleanza, ovvero l’unione profonda con la realtà stessa di Dio.
In questa luce si supera l’interrogativo: la vita umana non è più importante di un pezzo di carne? Ma, se dietro a quel pezzo di carne proibita dalla legge, c’è una motivazione profondamente religiosa, allora le cose cambiano. E se invece che un pezzo di carne proibita ci mettiamo altri valori, come la libertà, la giustizia, la verità, allora la stessa vita terrena perde senso se è considerata in se stessa, ovvero come vita terrena. Il martirio ha senso allora in questa prospettiva: offro anche la mia esistenza, non ho paura di affrontare la morte, proprio in vista di un valore supremo.
Del resto, Gesù non è morto sulla croce per amore del genere umano? La morte di Cristo non è stata un incidente di percorso. Cristo è andato liberamente incontro alla crocifissione. Certo, non per il gusto di morire: sapeva che sarebbe stata inevitabile la condanna a morte, se avesse contestato la religione ebraica.
Una obiezione
E qui si pone una riflessione, se da una parte consideriamo il martirio dei sette fratelli e della loro madre per rispettare la religione ebraica, e dall’altra la dura contestazione di Cristo verso la stessa religione. Verrebbe spontaneo dire: i sette fratelli e la loro madre sono morti per amore della legge ebraica, mentre Cristo è morto perché ha condannato la legge ebraica. Che cosa dire?
Non è facile rispondere. La stessa obiezione la potremmo fare considerando la storia della Chiesa: se una parte troviamo martiri che hanno servito la religione, dall’altra troviamo martiri che l’hanno contestata. Ovvero, da una parte troviamo chi ha affrontato la morte per servire ciecamente la Chiesa nella sua struttura, e dall’altra troviamo spiriti liberi che hanno affrontato la morte per aver contestato la medesima Chiesa.
Basta dire che la risposta va trovata unicamente nella buona fede di ciascuno? Certo, la buona fede ha una sua motivazione. Ci sono stati santi che si sono combattuti tra loro in nome dello stesso Dio, della stessa Chiesa! Ognuno pensava di agire in buona fede. E credo che fossero in buona fede anche coloro che servivano in tutto e per tutto, fino alla morte, la religione ebraica, nei momenti delle grandi persecuzioni.
Ma chiariamo. Nei quattro Vangeli appare chiaro che Gesù Cristo ammirava ed elogiava la fede della gente più semplice e in particolare tra coloro che appartenevano al popolo pagano. Già questo fa capire che Cristo andava al di là di una struttura religiosa. Dire fede e dire credenza religiosa non sono la stessa cosa. La fede autentica è quel rapporto con il Divino, presente nel nostro essere più interiore.
Ma Cristo è stato durissimo con i detentori della legge, definendoli ipocriti, guide cieche. Dunque, la sua resistenza alla religione ebraica consisteva in una condanna che colpiva l’ipocrisia dei caporioni, in quanto detentori di una religione che essi avevano ridotto ad una struttura disumana. La legge era diventata fine a stessa, o meglio al servizio della stessa struttura, tradendo così il disegno originario di Dio.
Resistenza, oggi   
Il cristiano è anche un cittadino, anche il prete è un cittadino, e in quanto cittadini, tutti, credenti o non credenti, ministri di Dio o semplicemente laici, hanno il diritto e il dovere di opporsi, di resistere a qualsiasi regime che impone la violazione dei diritti dell’essere umano.
Al di sopra e al di là di ogni faziosità politica, ciò che deve contare è l’essere nella sua libertà interiore, e oggi non sembra che l’essere umano sia in cima alle preoccupazioni di un governo che si preoccupa solo di servire la gente nelle sue richieste pancesche.
Il re del primo brano della Messa aveva costretto gli ebrei a mangiare qualsiasi carne, anche quella proibita dalla legge ebraica. In fondo, che cosa è cambiato oggi? C’è una politica che costringe a mangiare tutto ciò che serve a nutrire la pancia, senza pensare che esiste lo spirito dell’essere umano, che ha bisogno di ben altri nutrimenti.
Oggi bisognerebbe parlare di una politica dell’essere, per ridare il primato allo spirito dell’essere umano. Ma neppure i credenti ci credono. I fondamentalisti poi nutrono il corpo di una Chiesa oramai ridotto ad essere sbranata dai lupi rapaci.

1 Commento

  1. Antonio LOMBARDO ha detto:

    MI RATTRISTA DOVER COSTATARE CHE SIAMO POCHI (CRISTIANI E NON )A RESISTERE CONTRO QUESTO REGIME FONDATO SULL’IGNORANZA SULLA DISONESTA’E SULLA CORRUZIONE.
    SALUTI

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